Da Monica De Cardenas è messa in scena una placida commedia umana: le presenze di quei volti realizzati dallo scultore Stephen Balkenhol dialogano tra loro, in silenzio. Questo “dialogo silenzioso” rappresenta un ossimoro che indica quell’immediatezza che viene restituita al pubblico guardando i volti scolpiti – rigorosamente da un tronco unico – dall’artista tedesco (Fritzlar, Hessen, 1957). Donne e uomini che osservano lo spazio in cui sono stati posti attraverso uno sguardo neutrale, senza giudizi né paragoni, ma semplicemente sottolineando l’importanza dell’essere presente in quel momento e con, probabilmente, un enigma che li accomuna, che fa domandare “chi siamo?”.
Le opere di Balkenhol rimandano a un sistema tradizionale del fare scultura per via del mezzo, il legno scolpito, a cui l’artista aggiunge il colore – i rossi delle bocche delle donne, i verdi o marroni degli abiti, gli azzurri degli occhi… – come punti di luce di impatto. Spesso la sua opera è stata descritta come minimale nella poetica: trattasi infatti della rappresentazione univoca dell’essere umano, attraverso il volto o, spesso, a figura intera, ma rivisitata attraverso una fattura classica. Alcuni volti di Balhenhol rimandano a quelli di Alex Katz, forse per i colori e quei tratti sintetici che delineano una personalità ben definita. Fatto sta che entrambi lavorano per la De Cardenas, dove la riflessione sull’umano non è dunque casuale.
Scritto da Rossella Farinotti