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Altatto

Zero qui: Si muove con tatto.

Categorie Ristoranti
quartiere Barona

Altatto

Contatti

Altatto Via Bonaventura Zumbini, 39
Milano

Orari

  • lunedi 19–23
  • martedi 19–23
  • mercoledi 19–23
  • giovedi 19–23
  • venerdi 19–23
  • sabato chiuso
  • domenica chiuso

Si prega di verificare sempre
l'attendibilità delle informazioni fornite.

Prezzo

Prendetevi un attimo per leggere le seguenti righe, perché questo posto ne vale davvero la pena. Altatto lascia il suo bistrot-laboratorio a Greco e si trasferisce dall’altra parte della città, nelle profonde e misteriose viscere della Barona.

Ma partiamo dall’inizio. Dieci anni fa, le fondatrici Cinzia De Lauri e Sara Nicolosi avviano un progetto con l’intento di dare profondità e spessore al linguaggio vegetale in cucina. È con questo spirito che Altatto ha preso forma, conquistando tutti con la sua accoglienza mite e la sua determinazione espressiva, restituendo dignità alla materia prima e valore alla tecnica. Ora, a un decennio di distanza, si lancia in una nuova avventura, in una location completamente diversa. Noi di Zero abbiamo accolto con entusiasmo la notizia e ci siamo fiondati a provare per voi – eh sì, duro lavoro il nostro – la nuova proposta gastronomica.

Con un menù che cambia seguendo il ritmo delle stagioni, Altatto risponde al bisogno sempre più urgente di riconnettersi con il presente. La sua cucina ha una naturalezza profonda e si svela portata dopo portata con delicatezza, equilibrio, armonia. Ma attenzione: non è un posto facile. Dimenticate la cucina ruffiana e godereccia a cui siamo spesso abituati. Altatto si muove con grande sensibilità, dedicando ogni piatto all’esplorazione dei sapori e della loro gamma infinita. C’è tutto: poesia, amore, esperienza e – manco a dirlo – tatto.

Quando un boccone riesce a riattivare immagini antiche della tua memoria, la poesia culinaria ha raggiunto il sublime.

Il percorso gastronomico stimola continuamente le papille gustative, riportando in primo piano la complessità dei sapori naturali a cui ormai non siamo più abituati. Riflessioni sull’aspro e l’acido (con una portata che è una sinfonia di pomodori), meditazioni sull’amaro (in un piatto dove erbe aromatiche e fiori edibili sono protagonisti). In un gioco continuo di consistenze, ogni ingrediente si esprime con raffinata maestosità, senza mai perdere il ritmo di una composizione più ampia.

È così profonda, questa ricerca, che non si può non notare l’incredibile varietà sensoriale offerta da ingredienti apparentemente umili, come le radici. Senza contare l’azzeccatissima indagine sul balsamico, che ti accompagna dal mondo del salato a quello del dolce. E potrei continuare: il sentore di fieno bruciato che dà spinta al gelato di latte di capra è così evocativo che, a occhi chiusi, ti ritrovi catapultato in un pascolo alpino.

Insomma, Altatto è un ristorante vero. Perché riesce a esprimere tutta la bellezza che la cucina può donare al nostro corpo. Un lavoro da provare e – come spero si sia capito che sto facendo – da omaggiare. Perché è un lavoro sul senso del nutrimento e, soprattutto, sull’elevazione del cibo a pratica della memoria. Memoria collettiva, e memoria inconscia. C’è qualcosa di struggente e primordiale in queste nove portate. Quando un boccone riesce a riattivare immagini antiche della tua memoria, la poesia culinaria ha raggiunto il sublime.

Non c’è altro da aggiungere, se non un invito a scoprire questo nuovo, vecchio bistrot che ha ancora moltissimo da raccontare. Brave, Cinzia e Sara: per voi, cinque stelle.

di Ario Mezzolani