Gli Algiers sono una band difficile da definire, musicalmente, sono un progetto tentacolare e
sfaccettato, che abbraccia l’energia rock’n’roll a ruota libera, la grinta post-punk, la forza
bruta dell’elettronica industriale, la trascendenza del gospel e il potere del rumore
sperimentale, tutti in collisione per creare qualcosa nuovo.
Sono straordinariamente benvoluti e politicamente impegnati, spietatamente raffinati e lungimiranti. In soli tre dischi – l’omonimo Algiers del 2015, The Underside Of Power del 2017 e l’ultimo There Is No Year uscito nel 2020, tutti per la label Matador – si sono ritagliati uno spazio di riconoscibilità, che però non si sedimenta in brani fotocopia ma si carica di dinamismo puro, tanto da rendere impossibile incasellarli in modo ordinato e univoco. Ogni disco suona e si esprima in modo totalmente diverso.
In particolare, a differenza dei dischi precedenti che erano inondati di allusioni e riferimenti a lotte globali, There Is No Year è più focalizzato e più intimo, basato su un poema scritto dal frontman James Franklin Fisher, è ricco di terrore e racconti paranormali. Un cambiamento che si traduce in canzoni più snelle e intuitive, ma sempre sature di suoni e provocazioni musicali. Sul mio calendario ho segnato 27 febbraio 2020, quel concerto che non c’è mai stato, ma finalmente troverà la strada di un palco su cui diventare un bellissimo live.
Scritto da Simona Ventrella