Vi avevamo parlato di LifeWear Magazine qualche tempo fa, quando la rivista di Uniqlo era approdata in Italia assieme al loro primo store meneghino in piazza Cordusio. Ormai lo sappiamo, sono tanti i brand che si approcciano alla produzione di contenuti scritti e non solo fotografici. Probabilmente perché si riconosce il bisogno di raccontare storie che facciano emozionare, che siano capaci di far viaggiare anche stando fermi, partendo da un oggetto o da una poltrona, e questa è una faccenda che più il tempo scorre più s’evidenzia la sua importanza.
LifeWear Magazine arriva da una tradizione che ha prodotto magazine eccellenti: quella dell’editoria giapponese.
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LifeWear Magazine arriva da una tradizione che ha prodotto magazine eccellenti: quella dell’editoria giapponese. Non è un caso, infatti, che l’editor di sia Takahiro Kinoshita: editor in chief per tanti anni dell’esplosivo POPEYE – magazine leggendario di fashion e cultura – e prima associate editor di BRUTUS, rivista di cultura pop e stili di vita, gemella della prima. Insomma, un po’ per scelte editoriali, per sguardi, compostezza della composizione e attitudine a racconti veloci e incisivi, il magazine di Uniqlo si colloca – e vuole collocarsi – in quel gotha di riviste giapponesi che porta il marchio della popolarità che si fa leggere dagli spiriti leggeri.
Le piacevolezze che transitano e si posano internamente alle case, negli sguardi alla finestra, nel trasporto che può dare cucinare, nel ricordo che un tessuto o una fotografia sollecitano.
Lo scorso numero parlava di quartieri, del vicinato, con l’invito a saper sognare, a saper trovare altri orizzonti nelle cose più prossime, portando il lettore in giro per il mondo ma avendo sempre presente l’impatto del locals, quella confidenza, quella confortevolezza, che è poi propria di quel lifewear che sta alla base dell’immaginario di Uniqlo. Questo secondo numero – anche italiano – parla ancora di prossimità e vicinanza, ma quasi del sottomano più che del sottocasa.
Ci sia avvicina sempre più, e qui si trovano quelle piacevolezze che transitano e si posano internamente alle case, negli sguardi alla finestra, nel trasporto che per esempio la cucina può dare, nel ricordo che un tessuto o una fotografia sollecitano. Si possono sognare altri luoghi, affetti, interessi, e qui il panorama di viaggio è quello della cultura che ha accompagnato Uniqlo attraverso la storia del brand; a New York tra i classici della Grande Mela o sulle spiagge d’Australia assieme alla rivista Frankie e il fashion designer J. W. Anderson, ma sempre considerando il litorale da cui si è salpati, il Giappone; e allora si viaggia per i paesaggi gastronomici, da caffetterie culturali, della celebre Ginza con l’editor e scrittore di Monocle Ben Pert – altra rivista affine –, passando per una Taipei ricca di sapori fino agli artigiani di Tokyo, fluorescenti quanto i loro neon. Il tutto, con interviste a personaggi di spicco della cultura popolare sempre considerandone le provenienze, come Sofia Coppola e Shinigo Kunieda – il campione del mondo di tennis in carrozzina.
È nelle minuzie della vita quotidiana che ci si può ancora riservare il favoloso, il mirabolante.
Di questi tempi stiamo tutti cercando di riscoprire le nostre città. Le strade grandi e piccole che per qualche tempo sono scomparse, e intanto si cercano altri litorali da cui potersi avventurare in luoghi lillipuziani, perché è nelle minuzie della vita quotidiana che ci si può riservare il favoloso, il mirabolante.
Dal fantomatico City boy che guidava la linea editoriale di POPEYE, tutto immerso nel viavai delle metropoli e delle loro ampiezze, eccoci agli inizi di un’altra avventura che nella sua semplicità e confortevolezza, di taglio contenutistico ed estetico, riporta la compostezza e l’eleganza della cultura editoriale giapponese come sguardo, lente con cui imparare a vedere diversamente. LifeWear Magazine (qui l’indice del nuovo numero) è un invito a riscoprirsi nelle piccole pieghe delle cose. Da una finestra, da un oblò, da una pagina, insomma: imparare a guardare lontano pur stando con in ciabatte.