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I corpi che trasformano lo sguardo nel programma di Santarcangelo Festival 2023

Scritto da Salvatore Papa il 15 giugno 2023
Aggiornato il 24 giugno 2024

Studio Julian Hetzel with Ntando Cele, SPAfrica

Quand’è il momento di dire basta? E cosa dovremmo invece desiderare maggiormente? Cosa pretendiamo e cosa non siamo più disposti ad accettare? Enough not enogh, titolo della 53esima edizione di Santarcangelo Festival, dal 7 al 16 luglio 2023, esplora le possibilità semantiche dell'”abbastanza” provando a riunire attorno ai propri spazi condivisi nuove comunità immaginanti, in grado di proporre visioni alternative o, semplicemente, domande diverse.

“È proprio dove ciò che è reale e vissuto incontra ciò che è potenziale e immaginario che nascono le tensioni che ci interessano”, afferma Tomasz Kireńczuk, al secondo anno della sua direzione artistica.

Il corpo, fonte di discriminazione e violenze, è anche quest’anno il punto di partenza per un’indagine corale attorno ai temi del contemporaneo che raccoglie 40 tra performer, gruppi e compagnie, in maggioranza assoluta donne, tra teatro, danza, musica, arte visiva e discipline trasversali.

Tiran Willemse, blackmilk

La piazza centrale, da sempre importantissima per comprendere lo spirito del festival, e che l’anno scorso aveva ospitato una grande tavola rotonda di 12 metri di diametro simbolo di condivisione, stavolta sarà lo scenario del progetto The Guxxi Fabrika, dall’artista visiva e performer cilena Cote Jaña Zuñiga: una catena di produzione, presente per tutta la durata della manifestazione, dove creare oggetti senza apparente valore di mercato e dove il denaro non esiste, mettendo in campo i concetti di valore, costo, condizioni di lavoro nel sistema capitalista.

Due, invece, le performance concepite per la stessa Piazza Ganganelli, quindi fruibili da chiunque liberamente: Scream for Belarus di Jana Shostak, urlo di un minuto dell’artista e attivista bielorussa contro le torture, le uccisioni e le persecuzioni del suo Paese (7, 8 e 9/07); DOWN Single version della danzatrice svizzera Mélissa Guex, un ballo rituale e curativo ispirato alle danze estatiche e alla club culture che è un tentativo di risposta al down collettivo (14,15 e 16/07).

Molte le ospiti di rilievo internazionale, a partire dalla francese Rébecca Chaillon, per la prima volta in Italia con Whitewashing, sulla tensione ambivalente che vive una donna nera all’interno di una società bianca, tra l’essere una donna delle pulizie e il prendersi cura del proprio corpo, del proprio io (12 e 13/07). Con The Divine Cypher Ana Pi conduce, invece, una ricerca poetica e politica sui balli tradizionali di Haiti in dialogo con il lavoro della regista sperimentale Maya Deren (8 e 9/07). E, tra i vari ritorni, ci sono anche Ligia Lewis, autrice e performer di A Plot/A Scandal, dove lo scandalo viene guardato come elemento importante di cambiamento (16/07) e la canadese Dana Michel, che questa volta propone Cutlass Spring che si interroga sul suo multi-ruolo di performer, madre, figlia, amante (7 e 8/07).

Rébecca Chaillon, Whitewashing © Luca Ferreira

Il corpo come strumento di riflessione e liberazione è al centro anche della conferenza danzata Nulle part est un endroit della francese Nach che racconta e mostra l’origine, lo stile e l’espressività del krumping, una danza urbana nata nel primi anni 2000 nel sobborgo di Watts, Los Angeles, come forma di protesta da parte della comunità afro-americana; nella ricerca di Tiran Willemse, danzatore sudafricano che con blackmilk porta alla luce una complessa e vulnerabile “malinconia maschile nera” (7,8 e 9/07); e nella performance dell’artista norvegese-giamaicano Harald Beharie Batty Bwoy (espressione usata in Giamaica per denigrare il mondo LGBTQI+) creata insieme ad alcune comunità queer giamaicane e norvegesi (15 e 16/07).

Altro tema importante che accomuna diversi lavori è quello del corpo che lavora: come in SPAfrica di Julian Hetzel, in collaborazione con la performer sudafricana Ntando Cele, in cui professioniste africane ricevono acqua in cambio di lacrime (8 e 9/07) o workpiece della lituana Anna-Marija Adomaityte, ritratto di un corpo al lavoro in un fast food (7,8 e 9/07), oltre alla già citata Guxxi Fabrika.

Tante ovviamente le proposte italiane: la performer e autrice Chiara Bersani con SOTTOBOSCO site specific version, un ambiente nel Parco Baden Powell abitato da performer, pubblico, suoni e luci pensato per gruppi estemporanei di persone con disabilità (7, 8 e 9/07); Cristina Kristal Rizzo che ripropone dopo 20 anni Paso Doble (13/07); Dewey Dell con I’ll do, I’ll do, I’ll do nata da una ricerca attorno a un corpo ubiquo a partire da casi di (presunta) stregoneria messi sotto accusa dalla Santa Inquisizione (11, 12 e 13/07). E ancora, Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, Eva Geatti, ColettivO CineticO e Francesca Pennini, le performer e coreografe Giorgia Ohanesian Nardin e Sara Sguotti.

Ligia Lewis, A Plot _ A Scandal © Moritz Freudenberg

Prosegue, infine, l’indagine sul clubbing sperimentale curata da Chris Angiolini per Imbosco, uno chapiteau nascosto tra gli alberi ai piedi del Parco Cappuccini che si accende quando cala la notte e anche l’ultimo spettacolo si conclude, dove dj italiani e internazionali si alternano in consolle ogni sera.
Tra gli ospiti già confermati Trust The Mask, progetto della compositrice Elisa Dal Bianco e della cantante Vittoria Cavedon, avviato nel 2020 nel segno della comune fascinazione per musica elettronica e influenze etniche (8/07), e Tout Bleu, band ginevrina che, utilizzando strumenti acustici, voce e chitarra elettrica in modo non convenzionale, disegna un paesaggio orchestrale che talvolta strizza l’occhio al pop (11/07).

QUI IL PROGRAMMA COMPLETO