Mi autodenuncio: sono un runner! Anzi, uno che “va a core'”, perché è questo quello che ho detto ai miei genitori circa 25 anni fa, la prima volta che sono uscito un’oretta di casa per fare sport in un parco: «Vado a core’». Non faccio maratone o semi maratone, non mi sposto di città in città per gare podistiche, a dirla tutta non partecipo neanche alle 5/10 km amatoriali all’interno del GRA. Sempre da solo e con un po’ di musica in cuffia: prima il walkman, poi qualche tentativo fallimentare con il lettore cd portatile, lettore MP3 e ora telefono, ma senza applicazioni che mi dicono quanti chilometri ho fatto e in quanti minuti: non mi serve, conosco qual è il mio passo e il mio tempo di durata. Correre non è né una ragione di vita, né uno status dell’ultimo momento: è l’attività fisica che ho scelto, così come altri hanno scelto l’acquagym o il jujitsu.
Correre non è né una ragione di vita, né uno status dell’ultimo momento: è l’attività fisica che ho scelto
Sono un runner, anzi, uno che “va a core'”, e da qualche giorno pare che sia un problema di salute nazionale. Sento di esserlo? In tutta onestà no, la mia attività è stata regolata dalla legge per decreto: si può correre in solitaria, mantenendo la distanza di almeno un metro dagli altri. E questo faccio, correndo in un parco dimenticato da Dio – e non recintato, come da ordinanza del Comune di Roma. Le regole ci sono, la questione allora è farle rispettare e, soprattutto, rispettarle in prima persona, con coscienza e onestà, e non con il solito costume tutto tricolore del “trovata la legge, trovato l’inganno“. Mi riferisco a chi si mette la tuta, fa due metri e poi si siede o continua a passeggiare per chissà quanto, a chi si dà appuntamento con gli amici per chiacchierare, facendo diventare l’attività fisica un palliativo dell’aperitivo, o chi travisa totalmente il messaggio e arriva a organizzare partite di calcetto sul prato – come non provare imbarazzo di fronte alla foto che stamattina ho visto a pagina 6 del Corriere della Sera? (edizione del 20/03/2020, nda)
Messa da parte la questione delle regole e delle sue interpretazioni all’italiana, ragioniamo sul perché il running è finito nell’occhio del ciclone. Diciamo che la situazione è degenerata per due avvenimenti molto ravvicinati: a) l’arrivo “dei cinesi” a Milano e il loro ammonimento sull’eccessivo numero di persone in giro; b) i dati ottenuti dal tracciamento dei cellulari che hanno rivelato come il 40% dei cittadini si sposti ancora regolarmente in città. Sovrapponendo le due tematiche, se ne dovrebbe dedurre che quello che hanno visto “i cinesi” per le strade del capoluogo lombardo sia stata una maratona più partecipata di quella di New York. La foto della discordia, invece, ha catturato una metropolitana sovraffollata come in un giorno qualsiasi precedente all’emergenza. D’altra parte, se rimangono aperte fabbriche, banche, uffici postali, cantieri, uffici comunali, supermercati, alimentari, ottici, negozi di elettrodomestici, macellerie, tabacchi, edicole, farmacie, distributori e stazioni di servizio – l’elenco completò lo trovate qui – come si pretende che le strade siano deserte?
L’aria che tira è che nelle prossime ore sarà vietata qualsiasi attività nei parchi: pace e bene, se sarà una necessità che accelererà la fine dell’emergenza la accetterò e rispetterò
Oltretutto, si tratta di lavoratori che vanno a occupare gli spazi della città per 6-8 ore almeno, non l’ora scarsa che in media un runner fa di corsa, perché dopo ha la lingua fino alle scarpe. E se si vuole continuare a parlare di numeri, in Italia ci sono circa 11.600.000 cani registrati alle anagrafi regionali ( fonte Legambiente), questo vuol dire che circa 9-10.000.000 di persone, immaginando che qualcuno ne possieda più di uno, ogni giorno escono un paio di volte per accudire i propri animali, cosa giusta e sacrosanta. Ma, anche qui, almeno per quello che vedo con i miei occhi, qualcuno che si prende più libertà – e tempo – del dovuto c’è, contribuendo all’affollamento dei parchi tanto quanto chi si improvvisa corridore con i mocassini.
L’aria che tira è che nelle prossime ora sarà vietata qualsiasi attività nei parchi: pace e bene, se sarà una necessità che accelererà la fine dell’emergenza la accetterò e rispetterò, così come ho accettato e rispettato lo stare a casa nelle altre 23 ore della giornata. Ma se sarete rassicurati, o peggio galvanizzati, dalla scomparsa dei runner, anzi, di chi “va a core'”, e dal comparire dell’esercito, be’, forse allora abbiamo qualcosa di più importante (e preoccupante) di cui discutere.