Nel contesto industriale dell’hinterland milanese si è consolidata una realtà culinaria giapponese capace di far uscire dal fortino della circonvallazione i più incalliti abitanti della metropoli, MU FISH. Dopo qualche minuto di macchina, almeno qui non si ha il problema del parcheggio, mi trovo davanti a un edificio dallo stile contemporaneo che mi accoglie all’ingresso con delle ampie vetrate. Una volta entrata due caratteristiche strutturali dell’ambiente accolgono la mia attenzione: l’ampia cucina con vista alla mia sinistra e un elegante bancone alla mia destra, dove il bar tender Sergio Testaverde realizza degli speciali cocktail, da sorseggiare come aperitivo o in abbinamento alle portate durante la cena. Invece a capitanare la cucina c’è la chef Jun Giovannini, originaria di Tokyo ma in Italia da quasi dieci anni, che ama mixare la tradizione culinaria italiana con la giapponese, come spiega perfettamente il direttore di sala Francesco.
La degustazione infatti ha rispettato le aspettative create: l’amuse bouce è composto da un croccantissimo fiore di zucca in tempura, una curiosa bruschetta di pane al carbone vegetale con crema di burro, polvere di spinaci e alice, il tutto legato da un dashi infuso di finferli shiitake e porcini. Poi un piacevolissimo intervallo di champagne e dimsum: un raviolo di gambero con scampi crudi e tartufo e un raviolo di funghi shiitake e cardoncelli con tartufo e crema di latte. Segue una capasanta da sballo con shiso nascosta da questa spuma di latte arricchita dalla riduzione di scalogno, limone e noce moscata. Insieme ci viene portato un sashimi di branzino che intingo un premiato olio dal color verde brillante, ma il tocco di genio sono le scaglie di sale Maldon che condiscono il pesce alla perfezione. Qui il vino abbinato proviene dalla Versilia, terra di mari e colli come cita l’etichetta della bottiglia.
Continuiamo con una delle due proposte a base di tonno rosso di Sicilia: una tartare accostata ad una gelatina di aceto tosazu che in bocca si scioglie e crea la salsa di condimento al boccone; un divertente e gustoso maguro tacos di pasta brick con tartare e ricotta. Di contorno un insalatina strepitosa alle 5 alghe e un bicchiere di grechetto umbro deciso. Segue un tris di nighiri di branzino, di salmone e di anatra mulard alla griglia, una piacevole sorpresa con una nota agrumata. Poi un primo piatto, lo yama soba: uno spaghetto di grano saraceno freddo con granella di tempura, alga Nori e sesamo tostato che intigiamo nel brodo dashi infuso di zenzero, sgombro e katsuobushi, melanzana fritta e shiso. Una portata insolita della tradizione giappone, credo sia come una bella canzone che ascolti per la prima volta, ho bisogno di risentirla, nel caso degli spaghetti di riprovarli. Concludiamo le portate salate con uno dei piatti signature più rappresentativi della chef Jun, ushi caffè pugliese: una noce di scottona piemontese su crema di patata con rosmarino in tempura e salsa al caffè polignanese, tributo della chef al periodo passato nella bella Puglia. Un eccezionale pinot zero dell’oltrepò pavese accompagna la portata, segnatevi assolutamente Tenuta Mazzolino.
Un mochi al mango ci prepara alla dolce fine che arriva dipinta. Una sacher su tela ci offre un fiore di mousse al cioccolato con riso soffiato al dulcey de leche, albicocca, gelato al cocco e alla liquirizia. Che dire prenderò più spesso la macchina in direzione Brianza.
Scritto da Eric Fiorentino