È uno dei pani più buoni che abbia mai assaggiato in vita mia. È la prima cosa che ho pensato al ristorante Sant’Ambrogio di Sharif, un uomo gentile e riservato che gestisce il locale da ventitré anni insieme alla famiglia e a un piccolo gruppo di collaboratori fidati.
Il pane aveva un rassicurante profumo di forno, un pizzico di sale, ed era lievitato alla perfezione. Ad ogni crack della crosta seguiva una mollica leggera che raccoglieva il sugo della pasta alla diavola che avevo ordinato, mentre avventori della zona, lavoratori e amici ridevano, chiacchieravano e si godevano l’ambiente rilassato della pizzeria. Un televisore mandava il telegiornale con le notizie del giorno e le piante adornavano gli angoli del ristorante – un’ambientazione quasi domestica che mi ha subito messo a mio agio. La pizza a seguire (sì ho preso sia pasta che pizza) era della stessa pasta (gioco di parole voluto): profumata, croccante ma friabile, gustosa ma leggera.
Sharif è parte di una nutrita comunità di esperti pizzaioli arrivati dall’Egitto che, nel corso di quattro decenni e più, ha silenziosamente ridisegnato la mappa gastronomica di Milano. «Ho resistito alla pandemia, ai lavori della metropolitana e all’inflazione», mi spiega l’oste, contento di avere una clientela che lo segue da anni e che mangia il cibo dei suoi cuochi – cibo che l’uomo riesce a mantenere a prezzi popolari.
Il nostro popolo fratello del Nilo panifica da oltre cinquemila anni, molto prima che nel Belpaese qualcuno pensasse di stendere un impasto rotondo e cospargerlo di pomodoro e formaggio.
La presenza della comunità egiziana in città è radicata e capillare: forni, ristoranti di quartiere e banchi della carne nei mercati sono luoghi in cui intere generazioni hanno costruito una vita attorno al mestiere più riconoscibile d’Italia: la pizza. Proprio questo baluardo dell’italianità è diventato un linguaggio internazionale che parla tutte le lingue del mondo e che ha particolarmente funzionato con la comunità egiziana.
Avete letto bene: alcune delle migliori pizze della città non nascono da mani italiane, ma da forni egiziani. E in fondo non c’è nulla di sorprendente: il nostro popolo fratello del Nilo panifica da oltre cinquemila anni, molto prima che nel Belpaese qualcuno pensasse di stendere un impasto rotondo e cospargerlo di pomodoro e formaggio. Proprio per questo, potrà sembrare un’eresia gastronomica, ma molte pizzerie di quartiere gestite da cuochi egiziani battono a mani basse le versioni “gourmet” tanto in voga a Milano. Lì dove la moda rincorre l’effetto wow, loro invece servono soltanto una pizza – non mi viene in mente un altro termine che calzi meglio – tremendamente buona.
Non è solo questione di qualità: queste pizzerie riescono anche a mantenere prezzi accessibili. Una combinazione che a Milano molti sembrano aver dimenticato possa esistere, ma che uomini come Sharif, suo fratello Visa, o Hassan – gran visir della scena milanese – continuano a tenere viva. In questa mia avventura milanese ho scoperto pizze straordinarie, servite senza spocchia e senza fronzoli. Ma soprattutto ho incontrato persone che mi hanno accolto a braccia aperte — chef, madri e padri di famiglia, imprenditori, personale di sala — che mi hanno raccontato la loro Milano e la loro storia. E che ora vorrei, almeno un po’, condividere con voi.
Il Moro 2 – Hassan è un uomo elegante e raffinato che da 40 anni gestisce questa icona della ristorazione tra California e Coni Zugna, sfamando orde di Milanesi con una pizza leggerissima fatta con la pasta madre. La mia Margherita era friabile, saporita e profumata, e il ristorante era gestito in maniera amichevole dal personale simpatico. Teste di sfingi mi guardavano imperscrutabili facendomi interrogare sull’esistenza della realtà, tecnicamente provata dalla bontà della mia pizza. Mangio dunque sono.
Ristorante Sant’Ambrogio – l locale di Sharif è un rifugio dai prezzi contenuti, dove probabilmente mangerete uno dei pani più buoni di Milano. Il personale è disponibile e la mia pasta era cotta al dente e ben condita. Menzione speciale ai quadri appesi volutamente obliqui: un tocco dada.
Foppa 16 – Il fratello di Sharif, Visa, ha aperto tre anni fa una propria pizzeria, sempre in via Foppa, che conduce insieme alla famiglia. La mia piazza, come nel caso di quella del fratello, riusciva a non sacrificare il gusto pur rimanendo fresca e friabile. Il menu offre anche un’ampia scelta di pasta, carni e pesce.
Pizza Island by Gayed Malak – Grosse mani impolverate di farina cuociono una pizza croccante. La mia — tonno e olive, 7 euro — mi ha soddisfatto senza appesantirmi. Gayed, gentile e sorridente, si è lasciato fotografare per questa piccola guida con la gentilezza di chi sa che la sua pizza parla da sé.
Mari e Monti – Aperto di recente, questo ristorante giovane e dinamico accoglie molti avventori nel suo grande salone dalle ampie finestre. Un ricco menù che prevede sia pizze che, come dice il nome, piatti di carne e di pesce. Alcune ricette della tradizione egiziana incluse, perché, a differenza della vecchia scuola, ora i ristoranti sperimentano anche con ricette del Nilo e con pizze che strizzano l’occhio alla tradizione nord africana.
Casa Nostra – Proprio vicino alla rotonda di Corvetto. Ahmed gestisce una pizzeria simpatica con pizze buone a prezzi onesti. Come spesso capita nei ristoranti più giovani, è possibile assaggiare una selezione di ricette egiziane – come falafel e altre delizie locali.
Ristorante Pizzeria San Marco – Un ambiente caldo, familiare e pieno di clienti, il ristorante San Marco in via Stendhal è un’istituzione di zona Solari da alcuni decenni. La formula pranzo che parte da 8 euro è un piacere per la gola e il portafoglio e le mie orecchiette alle cime di rapa erano casalinghe e gustose. Pizza croccante e friabile nella migliore tradizione egiziano/milanese.












