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Cosa succede con il nuovo Dpcm e le proteste del settore culturale

Le restrizioni per ristorazione, spettacolo e sport e l'indignazione dei lavoratori coinvolti.

Scritto da La Redazione il 26 ottobre 2020

La sensazione è quella di essere una pedina nel gioco dell’oca. Si torna ai blocchi di partenza, con le caselle occupate dai giocatori ritenuti essenziali, e quindi le attività produttive in primis e poi la scuola. Ma quello che altrove è stato già rinominato “il lockdown del tempo libero” è una faccenda serissima, che intacca fortemente il settore della ristorazione e mette completamente in un angolo comparti che non possono essere ritenuti marginali per il benessere e la tenuta sociale del paese quali la cultura e lo sport, con i luoghi dello spettacolo che, in più, sono risultati tra i più sicuri in assoluto negli ultimi mesi. Come ormai chiaro dal pomeriggio di domenica 25 ottobre, la stretta del nuovo Dpcm per contrastare l’aumento dei contagi in Italia da Coronavirus contempla misure restrittive in particolar modo per bar e ristoranti, per teatri, cinema e sale da concerto e infine per lo sport.

Dopo la chiusura totale durante il primo lockdown, i mesi trascorsi ad adeguarsi alle norme di sicurezza e il tentativo di ripresa, per molti aspetti la sensazione per questi settori è di tornare al punto di partenza, ma più provati e affaticati di prima. Proviamo a riassumere in pillole i provvedimenti principali messi in atto (almeno) fino al 24 novembre.

– totale sospensione degli spettacoli in teatri, cinema e sale da concerto. Chiusi anche i centri sociali e numerose restrizioni per i Circoli associativi (restano aperti solo i musei)
– i locali di ristorazione devono chiudere al pubblico a partire dalle 18 (ma resteranno aperti la domenica)
– il servizio al pubblico è consentito dalle 5 alle 18, ma allo stesso tavolo potranno sedere solo quattro persone (cade il numero limite di 6)
– divieto di bere e consumare bevande e cibo nei luoghi pubblici e aperti al pubblico
– sono permesse le consegne a domicilio
– l’asporto sarà permesso fino alle ore 24, con il divieto però di consumazione sul posto o nelle immediate vicinanze, in modo da evitare assembramenti
– stop a palestre, piscine, centri ricreativi, comprensori sciistici, centri benessere, centri termali

la chiusura di teatri, cinema e sale da concerto colpisce il comparto italiano che più di ogni altro ha adottato correttamente le misure prescritte dai protocolli sanitari

Se già stasera a Milano, e sicuramente anche in altre città, si attendono manifestazioni popolari da parte di ristoratori, negozianti e cittadini, la protesta risulta già compatta nel mondo dello spettacolo e della cultura in presenza, che ha tempestivamente cominciato a far sentire la sua voce. Un comparto doppiamente beffato da una crisi pregressa, dall’assenza di aiuti concreti in questo lungo periodo di chiusure e limitazioni, dalla scarsa considerazione da parte delle Istituzioni e dal fatto di aver dimostrato in questi mesi di essere in assoluto uno dei settori più sicuri e penalizzati dalle restrizioni sanitarie. Già ieri è arrivata una lettera scritta dal presidente dell’Agis, Carlo Fontana, indirizzata al premier Giuseppe Conte e al ministro Dario Franceschini e firmata da molti nomi importanti del cinema, in cui si sottolinea ancora una volta come “i luoghi di spettacolo si siano rivelati tra i più sicuri spazi di aggregazione sociale” – una lettera a cui nelle ultime ore sono seguite numerose proteste, da Paolo Rossi davanti al teatro Strehler al richiamo di Riccardo Muti.

E poi, stamattina, con una prima chiamata alle armi da parte dell’Arci, su iniziativa di Arci Lazio ma con una proposta che si estende su tutto il territorio nazionale. Un invito a supportare concretamente anche le piccole realtà e tutta la filiera della cultura in presenza che sottolinea, anche qui, come la chiusura di teatri, cinema e sale da concerto, nonché la fortissima limitazione dei circoli culturali, colpisca il comparto italiano che più di ogni altro ha adottato correttamente e rispettosamente le misure prescritte dai protocolli sanitari. Producendo ovviamente effetti economici (sociali e culturali – aggiungiamo noi) devastanti per un settore già provato e che ha bisogno di aiuti.

All’Arci fanno eco gli assessori alla cultura delle principali città italiane, da Filippo Del Corno a Luca Bergamo, con una lettera appena invitata sempre al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro Franceschini, con un invito a rivedere le disposizioni in tema di eventi culturali dell’ultimo Dpcm e ad attivare tempestivamente gli ammortizzatori sociali. Nota a margine: nel frattempo, in virtù delle sue libertà amministrative, l’Alto Adige lascia i ristoranti aperti fino alle 22 e non chiude né teatri, né cinema né sale da concerto.