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Bentornati al lavoro

Celebriamo l’anniversario della pubblicazione del Primo Libro del Capitale.

Scritto da Piergiorgio Caserini il 13 settembre 2021
Aggiornato il 17 settembre 2021

MARX, still dal video di Olaf Nicolai

Bentornati al lavoro, amici di Zero. Quella bestia complessa che si dice nobiliti gli animi ma essendo usata e gestita malamente non fa altro che complicarci l’esistenza. Se mai è esistita, poi, una forma di attività chiamata sotto il cappello di “lavoro” all’interno della quale era possibile definirsi in meglio, come viventi, come caratteri, come animi. Di certo, non è il caso di oggi. Vi diamo solo qualche parola: flessibilizzazione, precariato, plusvalore, caduta tendenziale del saggio di profitto. Lotta di classe, rivoluzione.

Questi sono giorni importanti. Diciamo che a volte occorre introdurre nuove feste o nuove ricorrenze. Perché serve a ricordare meglio quali sono stati i giorni, i momenti, gli eventi che hanno cambiato qualcosa. Tipo i nostri compleanni. Ebbene, oggi qui da Zero celebriamo una giornata memorabile, che ha sicuramente cambiato un’era e segnato un’epoca, la nostra: in questi giorni, tra l’11 e il 14, cade l’anniversario della prima pubblicazione del Primo Libro del Capitale di Karl Marx. L’intenzione è un ripassino veloce. Da una parte, il 21 e il 22 di questo mese, durante l’equinozio, il film MARX di Olaf Nicolai verrà proiettato in simultanea in tutto il mondo. Il film è una ripresa fissa che registra luci e suoni di 24h sulla grande statua del filosofo a Chemnitz, e sul territorio nazionale lo potrete vedere al MACRO di Roma. Dall’altra, visto come stiamo, un ripassino fidatevi che è un bene. Qualcuno vi dice che il lavoro nobilita l’uomo? Che perdere tempo è il peggiore dei peccati possibili? Dategli del calvinista protestante e regalategli Weber. Intanto, cerchiamo di farvi un’introduzione con un breve e semplice prontuario.

Lavoro
Il tuo modo di relazionarti con le cose intorno – la natura – e quindi l’ambiente. Può essere un gioco. Potrebbe. Non lo è.

Valore
Cosa ne è del lavoro che fai? Ha valore d’uso? Quanti lo fanno? Pochi? Ha valore di scambio? Ecco. Valore di scambio e valore d’uso.

Plusvalore
Gli amici dell’arte o del design lo conoscono benissimo, meglio di tutti; i famigerati moltiplicatori, per cui spendi cento e vendi a diecimila. Ciò che sta nel mezzo è il plusvalore. Altrimenti indicato, dal punto di vista del produttore-artigiano-lavoratore, come saggio di sfruttamento.

Accumulazione originaria
La Numero Uno di Paperon de Paperoni, ma qui siamo già al denaro, lo diciamo solo per rendere quell’istinto assoluto all’arricchimento. Immaginate che tutti hanno bisogno di caramelle e voi le prendete tutte, o almeno più che potete, da tutte le parti. Comincia agli albori della modernità, sulle scale globali, nel XV secolo.

Merce
Il lavoro-valore pervertito dalla cosificazione e omologazione di qualunque rapporto (tipo la forza-lavoro). Tutto è contemporaneamente uso e deposito di valore. Più il plusvalore del lavoro. Profitto di cui, la maggior parte delle volte, tu non sei il beneficiario.

Alienazione
Perché faccio quel che faccio?, per chi lo faccio? Non si sa più. È un automatismo. Nevrosi paranoica e/o falsa coscienza. Vedi sotto.

Coscienza di classe
C’è chi dice che non esistano più. Non è vero. Siete in preda all’alienazione e quell’idea liberista che tutti possono fare tutto. Falsa coscienza. Siete dentro Matrix, dentro la sovrastruttura. Bocciati. Tornate a leggere Losurdo.

Caduta tendenziale del saggio di profitto
Anche questo un problema che conosciamo tutti, ma ci dedichiamo un attimo. C’è dentro: accelerazione dei mezzi di produzione, lavoro, merce, concorrenza, innovazione. Sinteticamente, più si va avanti più la merce che si produce si svaluta; insieme, si svaluta il lavoro. Quindi si svalutano sia merce e lavoro. Prima o poi, si svaluta tutto. Crisi del capitalismo, morte del capitalismo. Alla base della caduta tendenziale c’è l’utopia: la visione messianica e finalistica della storia per cui il Capitale è una macchina stupida che si divorerà da sola. Una macchina storica, ineluttabile secondo il Nostro. È la dialettica del materialismo storico, che prende le mosse dall’accumulazione primitiva – rivoluzione neolitica – e segue per divisione del lavoro, caste, imperi, schiavitù, feudalismo e derrate, borghesia, proletariato e rivoluzione. Ma colpo di scena: scopriamo che invece si nutre della sua stessa distruzione. Il capitalismo è mondiale e integrato (CMI, secondo Felix Guattari), ed è una grande macchina coprofaga. Con più probabilità, finirà – finiremo – come patate al sole. Consigliamo un approccio ad Andreas Malm, con Fossil Capital e The progress of this storm.

Esercito di riserva
È semplicissimo: chi è tenuto fuori dalle logiche retributive del lavoro e sopperisce solo e soltanto quando è necessario. Parliamo quindi dei tassi di disoccupazione, dell’immigrazione, del lavoro nero, insomma, della subalternità. Perché è giusto farci rientrare anche quella pratica tutta contemporanea dello stagismo, il riciclo di carne fresca desiderosa di riconoscimenti paterni. Quella cosa, che è anche della gratuità, che ti dice che tanto c’è la fila. Fredric Jameson, uno dei papà del postmodernismo, ci dedica un bel saggio non ancora tradotto: Representing Capital, dove sostiene che il Capitale è innanzitutto un lavoro sulla disoccupazione e la riserva. Da leggere. Insomma, siamo in tanti, e prendendo la cosa dal punto di vista della Caduta Tendenziale, lo saremo tutti presto. Vogliamo il reddito universale.

Per ora ci fermiamo qui. Il lettore di Zero capirà che questo non è il luogo per i longform. Altrimenti dovremmo scendere nei noduli dei problemi singolari e le loro evoluzioni, come il farsi immagine, spettacolo, della produzione di merce, spazio e società (Debord); oppure la sovrappopolazione e l’iperalfabetizzazione che consegue la mondializzazione del capitalismo, e quindi quella formula d’ambizione che seppur legittima non trova ancora riscontro nella distribuzione del lavoro. Ripensare alla “piena automazione” e al reddito universale (qui doveroso dirvi di leggere Williams e Srnicek) e tutte quelle discorsività sull’ozio e il tempo libero che partono da Paul Lafargue e dal suo opuscoletto Elogio dell’ozio, cassato da Marx, suo genero, e arrivano fino a oggi passando per capisaldi nell’arte contemporanea come Duchamp o più esplicitamente quel genio di Mladen Stilinovic, con l’elogio della pigrizia. Oppure, più cocente, flessibilità e performatività. Quelle paroline d’ordine che fanno sbauscia ma che sono la supposta con cui giri una vita per il mondo. Il lavoro del tempo libero. Le feste, gli incontri. Il capitale cognitivo. Le persone-lavoro. Il bagno-lavoro. Il futuro-lavoro. La caduta tendenziale della birra quando rispondi alla trentaduesima chiamata. La caduta tendenziale dei capelli.

Bentornati a settembre, e sempre benvenuto Karl Marx.