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La Smart Home spiegata come le scatolette di tonno

Per te che la domotica fa rima con sternocleidomastoideo c'è Samsung Smart Home a farti da dizionario

Scritto da Giovanna Riccomi il 24 maggio 2022
Aggiornato il 6 giugno 2022

La mia prima volta con la domotica è valsa come la mia prima bocciatura. A chiedermi cosa pensassi della domotica è stato un signore giapponese, quando io ero arrivata a Edimburgo per prendermi una certificazione linguistica, e nulla: quell’esame orale non l’ho superato.

La domotica rimaneva per me una materia grigia rarefatta, fatta di cose astratte che nel mio cranio si posiziona – insieme all’astrofisica, i buchi neri e il processo fatto di scambi energetici che dovrebbe far accendere il phon – nelle cose di cui prendere atto ma lasciare comunque dignitosamente nell’incompreso. Qualcosa di estremamente distante, una smart city autosufficiente in quel di Fujisawa, a qualche decina di chilometri da Tokyo, roba che davvero si vede giusto in tv o applicata a qualche set cinematografico di Matrixiana memoria. E no, io sono sempre stata per la vicinanza, la spesa continuo a farla on site e se devo fare asporto rimango volentieri quei quaranta minuti fuori dal locale per mangiarmi una pizza fredda.

All’epoca, l’entrata della tecnologia nella vita di tutti giorni e nelle proprie case passava sotto l’etichetta di “Quarta Rivoluzione Industriale”.

Ho risposto alla domanda del sensei dichiarando con fierezza l’assenza, nella mia umilissima dimora, di tv e forno, ribadendo il mio attaccamento a uno stile di vita primordiale, forse tradizionalista, di quelli che della lettura hanno il culto della pagina da sfogliare e della carta da odorare. Bisogna poi considerare che, all’epoca, l’entrata della tecnologia nella vita di tutti giorni e nelle proprie case passava sotto l’etichetta di “Quarta Rivoluzione Industriale”. Ed è stata la parola rivoluzione a fregarmi. Rivoluzione nella mia testa vuol dire cambiare un pattern pregresso, ripudiare e tradire una serie di attitudini obsolete. Invece, a pensarci bene quella della domotica dovrebbe rientrare sotto la parolina di “evoluzione”. Togliendo l’aut aut del prima vs un dopo, tradizione vs innovazione, si comprende bene come lo sviluppo e l’introduzione di processi automatizzati, di dispositivi volti a favorire un risparmio energetico, altro non è se non un tentativo ben riuscito di continuare a fare tutto quello che si stava facendo, ma meglio.

Ci sono arrivata una volta che ho avuto l’opportunità di vivere da vicino cosa volesse dire avere un frigo a cui parlare nella Smart Home del signor Samsung. Ci ho trovato dentro una tv Qled che abbassa il suo volume da sola per lasciarti rispondere con un tono di voce contenuto alla chiamata in arrivo, e senza dover lottare con i cuscini del divano alla ricerca del telecomando – che tanto non si trova mai. Se mai vi doveste chiedere se oggi ho una tv in casa, la risposta rimane quella: no, e probabilmente continuerò a non averla. Ma se dovessi comprarne una abbandonerei il sacro vincolo del vintage e opterei per una di quelle smart. Perché non è male per niente avere una SmartTv che quando qualcuno suona alla porta ti avvisa e riporta, direttamente sullo schermo, il volto di chi osa citofonare quando è uscita la nuova stagione di Stranger Things. E puoi pure aprire la porta senza alzarti. Tutto sta nel far avvicinare e dialogare tra loro tutti gli apparecchi: piccoli e grandi elettrodomestici, prese, sensori di movimento, sensori di umidità, telecamere di sorveglianza, insomma, la qualunque.

Niente di paranormale, questa è la domotica pensata da Samsung e tradotta da me all’interno di scatolette di tonno che sono davvero alla portata di tutti. Semplificazione e personalizzazione estrema. La spesa la continuo a fare al supermercato, giusto per dire che in ogni caso rimango reticente a quel via vai di furgoncini gialli o verdi e casse d’acqua trasportate a blocchi di 100 lasciate fuori dalla porta dopo aver volato per infinite rampe di scale. Eppure in casa Samsung ho trovato un amico smart, Bixby che vorrei tanto introdurre come mio fedele compagno di spesa. Bixby ti segue nelle corsie del supermercato il venerdì post lavoro, quando ancora non sei tornato a casa e non puoi sapere se la ricotta in frigo sia scaduta o ancora commestibile, e alla domanda che tendenzialmente ci si fa alias “cosa c’è nel frigo”, risponde con un fotogramma dei tuoi ripiani, così puoi finalmente salutare il terzo litro di latte che avevi già e i cinque giorni consecutivi di broccoli ripassati perché sennò “si fanno cattivi”. L’unico dramma sarà dover trovare una nuova scusa a giustificare i quaranta minuti di ritardo all’aperitivo con caio, perché con il Galaxy Smart Tag, che metti ovunque, chiavi comprese, “ho perso il gatto” non regge più.