Microfono in mano, voce bassa, parole veloci, in sottofondo la banda che suona, siamo ad una processione, “l’unico evento sociale del suo paese” come dice l’attore. Dopo il primo sorriso per la battuta veniamo trascinati in quella tradizione culturale, siamo dietro Antonio e seguiamo la sua litania, “tre passi avanti e due indietro”. Attraverso di sé, l’attore, riesce a raccontare la società di un paesino dimenticato dal mondo, Sessa Aurunca in provincia di Caserta, in un insieme poetico di immagini e suoni così noi lo seguiamo nelle sue origini.
Il viaggio continua, siamo a Milano, immaginario collettivo della sala teatrale del Menotti, ma anche in questo caso Antonio ci mostra qualcosa che non ci aspettavamo, gli angoli. “Il regno del milanese è fatto di angoli di solitudine” anche in questo caso un sorriso del pubblico che si trasforma in un: è vero! Alla fine per chi viene da fuori, da province lontane, Milano è bella dove non è conosciuta, dove ci si perde, dove ci si ritrova soli.
Infine Roma, ultimo viaggio, tra un tassista leghista e un agente cinematografico che si può definire solo una testa di minchia. Antonio ha in mano l’Italia da sud a nord e in tutto ciò è attore, guitto, istrione, con un curriculum degno di nota dove si leggono nomi come Piccolo Teatro, Carmelo Rifici, Massimo Popolizio etc ma forse non è questa la parte interessante del suo raccontarsi, ciò che ci arriva davvero, attraverso le sue battute e riflessioni è lo sguardo sincero del mondo di oggi dove Antonio è Antò, Totò e anche suo nonno e il suo bisnonno. Una e più generazioni vengono narrate da un solo attore, in un monologo che è quello della sua vita, dove riconosciamo le voci di padri, maestri e amici.
Antonio Perretta è tutto questo, luoghi, voci, ricordi che in una prova d’attore degna di nota vengono evocati e narrati sul palcoscenico e noi siamo lì, seduti in platea, spettatori di qualcosa che ricorderemo anche una volta tornati alle nostre vite.
Scritto da Francesca Rigato