Se spendere più di 30 euro per una pizza (a cui ovviamente aggiungere tutto il resto) non vi interessa per motivi economici/morali/non sa-non risponde, è inutile che leggiate questa recensione.
Personalmente trovo che sia un prezzo molto elevato, ma l’ho pensato anche quando ho speso 18 € per un cocktail. Ma in fondo che importa la mia opinione sulla politica dei prezzi se il locale in questione ha il suo pubblico e lavora? Zero, appunto.
Alla fine è stata la curiosità a spingermi a provare La Taverna Gourmet: poco taverna, molto gourmand già al primo approccio. Infatti i camerieri ci accolgono professionali e sorridenti e dopo averci accompagnato al tavolo ci prendono il cappotto; l’ambiente è molto elegante, apprezziamo soprattutto i tavoli alla diner americano (seppur in uno stile molto più contemporaneo), con le panche molto comode che fanno da séparé.
Insomma, il locale è a tutti gli effetti un ristorante, non certo una pizzeria e tantomeno una taverna (il nome deriva dalla celebre pizzeria di via Anzani, la proprietà è la stessa).
Ristorante, dicevamo: infatti mentre diamo un’occhiata al menu ci viene servito un amuse-bouche di branzino e pesto di carciofi, una delizia al cucchiaio.
Avendo deciso di scambiarci le pizze a vicenda, saltiamo l’opzione degustazione e ne ordiniamo tre diverse. Di ognuna, servita a spicchi, è possibile scegliere l’impasto, a lunga lievitazione, preparato con lievito madre e con farine speciali e/o integrali; inoltre è possibile aggiungere un ingrediente all’impasto, come nel caso del nero di seppia all’interno della miglior pizza della serata, la Cantabrico (25 €), con alici appunto Cantabrico, stracciatella, melograno e finocchio.
Anche la Patanegra, stracciatella e fichi (24 €) non delude le nostre aspettative, anzi la divoriamo con gusto fino all’ultimo boccone.
La maggior parte degli ingredienti vengono aggiunti a cottura ultimata, e cucinati a parte o semplicemente aggiunti a freddo: una scelta che esalta pizze come la Cantabrico o la Patanegra, ma penalizza quelle più tradizionali: è il caso della Margherita gourmet (14 €) con impasto al basilico, con mozzarella di bufala, pomodoro del Piennolo, parmigiano e basilico verde e rosso. Infatti gli ingredienti risultavano slegati, è quella che ci è piaciuta di meno.
Chiudiamo con i dolci, sinceramente non indimenticabili: una sacher e una crostata di frutti di bosco al cioccolato bianco, più belli a vederli che buoni a mangiarli.
In definitiva: è stata un’esperienza piacevole, ma non so se ci ritornerò a stretto giro. E, tornando all’incipit, è anche una questione di portafoglio.