All’inizio fu l’annuncio della sua apertura, che squarciò la sensibilità di tutti come la dichiarazione di guerra della Germania nazista alla Polonia. “Vengono a insegnarci a fare il caffè”, “vogliono colonizzarci nell’unica certezza che abbiamo”, “toccateci tutto ma non il bar sotto casa”. La polemica non si placa, arriva il momento delle palme in Piazza Duomo, un giardino tropicale regalato dagli americani di Starbucks. E via di titoloni sensazionalistici: chi grida all’oltraggio, chi va a ripescare documenti fotografici di inizio 900, chi si improvvisa piromane o fine urbanista. Che poi, a dirla tutta, nessuno si è sottratto dal farsi un selfie con hashtag #milangeles. Ora ci siamo. Come l’arrivo di Darth Vader, il colosso americano del caffè con sede a Seattle apre i battenti del primo store in Italia, il più grande in Europa, il prossimo 6 settembre, in Piazza Cordusio. E a detta del CEO Howard Schultz sarà solo la prima di una serie di nuove inaugurazioni nel nostro territorio. Si scatenano i detrattori di Frapuccino, pound cake, scone e altri cibi invasori. Si difende Starbucks, dicendo che al suo fondatore proprio a Milano è venuta l’idea di creare questo brand esportandolo nel mondo con più di 26 mila punti vendita.
“Non verremo a insegnarvi a fare il caffè. Anzi vogliamo farvi vedere cosa abbiamo imparato da voi”
Afferma in corner Howard Schultz. Noi aspettiamo questa data, consapevoli che in realtà Starbucks non è il male assoluto. Basta con la convinzione che il caffè si beve solo alla nostra maniera, la bevanda più consumata al mondo ha un’infinità di declinazioni che possono e devono essere esplorate. Cold brew, pour over e altri specialty coffee, stanno prendendo piede nel nostro paese (leggi qui la guida al caffè di Milano), e Starbucks è un buon modo per far approcciare la massa a questo mondo. Oltre che essere un modello di business che fa scuola, Starbucks è un’azienda che premia i propri dipendenti e a Milano ne sta già selezionando 150 per l’imminente apertura. Che poi, colonizzati già da altri colossi come H&M, Zara, McDonald’s e altre iper catene, perché prendersi tanto cruccio anche in questo caso?