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Leoncavallo: 50 anni di cultura e impegno sotto sfratto

Come il valore dei luoghi culturali in città diventa più prezioso del diritto di proprietà

Scritto da Cecilia Terenzoni il 17 marzo 2025

Marzo 2025, 50 anni dopo l’occupazione nel quartiere Casoretto di Milano: il centro sociale Leoncavallo (a oggi in via Watteau 7) è sotto sfratto, con il rischio concreto che quei 15mila metri quadri di fabbrica controculturale diventino l’ennesimo spazio strappato alla collettività. Penso che la sensibilizzazione su come Milano si stia trasformando – o di come non sia mai cambiata – vada oggi necessariamente affiancata a un’educazione storica che abbia come soggetti realtà culturali e sociali come questa.

Come indaga Lucia Tozzi nel suo libro L’invenzione di Milano, «L’aspetto più perturbante dell’intero processo è il ruolo giocato dalla finanza, impegnata in una doppia missione: concentrazione della ricchezza attraverso la privatizzazione della città pubblica, dei suoi spazi e delle sue istituzioni sociali e culturali». Ed è proprio la privatizzazione di strutture e collettivi autonomi che uccide il senso politico di autogestione e più in generale del dare vita a spazi pubblici fuori da una logica di profitto, entrando nella dinamica – sempre più stringente – del controllo istituzionale ossessivo.

 

Sono nata e cresciuta a Baggio nel ’94, per poi trasferirmi nella provincia sud di Milano. Il legame con il Leoncavallo, per me, è sempre stato naturale, quasi scontato. Avendo plasmato profondamente il mio modo di vedere Milano, ho sempre considerato lo spazio come parte integrante della mia visione della città, diventando così radicato e familiare da non destare più domande. Le serate, i concerti, le cene e le esperienze in quello spazio mi hanno educata a muovermi in città con rispetto – per gli altri e per gli spazi che la abitano. In quell’ambiente, ho imparato a riconoscere la bellezza e l’importanza delle realtà libere, spontanee, senza dress code né imposizioni estetizzanti. È stato un passaggio fondamentale per capire che la città non è solo quella delle grandi arterie e dei luoghi visibili, ma è anche fatta di spazi che danno voce a chi non trova posto altrove. Quando ho sentito che la minaccia di sfratto stava diventando reale, ho deciso di tornare proprio in quel quartiere in cui negli anni Settanta impegno culturale e politico pulsavano: a Casoretto. Lì ho incontrato César Brie: attore e regista teatrale, drammaturgo argentino che ha vissuto il pieno di una Milano autogestita, libera nel generare molteplici forme di espressione, artistiche e militanti.

César arriva in Italia nel 1974 con il gruppo teatrale “Comuna Baires”, costretto ad autoesiliarsi a causa delle persecuzioni da parte dalla Tripla A (Alleanza Anticomunista Argentina). Nel 1975, dopo una prima fase itinerante, si stabilisce a Milano. In parallelo all’Isolauno tra i primi centri sociali d’Italia occupato, in quanto ex asilo di suore sgomberato e rimasto in disuso – César inizia a frequentare anche il Leoncavallo, occupato proprio in quell’anno. Isola all’epoca era un quartiere di resistenza operaia, ma che già allora vedeva i primissimi fenomeni di speculazione, fino ad arrivare ad oggi: un quartiere ormai socio-politicamente sedato e culturalmente inconsolabile.

Il Leoncavallo – e tutti i centri sociali – è nato come parte di un grande fermento giovanile, un bisogno di attività aggregativa nei quartieri di una città che iniziava a spingere in maniera sempre più consistente nelle periferie ciò che fuoriusciva dalla cornice del consumo.

Una dimensione che era una risposta a una città che prioritizzava l’ideologia del “crescismo” e della speculazione edilizia, lasciando dietro sé deserti e rendendo sempre più urgente l’esigenza di spazi di controcultura. L’importanza e il rilievo, anche a livello politico, era tale alla fine degli anni Settanta che l’atteggiamento del Comune e delle istituzioni era quasi negazionista: venne fatto un censimento evidenziando su Milano quattro centri sociali, mentre, in quel periodo, ne esistevano quasi cento. Questo, racconta César, è sintomo del “ciò che non controllo istituzionalmente, non esiste”. Contrariamente alla pubblica opinione di allora, che riduceva queste realtà a meri covi di estremisti, i centri sociali occupati erano di fatto forme autonome ed extraparlamentari di assistenza sociale, spazi di riflessione politica, in grado di promuovere un approccio pedagogico ed inclusivo alla comunità, anche nel loro dare accoglienza ai migranti e nel garantire spazi sicuri per le donne e uomini di quartiere.

 

In conversazione con César emerge il concetto di cultura come “espressione artistica del disagio”. Il disagio, se espresso e canalizzato, è in grado di generare arte, attraverso una vera e propria opera di trasformazione consapevole. Un reale argine allo spaccio, alla violenza, alla noia. Numerosi artisti sono passati attraverso il Leoncavallo: da Dario Fo a band musicali come i CCCP, Officine Swartz, Casino Royale, Wretched fino a Ghemon, Cosmo, Subsonica, Achille Lauro e tanti altri che oggi sono consacrati in cima alle playlist di Spotify. Da questo punto di vista il Leoncavallo è stato una fucina di band emergenti e già affermate, un crocevia di molteplici generi musicali che hanno attraversato le varie decadi, dal punk al rock, passando per la musica elettronica, il reggae, il folk e molto altro.

Durante la sua carriera di regista teatrale, César Brie ha portato in scena all’Elfo Puccini il testo di Roberto Scarpetti Viva l’Italia. Le morti di Fausto e Iaio. Sul palco del teatro vengono rappresentati i fatti di quarant’anni prima, con un’intensità e credibilità che forse solo chi ha attraversato quel periodo storico può narrare e trasmettere ai più giovani. La storia di Fausto e Iaio è necessaria da raccontare e ricordare: vennero uccisi da un gruppo di fascisti, assolti poi per insufficienza di prove. Uccisi per essere due diciottenni che sognavano un futuro migliore in una società equa, senza sfruttamento né oppressione. I due ragazzi, che frequentavano il Leoncavallo, stavano conducendo una ricerca che documentava i rapporti tra lo spaccio di eroina a Milano e l’estrema destra.

Dalla morte di Fausto e Iaio diverse donne – tra cui le madri delle vittime – divennero sempre più parte attiva del Leoncavallo. Prima più informalmente, seguendo e partecipando alle attività, fino a diventare poi un’associazione vera e propria: Le Mamme Antifasciste del Leoncavallo. Il fatto che le mamme si siano inserite nelle vite dei ragazzi, dando supporto ai loro luoghi e alle loro battaglie, è stato un momento cruciale per sedimentare il senso di familiarità che pervade il Leoncavallo, ieri come oggi –  ancora si trovano infatti coetanei e adulti dell’età dei miei genitori. Le Mamme del Leoncavallo sono memoria storica di un modello di fare politica caparbio, resistente e organizzato, in grado di trasmettere quegli stessi valori e un senso di militanza tra generazioni. Impossibile non pensare che la chiusura del Leoncavallo significherebbe la dissoluzione di un luogo educativo, d’impegno politico e sociale, e ricreativo, che ha formato intere generazioni e decenni di pensiero militante e controculturale.

 

César mi saluta incoraggiandomi a «non chiedere mai permesso», a fare quello che desidero nel rispetto del prossimo, a “lottare”. Citando Gramsci mi dice che ci vuole «l’ottimismo della volontà e il pessimismo dell’intelligenza». Non lottiamo perché vinceremo, ma perché non possiamo non lottare. Perderemo forse tutte le battaglie ma alla fine vinceremo una guerra più importante: quella contro noi stessi. Ed è in quest’idea di perdere che risiede il senso della nostra vita. Nel raggiungimento di una consapevolezza, personale, politica e collettiva.

I prossimi appuntamenti del Leoncavallo li trovate sul sito e sulla pagina Instagram. Nel dettaglio, qui i due appuntamenti imminenti che necessitano più che mai di partecipazione: Martedì 18 Marzo in via Mancinelli ci sarà dalle 15:00 la commemorazione di Fausto e Iaio. Mercoledì 19 marzo invece dalle 09:00 in via Watteau 7 ci sarà la giornata antisfratto per difendere e supportare il Leoncavallo – con la presenza di musicisti e musiciste, agricoltori e agricoltrici, collettivi e personalità che hanno attraversato le attività dello spazio in questi decenni.