Tutto questo hype intorno a Berlino ha contribuito a spogliare la città di quell’anarchica libertà socioculturale di cui si è sempre vestita. Indossando i suoi cappotti orvesized color melti’n’pot, nutrendosi di tutte le lingue e inflessioni mondiali, è diventata una meta scontata, un po’ come è stata Londra anni fa. La verità, però, rimane una: la musica è formata da un flusso di emozioni, sensazioni ed eventi, più complesso e articolato di ogni costrutto e discorso, e in grado di scavalcare anche il muro dell’hype. Ecco, l’unico muro di cui non ci si deve mai scordare è quello che Marcel Dettmann crea ogni volta che tocca dischi e macchine. Dopo 20 anni di carriera e innumerevoli presenze nelle quattro mura del Berghain, suo Olimpo musicale, c’è poco da aggiungere: i suoi set sono sempre un’esperienza musicale capace di masturbarti gli otoliti.