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MANUALE PER STREET ARTISTA

Ma vogliamo ancora chiamarla street art?

Scritto da Bros il 8 marzo 2017
Aggiornato il 27 settembre 2017

Intervento spontaneo di Cyop e Kaf nei quartieri spagnoli di Napoli

Le strade di tutto il mondo si sono riempite di graffiti; chilometri quadrati di superficie dipinta che si estendono dalle città ai piccoli comuni.
Si ha finalmente l’esigenza di decifrare quel linguaggio iniziato a svilupparsi alla fine degli anni 90, creato per comunicare attraverso immagini dei concetti nuovi, di autori anonimi, in contrapposizione a quelli imposti dalla globalizzazione.
Ma mentre stiamo ancora aspettando un’analisi critica di quelle prime manifestazioni, il contesto e le modalità in cui intervenire nello spazio urbano sono cambiati radicalmente.

Ivan - La Pagina E La Grande Poesia Nascosta. performance in piazza del Duomo a Milano nel 2016
Ivan – La Pagina E La Grande Poesia Nascosta. performance in piazza del Duomo a Milano nel 2016

Il risultato è che non è ben chiaro di cosa si parla quando si mette in campo la definizione “street art”. Il rischio è di fare confusione accorpando due modalità di lavorazione antitetiche per necessità e obiettivi. Il pubblico che fino a poco tempo fa era attaccato alla proprietà privata, e quindi lontano dall’idea dei graffiti in generale, oggi è decisamente più pronto a cedere i propri muri per uno scambio equo tra artista-attivista e fruitore. Una possibile causa potrebbe essere la diffusione di nuovi processi di condivisione legati alle numerose possibilità create da internet, un nuovo tipo di community che all’origine dei graffiti non esisteva.
I social network hanno avuto il potere di diffondere, e di far apprezzare, l’estetica di questo linguaggio. Gli stessi attivisti che prima difendevano l’anonimato, oggi diffondono il proprio operato attraverso siti internet e profili Facebook o Instagram personali.

VENEZIA 07//6/07 - WALLS : INSTALLAZIONE ALL'ARSENALE DEGLI ARTISTI DAIM, JR E 108 DURING THE 52SD VENICE ART EXPOSITION @ GRAZIANO ARICI ARTE ARTISTI BIENNALE
VENEZIA 07//6/07 – WALLS : INSTALLAZIONE ALL’ARSENALE DEGLI ARTISTI DAIM, JR E 108 DURING THE 52SD VENICE ART EXPOSITION @ GRAZIANO ARICI ARTE ARTISTI BIENNALE

Le istituzioni, in questo nuovo scenario, da un lato inaspriscono pene con multe proibitive o nelle peggiori delle ipotesi arrivano alla reclusione, dall’altro, forse forti dell’apprezzamento dell’opinione pubblica, cercano di far propria questa forma di espressione attraverso la concessione di spazi, per la maggior parte periferici.
Oggi un neo-attivista che vuole lasciare un intervento sul tessuto urbano può percorrere due strade: la prima è quella di ottenere una parete grazie ad un’azione di forza, appropriandosene attraverso una pittura non autorizzata, diventata forse ormai anacronistica; la seconda è chiedere i permessi.
Nascono cosi progetti patrocinati dalle amministrazioni comunali, spesso gestiti da un collettivo di organizzatori/curatori che operano ad una selezione di artisti.
L’artista di strada non sceglie più il muro su cui andare ad intervenire, ma gli viene assegnata una posizione precedentemente accordata dall’istituzione che ospita il progetto. Interviene su quella parete applicando soluzioni formali già sperimentate in altri contesti, perché gli viene richiesto di lavorare su un territorio non familiare o di cui non ha un’esperienza approfondita; trasformando quello che è sempre stato un intervento sito-specifico e diluito nel contesto urbano in un grande quadro che potrebbe abbellire un qualsiasi palazzo.
Questo atteggiamento rischia di trasformare l’artista in un decoratore, e il murales in elemento architettonico utile a risolvere il degrado delle periferie frutto di lacune amministrative.

Sten - Lex. Poster temporaneo su parete nel quartiere Garbatella a Roma. 2010
Sten – Lex. Poster temporaneo su parete nel quartiere Garbatella a Roma. 2010

Se mentre 20 anni fa non si poteva parlare di street art senza soffermarsi sulla sua peculiarità di conquista degli spazi, sulle sue ragioni politiche intrinseche e sulla nesessità degli artisti di esprimersi nei luoghi che essi stessi frequentavano, oggi queste caratteristiche non rappresentano più il nuovo modo di lavorare con le immagini in strada.
Si può parlare quindi ancora di street art o forse è necessario un nuovo termine? C’è chi è stato in grado di trovare una coerenza tra le nuove modalità operative e le prime: Esistono, ad esempio, progetti che attraverso interventi temporanei sono riusciti a restituire l’idea effimera del graffito; come la prima edizione dell’Outdoor festival (2010), che è intervenuta nel quartiere Garbatella di Roma, invitando attivisti che operano attraverso le tecniche dell’affissione di poster sul muro. Quando la carta del poster si è deteriorata, gli abitanti sono rimasti orfani di quell’immagine che aveva cambiato la fisionomia del loro quartiere e hanno riflettuto sull’importanza e la bellezza dell’operazione.
Oppure il Fame festival che ha trasformato le strade di Grottaglie, piccola cittadina pugliese, in un laboratorio per attivisti. L’organizzatore in questo caso ospita gli artisti di strada chiedendogli di entrare in simbiosi con il luogo e di esprimersi liberamente, cercando di ottenere il consenso popolare eludendo così la richiesta di permessi alle amministrazioni comunali. Riuscendo a riproporre il dialogo puro, e senza mediazioni, tra artista-attivista e fruitore.
In parallelo a questi “Festival di street art” numerose gallerie e musei d’arte hanno mostrato temporaneamente l’operato di alcuni autori, chiamandoli a realizzare installazioni nelle loro sedi espositive. Elevando così la figura dell’attivista ad artista, e permettendo al pubblico di avere un’esperienza visiva parallela a quella pura e rivoluzionaria che si riversa nelle strade in modo estemporaneo.
L’importanza di queste operazioni sta nel restituire una storicizzazione a tutto il periodo di clandestinità, e la valorizzazione del suo apporto artisto-culturale.
La Fondazione Prada nel 2002 realizza la prima mostra italiana dedicata alla street art invitando Berry McGee, un famoso graffitista californiano già attivo negli anni 80. La fondazione Bevilacqua La Masa durante la Biennale di Venezia del 2007 invitò tra gli altri l’Italiano 108, oppure il MacRo di Roma nel 2012 realizzò Urban Arena con tre interventi di street artist italiani.
Il dibattito sulla street art in Italia tuttavia non ancora ha raggiunto una rilevanza culturale pari a quella attribuitagli negli Stati Uniti e Nord Europa.
Il risultato di questa attesa analisi restituirebbe un riconoscimento adeguato agli interventi eccellenti realizzati fino ad oggi, donerebbe al cittadino gli strumenti per riconoscerli e salvaguardarli dal loro snaturamento e potrebbe liberare le nuove pratiche di strada da etichette che non le appartengono.

Bros. Collage di pellicole traslucide applicate su vetro al MACro di Roma realizzato per la mostra Urban Arena del 2012. Ph. P.Porto
Bros. Collage di pellicole traslucide applicate su vetro al MACro di Roma realizzato per la mostra Urban Arena del 2012. Ph. P.Porto