Come ogni anno, la serata di premiazione alla Biennale Cinema 2019, Venezia76, chiude una lunga maratona che ha messo insieme l’industria e semplici appassionati, la stampa di tutto il mondo e ovviamente i tanti curiosi e fan che per giorni e giorni (non importa se piove!) popolano i bordi del red carpet senza muoversi neanche per sogno, dando l’impressione di vivere perennemente in una realtà di celluloide.
Andiamo con ordine (di premiazione): forse il lavoro più duro quest’anno l’hanno fatto i giurati di Orizzonti dato che la qualità della sezione “minore” è stata la più alta di sempre arrischiando addirittura la selezione di film incredibili e sperimentali (oltre che bellissimi) come il basco Zumiriki (scritto, diretto, girato, editato, montato e soprattutto creato e impersonato a partire da un’esperienza di eremitaggio dell’autore Oskar Alegria che firma pure il sound design insolito ed impeccabile).
Miglior film è l’ucraino Atlantis, che è frutto di un’esperienza simile: il regista Valentyn Vasyanovych è anche l’autore, l’attore principale il montatore, il direttore della fotografia ed il produttore oltre che il sound designer. E il film – che parla di un’improbabile fine della guerra con la Russia (che indisturbata, ricordiamo, ha invaso il Donbass ed ancora uccide sebbene il mondo pare abbia dimenticato) nel 2025 – racconta di una società distrutta dove, in mezzo ai cadaveri (non è qualcosa di figurato, è vero: è la storia di due becchini non-profit) nasce a fatica l’amore. Immagini mozzafiato, idee di fotografia e di editing gigantesche e una storia, semplice per quanto molto efficace, al top!
L’avevo perso, Atlantis, e sono andata a vederlo dopo la premiazione. Sebbene avessi i miei preferiti in questa sezione (tutti premiati, come leggerete tra poco con altri premi), concordo con la scelta della giuria.
Ho avuto la fortuna di vedere il film accanto ad una donna ucraina che parlava perfettamente inglese ed italiano. Ha esordito dicendomi che noi ignoriamo la portata di questo conflitto e nessuno ne parla più; io da parte mia le ho detto che almeno per quanto mi riguarda non è così e cerco di seguire come posso da altra stampa, ma le ho anche detto che oggi sono più le guerre che non fanno notizia che quelle che la fanno (e che le miserie a cui siamo soggetti sono tante). Durante il film ha pianto molte volte cercando di essere discreta e non disturbare, soprattutto nella scena d’amore quando sembrava non riuscire ad arrestarsi e stava davvero male. Allora l’ho abbracciata forte. Dopo che si è calmata, mi ha ringraziata, mi preso la mano e abbiamo guardato il film insieme così. Il cinema, per parafrasare un billboard pubblicitario che campeggiava al Lido, ha un’enorme responsabilità sociale.
Meno condivisibile (almeno dal mio punto di vista) il premio come migliore regia a Blanco En Blanco di Théo Court, mentre necessari i due premi ai migliori attori di Orizzonti, segnatamente vinti dall’ottima Marta Nieto nel film Madre di Rodrigo Sorogoyen e dallo straordinario Sami Bouajila nel film Bik Eneich – Un Fils di Mehdi M. Barsaoui. Entrambi, speriamo, usciranno anche in Italia.
Ottimamente salutato dal numeroso pubblico che assiste alle premiazioni dai maxischermo montati ai piedi del Red Carpet, il premio speciale dato a Verdict, del giovanissimo regista filippino (anche autore e produttore) Raymund Ribay Gutierrez, mentre premiata come migliore sceneggiatura Jessica Palud, con Philippe Lioret, Diastème per Revenir (di cui Palud è anche regista: la storia è liberamente tratta dal romanzo di Serge Joncour « L’amour sans le faire », Editions Flammarion).
Miglior corto a Orizzonti è andato al pachistano Darling di Saim Sadiq e Venice Short Film Nominationn for the European Film Award è andato al portoghese Dogs Barking at Birds di Leonor Teles.
Leone d’oro – per molti scontato, per molti un affronto – è andato a Joker e il premio speciale della Giuria, come io e tutti speravamo, a La mafia non è più quella di una volta di Franco Maresco (di cui vi avevamo entusiasticamente parlato qui). Il regista siciliano non ha ritirato il premio, così come non l’ha ritirato Roy Andersson (lui per un problema all’anca, Maresco perché non riesce a salire su un palco e molti dicono non stia neanche tanto bene), Leone d’Argento per il meraviglioso OM DET OÄNDLIGA (About Endlessness).
Gli attori premiati coincidono ampiamente con i leak della vigilia: Coppa Volpi ad Ariane Ascaride (Gloria Mundi di Robert Guédiguian, co-produzione italiana) e a Luca Marinelli per Martin Eden di Pietro Marcello. Entrambi gli attori hanno arrischiato un discorso molto politico – come credo estremamente politico sia stato il verdetto di tutte le giurie dando risalto a film importanti ed utili per conoscere fatti e misfatti del nostro tempo.
Ascaride ha detto che lei viene da una famiglia povera di immigrati italiani che per scappare dalla fame sono andati via dal loro paese approdando con tanta fortuna a Marsiglia. Essere portatori di più culture è un bene, un plus pertanto lei, visibilmente commossa e in italiano, dedica questa coppa a tutti quelli che non ce l’hanno fatta e giacciono nel fondo del Mediterraneo.
Marinelli va oltre.
In un discorso accorato dove ha cercato in ogni momento di vincere la commozione, ha detto (tenendosi stretta la Coppa giocando sul fatto che dopo questo discorso magari potevano portargliela via…) che gli attori hanno un ruolo importante: ‘Devo questo premio anche a Jack London, che ha creato la figura di Martin Eden, un marinaio. E perciò dedico questo premio a coloro che sono in mare a salvare altri esseri umani che fuggono e che ci evitano di fare una figura pessima con il prossimo. Viva l’umanità e viva l’amore’. Questa dedica, casomai gli spettatori non se ne fossero già accorti, rivela il grande messaggio politico che il film porta con sé anche se non lo nomina mai (Pietro Marcello’s style!).
Nonostante la Martel, presidente di Giuria, odiasse il fatto lui fosse presente con un lavoro nuovo, Roman Polanski si aggiudica il Gran Premio della Giuria con J’accuse e Yonfan (protagonista di un accorato discorso sullo stato di Hong-Kong e delle rivolte in occasione della premiazione) è il migliore sceneggiatore per N.7 Cherry Lane (Ji Yuan Tau Qi Hao) che di bello aveva solo la sceneggiatura (e che per i fan dell’animazione è stato un must).
Come avevamo previsto, Toby Wallace di Babyteeth vince il premio Mastroianni come giovane attore emergente. Oltre che ringraziare la sua giovane partner nella pellicola, ci stimola a conoscere meglio i film australiani nel suo emozionantissimo discorso di ricezione del premio.
Leone del Futuro (premio Venezia Opera Prima) a You Will Die at 20 di Amjad Abu Alala (Sudan, Francia, Egitto, Germania, Norvegia, Qatar).
Io amo seguire la diretta della premiazione in strada e non in sala stampa: non importa se piova o se sia caldo, lì si ha il polso della situazione. Ho quindi registrato un’unica nota stonata, che spesso è stata bisbigliata da vari fan assiepati ai lati del maxischermo: la mancanza di un premio o una menzione al ceco The Painted Bird. Che sfortunatamente, aggiungo io, non vedremo mai in Italia perché un film così non trova posto nella nostra asfittica distribuzione.
Non resta che augurarvi ed augurarci ‘arrivederci’ a #Venezia77, stessa spiaggia stesso mare. Speriamo (scettici come Franco Maresco) in un mondo che ci permetta di affrontare anche altri temi e non solo stermini e sopraffazioni, distruzione del pianeta e razzismo, violenza domestica e sui bambini.