Da una decina di anni funziona così: Paul annuncia un tour, un concerto, una data in un festival e subito fioccano i sold out. È un caso molto raro nel panorama dei live elettronici e ha un appeal globale, forse con la sola eccezione degli Stati Uniti, dove la techno molto umorale di Paul non ha mai veramente trovato una vasta platea.
Ricordo che qualche tempo dopo l’uscita di Berlin Calling, sarà stato un grigio fine novembre 2009, ero nella redazione di Resident Advisor a Mitte e si parlava della difficoltà di ottenere un’intervista con Kalkbrenner, ormai una vera e propria, inaspettata, celebrità. Una celebrità molto indaffarata. “Bpitch lo custodisce gelosamente, lui non rinuncia alle giornate in studio e i suoi impegni live si moltiplicano”, mi dice Todd, l’editore di RA ai tempi. Poi si alza, va alla finestra, scosta la tenda e mi indica un palazzo di fronte, oltre la piazza e il parco giochi: “Paul abita lì”. Questione di un’ora insomma, prendi un caffè, fai una chiacchera e si va on line. Macché, nulla da fare.
Dieci anni dopo, con una major alle spalle che gli fa attingere sample a piacere nell’immenso archivio e un’agenda di date programmata con anni di anticipo, la vita è tutta in discesa. Certo, le produzioni hanno perso originalità e quella ruvidezza degli esordi, ma se poi continuiamo ad accorrere ai suoi concerti sgolandoci a cantare “Sky and Sand” di che ci si lamenta?
Scritto da Raffaele Paria