Il nome che si sono scelti suona come una presa di coscienza, o meglio una beffarda e sfrontata ammissione di colpevolezza. Il sound dei Nothing But Thieves – come dimostrano i due album pubblicati finora, l’esordio omonimo del 2015 e Broken Machine del 2017 – è una sorta di minuzioso collage composto da tanti tasselli estrapolati dal rock/pop più emotivo, melodico e contaminato emerso negli ultimi venti anni o giù di lì. Ma il quid che li rende così attraenti è un altro. Colpisce allo stomaco, destabilizza, mette quasi paura l’incredibile somiglianza, per tonalità e quel peculiare mix di potenza e fragilità, della vocalità di Conor Mason con quella ormai mitizzata di Jeff Buckley. I NBT flirtano, ammiccano con convinzione al mondo FM e lasciano intravedere una naturale propensione/aspirazione a platee e a consensi ancora maggiori. D’altronde singoloni come Itch, Trip Switch o Amsterdam non li sanno scrivere tutti e non stupisce che in UK siano considerati tra le band più promettenti e amate dell’ultima cucciolata rock.
Matteo Quinzi
Scritto da Salvatore Papa