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ven 31.05 2024

Emanuele Coccia e Alessandro Michele: La vita delle forme. Filosofia del reincanto

Dove

Teatro Franco Parenti
Via Pier Lombardo 14, 20135 Milano

Quando

venerdì 31 maggio 2024
H 18:30

Quanto

€ 5

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L’attesissimo La Vita delle Forme, di Emanuele Coccia e Alessandro Michele, pare presagire un tumulto. In primis perché ben pochi sono i filosofi che si sono approcciati alla moda, che l’hanno interrogata. Poi c’è, ovviamente, Alessandro Michele. Nessuno dei due autori ha bisogno di altre presentazioni.

Come avrete capito, quel che troverete nel libro e ascolterete al Teatro Parenti è un sodalizio che, seppur ribadito negli ultimi venti giorni dall’uscita, è inedito: quello tra speculazione filosofica e moda, tra il pensiero poetico di Coccia e la rivoluzione estetica di Michele, del quale si ripercorrono le tappe, i pensieri, attraverso un libro agile, amico e strutturato come una continua conversazione tra i due, quasi un commentario. Si capisce qui, e per questo abbiamo detto “amico”, come il rapporto tra i due sia tutto sommato il primo “responsabile” di questo libro. D’altronde, la filosofia è prima di tutto una questione di amicizia e frequentazione, del saper proprio e del sapere degli altri. S’intravedono quindi le mutue comprensioni, il tempo speso assieme, ed è da questi che, per certi aspetti, assieme a una teoria – e storia – della moda oggi, si configura anche una specie di biografia filosofica di Alessandro Michele, con dialoghi, impressioni, aneddoti di vita, che sembrano tracciare i come e i perché l’uno o talaltro pensiero esiste, quali sono stati i suoi soli, i suoi orizzonti, le sue persone, i suoi inneschi e i suoi tropismi. Vengono così ripercorse delle tappe centrali, come la sfilata Cyborg del 2018-2019 o Cosmogonie del 2022, e Michele viene raccontato da Coccia alla stregua di quel che sono stati il Vasari o il Brunelleschi nel Rinascimento, per il XXI secolo nei riguardi della moda.

C’è da dire che questa postura filosofica punta, prima di tutto, a un ritorno alle cose, alla contingenza, che in questo caso è la moda. Affair complicato per i filosofi tout-court, da scrivania, che dimenticano spesso il potere suggestionante della prossimità e della frequentazione alle cose del mondo, arroccandosi su una brutta specie di conservatorismo che ha le caratteristiche dell’ipermetropia. Coccia ci dice innanzitutto della rimozione che la moda, l’abito e il vestito, dalla riflessione filosofica contemporanea, cosa che, date le dimensioni del fenomeno, dà una misura della sua considerazione, spesso relegata al frivolo o al sorpassabile, ricalcando quella falsa dicotomia tra cultura alta e cultura bassa.

Pieno di intuizioni folgoranti, di storie e movimenti di pensiero capaci di evidenziare la centralità della moda nella cultura e nei temi dei nostri tempi, La vita delle forme racconta nelle voci di Coccia e Michele di un’idea, una prassi condivisa, della moda che crede innanzitutto nel potere trasformativo, nell’ambiguità e nel molteplice. S’inventa il sé e s’inventa il mondo, s’inventa uno sguardo che va a colpo d’occhio, in quella regione dell’immediatezza che dice tutto in un sussulto – e che un po’ ricorda le parole di un altro celebre libro di Coccia: «La ragione è come un fiore». La velocità della comunicazione è massima, ambigua, cangiante: l’infinita profusione di forme, riporta l’ornamento non all’aggeggio privo di scopo – al delitto dell’ornamento, come diceva Loos – ma a un’idea d’identità scevra da vincoli, sempre eccedente, libera di mescolare la storia e i generi, libera d’essere fabbricata seguendo le sue pertinenze e i suoi agi singolari. Viene allora in mente una delle frasi di Alberto Caeiro, eteronimo del sommo poeta lisbonese, che suonava più o meno così: «Bisogna credere al mondo come si crede a una margherita». Ogni volto che indosso, ogni viso che ho, è pure sempre il mio.

La forma, dunque, come ciò grazie a cui e mediante la quale si pensa e si è pensati. Poiché si è visti, allora si è pensati, ed ecco che l’abito è il nostro modo di dirci e di farci dire, con o senza ambiguità. Siamo pur sempre verosimilmente noi. Come l’uomo mescalinico di Michaux, la moda oggi può farci essere questo, quello e quest’altro: sempre sull’orlo delle parole, sempre sull’orlo di far accadere qualche cosa che attende, a cercare ed evocare «Tutto il possibile e tutto il necessario». Ed è quello che troverete qui nell’immagine dell’abito, del vestito, dell’estetica, di quel che Alessandro Michele dice essere il «sortilegio poetico».

Insomma, l’incontro al Parenti è imperdibile. Buon ascolto.

Scritto da Giacomo Prudenzio