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Che Fanza #7: Lapin Niger (Uochi Toki) e Fibroma (Cocazine)

Anche quest’anno siamo andati al Crack! ed ecco le bombette che abbiamo scoperto

Scritto da ABAC il 29 settembre 2025

Questo numero di Che Fanza si schiera a favore degli spazi occupati, che nell’estate del duemila e venticinque hanno subito un duro attacco con la chiusura di uno degli luoghi più embematici della controcultura italiana, il Leoncavallo di Milano. È proprio in questi spazi che troviamo la maggior parte delle autopubblicazioni di cui trattiamo e in cui abbiamo la possibilità di confrontarci con gli autori, come nel caso dei due volumi di oggi raccolti a fine giugno al Forte Prenestino in occasione del Crack! Fumetti dirompenti.

L’arrivo a Centocelle è complicato, la Polo del duemila e uno che da sempre ci accompagna decide di mollarci in Umbria; la affidiamo a un meccanico di fortuna e decidiamo di procedere nel viaggio chiedendo passaggi alle stazioni di servizio dell’e-quaranticinque. Arriviamo al Forte alle undici di sera, un’ora prima della chiusura delle celle, guidati dall’onda lisergica che decidiamo ci avrebbe portato fortuna.

Ci immergiamo nelle segrete e da subito veniamo inondati dal mare di carta e sudore che caratterizza l’evento.

Il primo banchetto che incontriamo entrando nei corridoi è quello di Lapis Niger, voce dei Uochi Toki che dalla nostra adolescenza ci guida alla scoperta degli anfratti magici dei nostri meccanismi sinaptici. Sul suo tavolo veniamo colpiti dalla presenza di un libro d’arte in bianco e nero, segni pesanti di un personaggio in grado di rappresentarci tutti con la sua presenza interiore. I suoi lenti movimenti narrativi ci guidano alla scoperta di una dimensione psicoanalitica supportata dalla presenza di una cinquantina di koan, brevi storie o quesiti paradossali utilizzati dal buddismo zen per provocare un’illuminazione all’interno della pratica meditativa.

«Una volta – ci racconta – ho raggiunto l’illuminazione nell’apice della mia ansia; la grafia convulsa ci percuote con il suo carattere spasmodico nero su bianco, riportandoci alle camminate notturne nelle città in cui, consumati, cercavamo ancora, senza trovare nulla, dato che in effetti nulla stavamo cercando.»

– scorri sulle foto per sfogliare la gallery –

Esattamente come succede in questa selva fitta di libri e fanzine appoggiati sui banchetti, innalzati dagli espositori: non è possibile cercare qualcosa in particolare, quindi si viene percossi dal flusso di immagini ad alta frequenza e, alla fine, non si sceglie quale compilazione di carta portarsi a casa, si viene scelti. Poi sarà compito nostro -con il materiale raccolto- allestire la nostra hall of fame di fanzine e libri a casa o in studio così da restituire un pezzetto di quella sensazione di biblioteca-medina-punk a chi passa a trovarci.

Ancora, sfogliando: «La realtà è un mandala e a mandarla all’aria sono stati tanti, la rete di frattali infranti che l’accompagna ci spinge verso l’oriente, dove un mistico canuto s’interroga sulla venerazione dei nostri tempi, in cui si scrivono miliardi di frasi, citazioni, aforismi, delle quali nessuna rimane ad agire sulla nostra coscienza e incosceinza, come invece un koan irrisolto e pieno di possibilità indescrivibili riesce a fare anche a distanza di anni senza dover essere necessariamente impresso. Un flusso che cambia di continuo come un romanzo alchemico scritto nelle profonditá del Tibet in cui gli archetipi della mente umana vengono svelati, ed è questo, nel corso dei secoli, ad adattarsi a noi. Indipendente dall’antropocene, dall’evoluzione digitale, dagli influssi ambientali, la storia dell’auto determinazione viene narrata adattandola, camaleontica, agli abusi e ai sopprusi perpetrati e che quindi, in conclusione si mostrano effimeri di fronte alla continuità inscalfibile della mano-occhio che disegna i confini del pensabile e li supera ogni volta.»

E la sofferenza? «Può essere piegata dal Segno e dalla Visione proprio perché Segno e Visione possono essere piegate da persone sofferenti. Ed è in questo modo che avviene la somadelia, il corpo che si rivela. Il corpo si rivela cento volte e altre cento si rivelerà senza appartenerci, senza essere mai lo stesso come il pensiero quotidianizzato invece ci spinge a credere. Noi siamo Segno.»

Dopo questa conversazione con Napo usciamo dalle celle deambulando come da un sogno dall’oltretomba, riprendiamo ossigeno. È mezzanotte passata, i banchetti all’esterno sono ancora attivi con gli autori seduti dietro alle loro opere. All’ingresso della galleria principale veniamo attirati da un banchetto graffiante, un vortice di bianco e nero stampato su carta economica. Il bianco e il nero, i segni pesanti e schizofrenici sono il filo conduttore che meglio rappresentano la contemporaneità a cui vogliamo riferirci. Dal banchetto degli artisti romani emerge The Snipson, una rilettura convulsa del cartone che ha segnato la nostra infanzia.

Fibroma, l’autore, ci parla. Ci dice che il progetto è apparso per la prima volta in Cocazine. Cocazine?, gli chiediamo curiosi, non vedendo il titolo sul loro banchetto. Cocazine, ci risponde.  «Un contenitore di storie, dal numero uno al numero tre raccoglie le vicende del “bimbo morto”, un capitolo estratto dal libro ragazzi selvaggi di Burroughs. Dall’uscita quattro alla sei sono state pubblicate alcune strisce dedicate ad Angry Dad, per poi arrivare alle tavole di The Snipson, preambolo su un’artista napoletano di nome Horbo.0. È stato lui il primo a ideare queste tavole, che poi ho portato avanti. È un ciclo artistico che torna spesso nella mia penna, la prima volta che cominciai a idearlo era lampante il fatto che fosse ispirato ai Simpson, ma la morte e il gore erano elementi che usavo per sottolineare il non senso del progetto. Nell’ultimo numero di Cocazine le tavole prendono un senso compiuto, anche grazie a Perso, fumettista milanese, che fece delle tavole a tema».

Bomba, vogliamo sfogliare cocazine. «Cocazine è al momento in stato vegetativo, posso passarti un link in cui puoi trovare tutti i numeri. Cocazine è al momento disponibile in digitale, ma te lo puoi stampare. Fibroma, il mio nome d’arte, vuole essere infatti una memoria nostalgica della carta, destinata a scomparire, voglio essere io una delle sue ultime malattie ad infettarla.»

Le autopubllicazioni di Lapis Niger possono essere acquistate sul suo shop digitale, attenzione, è un negozio molto piccolo in cui bisogna entrare con cautela.

L’opera di Fibroma è attualmente disponibile sulla sua pagina Calameo, seguitelo sui social per restare aggiornati sulle sue iniziative, come l’ultimo laboratorio di Fanzine Anonime.

Che Fanza! è una rubrica a cura di ABAC, membro del collettivo statunitense Roguexwriters, che prova a dare un ordine al bellissimo caos cartaceo e meta testuale contemporaneo delle fanzine proponendovi di volta in volta un paio di consigli.