La russo – americana Nika Roza Danilova, è una delle ultime sacerdotesse del buio elettronico e dell’oscurità alienante. Regina di stile nel panorama del “lo-fi goth”, ha raccolto l’eredità di personalità come Lydia Lunch e Siouxsie Sioux, elaborando il proprio stile onirico e lisergico e facendolo viaggiare tra i territori della new wave e dei suoni post industriali ed dell’elettronica post punk. Capace di crearsi un’ identità al tempo stesso sfuggente e definita, in continuo mutamento ma immediatamente riconoscibile, il suo moniker è la sintesi del suo desiderio di espressione: unire il determinismo cinico e sociale di Emile Zolà con la forza lirica e spirituale del Cristianesimo.
Una dichiarazione d’intenti forte, come la potenza delle sue performance. La sua musica, per la maggior parte autoprodotta, è il risultato della tenace ricerca di una visione specifica. Nika Roza Danilova ha trascorso, infatti, oltre un decennio a creare una versione autoriale e autoreferenziale del pop sperimentale, in cui far evolvere, spesso drammaticamente i suoi principi cardine: i toni neri come la pece, la forza della voce e una costante preoccupazione per la morte, sia su scala quotidiana che su scala cosmica.
Nel 2022 l’ultima svolta a noi nota, con Arkhon. Disco in cui in preda ad una crescente consapevolezza sociale contro l’atomizzazione e l’isolamento del capitalismo, amplia la portata della sua musica, che pur mantenendo il suo spirito primordiale e gotico ed ermeticamente sigillato, si apre ad uno spirito collaborativo e condivisivo. Ne esce un disco piacevolmente informale, ricco di esperimenti e piccoli sconvolgimenti che portano nuove trame, nuova linfa e nuove emozioni, che meritano di essere viste e sentite.
Scritto da Simona Ventrella