Il kebab mi ha salvato più volte la vita e sono certa che in più di un’occasione anche la vostra. Un porto sicuro dove attraccare durante la sessione di esami, una porta sempre aperta di ritorno da serate di clubbing molesto, il pranzo della domenica bestiale: il kebab c’è. Ma a quale prezzo. Andatelo a spiegare voi che i vostri indumenti hanno acquistato quel piacevole olezzo non per essere stati un mese in un’oppieria, ma per esservi fermati 10 minuti sotto casa da Amir Kebab. Per non parlare della lenta e faticosa e pesante digestione, di quelle che non dormi mai direbbe qualcuno. Da Nun avviene esattamente il contrario e da quando lo conosco è riaffiorato in me l’amore per questo panino.
Nato dall’idea di 8 giovani italiani di prima e seconda generazione, con radici eritree ed iraniane, Nun reinventa il kebab senza inoltrarsi in bizzarre rivisitazioni gourmet o d’alta cucina wannabe. Il kebab come mamma l’ha fatto, con l’aggiunta di prodotti d’ispirazione mediorientale.
Si sceglie il panino, da quallo arabo alle piadine di farro e kamut; si sceglie la materia prima – kebab di pollo o falafel, forse i migliori qui a Milano, ma anche melanzane fritte; si scelgono le salse, dallo yogurt con menta a l’harissa piccante, passando per l’hummus e il baba ganoush; ed infine i condimenti come ad esempio l’insalata israeliana, capperi, olive, pomodori, patate lesse, cipolla e tutto ciò che vi viene in mente. Ti siedi comodo in un ambiente rilassante neanche così troppo hipster e aspetti che il tuo nome venga pronunciato. Ingredienti freschi, gustose salse, falafel meravigliosi e intraprendenza giovanile, fanno di Nun un posto dove tornare e tornare. Amir scusami.
Martina Di Iorio