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DE33 SULL’SS

Un racconto della serie di ZERO 'Propagine. Storie del contagio'

Scritto da Piergiorgio Caserini il 8 marzo 2020
Aggiornato il 27 aprile 2020

Illustrazione di Roberto Alfano

Docile come una pecora, l’ultraleggero S.S. accarezza le correnti ariose, scivolando tra i gorghi e le risacche del cielo turchino. È chiaro come l’occhio abbacinante del sole sia innamorato della fusoliera: s’adagia sulle curve metalliche sfiorandone delicatamente ogni lembo e ogni curva, e come i brividi degli amanti esplode tutto intorno in un frizzante scintillio di rifrazioni e lucette.
La miriade di lampi è tanto intensa da rendere inutili gli occhiali di DE33. L’alone del riflesso punge entrambe le pupille, e l’atmosfera di spilli diventa il colmo di una luce straordinaria che satura il cranio e il cuore. Complice il fruscio assordante del vento che livella tutti i rumori in uno strano silenzio per addizione, un rumore bianco, bianco e celeste, pervade le coclee auricolari, fornendo al volume uniforme di luce la sensazione armonica e pervasiva di una letizia indicibile.
Subito una voce s’insinua nel paesaggio estatico, supera le interferenze e scende per le coclee, vi si arrotola e le percorre, ma lui resiste. La luce arretra, lo sforzo di trattenerla si tramuta in bruxismo, mentre quella gracchia e parlocchia dentro di lui, scorporata e insistente. Gli dice che da lì a poco passerà il limite, si alzerà oltre alla soglia. Per un attimo, pensa che sia Lui. C’è tutto: la luce, il fruscio, la Voce.

Ma ecco che Spirito Santo attacca a borbottare.

L’ultraleggero S.S. perde potenza mano a mano che la portanza diminuisce. Se il cielo si avvicina troppo, le creature della terra si scottano. Spirito Santo non ce l’avrebbe fatta, questo gli diceva la comunicazione fraseologica dalla torre di controllo.
Apre gli occhi. Il variometro indica la Zona Rossa: che qui significa aria rarefatta, motori incapaci e freddo barberino, di quello che fa gelare la toga.
DE33, alias Don Ennio, sa bene che deve assecondare il suo ultraleggero, che deve ascoltarlo, lo Spirito. Tra uno sballottamento e l’altro, non gli rimane che scrollarsi di dosso la santità degli alti cieli turchesi e ridiscendere alla quota di crociera.
Spirito Santo accenna una virata, ed Ennio si vede cadere in picchiata e sfondare le nuvole, fendere il cielo per abbracciare con lo sguardo le distese della sua terra, la sua gente e la sua parrocchia, ed eccola.
Eccola lì: l’altra Zona Rossa.

Peccatori!, sbotta d’un tratto.

Ma subito si ricrede. Lo sguardo truce e immobile del San Bassiano lo scruta. È impermeabile ai suoi cedimenti, irreprensibile come ogni uomo di fede dovrebbe essere. La regale barba a grappolo d’uva non fa che sottolineare il rimprovero, e il vincastro ricurvo lo richiama dall’involuto smarrimento.
“Ho agito d’istinto, SanBì, concedimela”, ma anche la mano distesa nelle tre dita del pantocratore parla chiaro: ci vuole pugno, si domina con forza, si benedice con altrettanta. Il maglio della fede richiede determinazione, Ennio, determinazione e devozione alla causa. Crediamoci.
Oltre le nuvole, verso terra, dove il suolo scandito dalle risaie pare impegnato in un gioco di specchi con l’alto dei cieli. Il paesaggio striato dai canali e dalle arature intervallate dai mucchi di merda, accoglie brandelli di turchese e si camuffa di banchi batuffolosi e candidi, proprio come la barba di SanBì. Sono i banchi di nebbia che si ritirano dopo il mattino, ma gran parte della distesa agricola ancora si nasconde, sfoltita dalla condensa di rugiada, rifiutando di esporsi.
Un pensiero gli sfreccia in testa.

“Dio nasconde i suoi accoliti e le loro terre così come Google nasconde i militari e le loro basi”.

Le macchie sfumate e lattiginose lasciavano emergere qualche casupola qua e là, qualche tiglio e qualche castagno forse, ma nessuna figura. Gli accoliti sono ben nascosti.
Stai mischiando le priorità, Ennio. Concentrato. Spirito Santo ha bisogno di te, adesso.
La Zona Rossa è sotto di lui. Il biancore dei banchi di nebbia lascia spazio al grigiore della terra industrializzata, al vuoto delle strade. Funesti sono i giorni delle piaghe. Tanto che anche la salma e le reliquie del San Bassiano, giù nella cripta della diocesi, parevano aver abbandonato ogni speranza, ogni miracolo.
Ma se i santi vengono meno, sono gli emissari a dover riportare l’ordine. La letizia e la speranza contro l’oblio dei turbamenti, assecondare le confessioni illegali dell’ultimo minuto, a pochi centimetri l’uno dall’altro, e sedare i piccoli millenarismi che già scompigliavano le greggi.
Portare lo Spirito Santo è un gioco da ragazzi.
Curva l’ala, e il paesaggio si tinge di luce. Ha sempre pensato che il volo avvicini a Dio, “Vero, SanBì?”, che quella vista fosse un balsamo per la fede. Poteva scorgere le campiture verde cinabro e il terra bruciata distendersi per chilometri, chilometri di niente, proprio come i deserti in cui rimbomba, tuona soave la voce di Lui, “Eh, SanBì?”, tuona nei paesi fermi e nelle strade vuote, tra le greggi sparute e frammentate che ancora passeggiano nelle ciclabili.
Di nuovo ha rischiato di inveire, ma il San Bassiano ormai lo dissuade con benevolenza paternalistica e perentoria. E poi distingue chiaramente il suo obiettivo. “Eccolo lì, il target, SanBì”. Il campanile decorato a festa patrona.
Alla virata repentina di Spirito Santo, che infervorato manifesta tutta la sua divina determinazione, Ennio sussulta: lo stomaco risente della velocità di volo. Lo Spirito è potente, ma la sua determinazione anche. Sa che è la famigerata büseca de San Basàn che sta transustanziando la cura miracolosa. Un piatto salvifico di trippa, frattaglie, passata di pomodoro, fagioli, carote e sedano, più la cipolla: unica variazione. Così piaceva a lui. I saperi secolari lo indicavano come delizia fortificatrice, come miracoloso unguento per il corpo e per lo spirito, dallo stomaco all’anima. Le fonti riportavano distintamente che la Bassa Lodigiana superò la peste del Trecento a furia di büseca.
Così aveva deciso di cucinarla per tutti.

Un atto da amico camuffato da parroco, una benedizione travestita da cena.

Ma quando ieri le tentazioni del demonio avevano cercato di infiltrare i turbamenti nella parrocchia, la cena miracolosa era divenuta questione urgente.
Successe che la signora Lidia, intrufolatasi sull’abside durante una messa balsamica di speranza, s’impossessò del microfono. Turbata dai fatti del paziente zero e dall’estendersi dell’epidemia, decise di recitare secca e decisa un punto molto preciso della Lettera ai Romani. Volle mobilitare all’azione, alla crociata del peccato: “Come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte si è estesa a tutti gli uomini perché tutti hanno peccato”. Sapeva benissimo cosa stesse facendo, quando chiuse il Libro e scandì per bene “c-i-n-q-u-e-d-o-d-i-c-i”, guardando dritto negli occhi, uno per uno, tutti i presenti. Ennio pensò che si fossero scambiati qualche tipo di messaggio, che qualche incantesimo persuasivo fosse sfrigolato dagli occhi di Lidia a tutti gli altri. E infatti in pochi minuti la piccola folla si scompose. Il primo uomo e il virus, il suo peccato e quello di tutti gli altri. La signora Lidia aveva giocato la carta della colpa sui registri più semplici, e ce l’aveva fatta. Tutti erano intimoriti e indignati, e insomma, non era proprio il caso.

Nonostante lo stinco della sera prima lo avesse appesantito parecchio, Ennio dovette rimediare con la Santa Pietanza: büseca per tutti, sì, ma oltre alla cipolla aggiunse un cicinin di Acqua Santa, un goccetto, che fa sempre bene nelle situazioni drammatiche. Perché poi come dice il proverbio: “Mangià la buseca de San Bassan, vör di sta ben tüt l’an”.
Al mattino dopo, Don Ennio prese il volo con il suo Spirito Santo. Le azioni della signora Lidia l’avevano turbato. Sarà successo ovunque, da tutte le parti, in tutte le parrocchie. Il demonio striscia ubiquo dietro ogni cassapanca, si nutre di spavento e versetti biblici. Sapeva bene il suo compito, Ennio.

Non potendo sanificare l’epidemia, avrebbe sanificato il peccato.

“Altro che cinque-dodici, diglielo SanBì”, si dice Ennio sorridendo, mentre si avvicina al campanile del paesotto. Ai piedi dell’edificio, si preparava la processione indetta dalla diocesi, la sfilata apotropaica in tempi di malattie. Pareva di stare in un’altra dimensione, in un medioevo alternativo. I carretti, le tuniche, le reliquie e il tabernacolo, il lento incedere della folla. Ennio avrebbe fatto la sua parte, ed è tutto pronto, tutto in ordine. Riporta alla mente i versetti giusti, se li recita, uno per uno, e scende in picchiata verso l’assembramento.
Un movimento rapido, e poi la planata.

Spirito Santo è una colomba da guerra, armata di pace, miracoli e l’arma più potente dell’arsenale cristiano: l’assunzione.

Un respirone, e come a voler richiamare a sé tutta la forza primaria del perdono, tutto lo spirito compassionevole, Don Ennio sussurra la sua formula, il suo volere, che è quello del Signore, come sempre: “cinque-diciotto”, dice, e lascia cadere sulla folla una nuvola di foglietti santificati, sutra cristiani che spergiurano l’uomo dalla colpa della loro condanna. Si inizia dichiarando il gregge giusto per la vita.
Pietà, per prima cosa.
Spirito Santo passa, candido e brillante, e la folla accoglie le parole a braccia alzate verso il cielo. “Bene, SanBì. Fase due!”, e con una virata magistrale, l’ultraleggero torna a mirare al gregge. Dal ventre una scarica di svariati ettolitri di acqua santa si scaraventa sugli accoliti ai piedi del campanile, una cascata di benedizioni che al baciar del sole acchiappa la luce in gocce brillanti. Che spettacolo, si dice Ennio, che guarda la folla agitare le mani all’infinito celeste, allo Spirito abbacinante. Non sa dire se fosse giubilo o che altro, ma le grida sono entusiaste e potenti, è una osanna bagnata, una preghiera atmosferica questa benedizione del SanBì. Più efficace di qualunque trippa.
Proprio qui dove la colpa abbonda, dove la legge è stata creata perché abbondasse questa colpa, questo contagio, quest’isolamento di legge, ai parroci della Bassa e a Dio spetta seminare la distruzione della legge per non avere altro che santi, santi, uomini liberi e innocenti, uomini senza legge e senza peccato, “cinque e tredici, SanBì!”, grida Ennio estasiato dalla santità piovosa che stava riversando sul suo gregge, che limpido e pulito, bagnato e figurativamente guarito, guardava vorticare lo Spirito Santo proprio sopra le loro teste.

Bassa Lodigiana, 8 marzo 2020