Ci sono dei momenti in cui la musica riesce a infilartisi nelle orecchie distorcendo il segnale monocorde del mondo di merda in cui viviamo e a convincerti che no, l’umanità non è proprio da gettare tutta nel cassonetto dell’umido. Uno di quei momenti è quando si ascoltano per le prime volte i Sanam.
I Sanam che vengono da Beirut, dal Libano, da uno di quegli innumerevoli luoghi del pianeta in cui la furia omicida dell’homo sapiens, del colonialismo occidentale nello specifico, dà il peggio di sé senza né sosta né vergogna. I Sanam che tutto sto schifo lo sovrastano con un suono che dal succitato mondo di merda distilla invece un purissimo, fortissimo, liquore di pura bontà, dalla cui degustazione auricolare emergono tutti i profumi del mediterraneo, le note acide della psichedelia e un retrogusto di furia percussiva che si fa sovrastante.
I Sanam che, se fanno l’effetto che fanno a sentire i loro dischi, chissà dal vivo cosa diavolo succede. Poi il mondo resterà ancora quella putrescenza lì, ma intanto ricordarsi ogni tanto che il bello esiste e che è così forte non può che essere un primo passo per riscrivere il resto della storia.
Scritto da Filippo Cauz