Ho un amico di 20 anni, si chiama Pietro, suona la batteria quasi tutto il giorno e vorrebbe farlo di mestiere. Studia il jazz, ascolta King Krule. Gli ho fatto ascoltare i Calexico promettendogli di portarlo con me a questo concerto. Voglio vedere la faccia che farà quando vedrà per la prima volta John Convertino in azione dietro ai tamburi. Il rito magico, l’ofrenda di emozioni che si ripete a ogni disco, per questo duo che non sente la stanchezza pur avendo girato la boa dei vent’anni di carriera. La band porta sul palco dell’Alcatraz il recente The Thread That Keeps Us, un viaggio che inizia dalla fine del mondo senza temere di perdersi negli anfratti delle storielle di confine che hanno il potenziale della leggenda. Un disco che non ha mai paura di opporsi all’odio Trumpista nella sostanza, senza rinunciare al lato ludico e spassoso nella sua forma. Una minaccia che diventa stimolo creativo e sa opporre resistenza con la erre maiuscola. «Pietro mi raccomando, continua a lottare…anche su Whatsapp va bene uguale».
Scritto da Tum