Ad could not be loaded.

Cigno nero autoctono

Un racconto della serie di ZERO 'Propagine. Storie del contagio'

Scritto da Andrea Maffi il 20 febbraio 2020
Aggiornato il 27 marzo 2020

Illustrazione di Roberto Alfano

Mi vedo da fuori, tipo in cartone; mentre la bacio, il volto della mia bibi si riflette nei miei Drew rosa nuovi di pacca e tutto intorno a me si ordina bellissimo, manco fosse Cupido ad aver fatto la post di ‘sto selfie.

Intanto Sfera e la Dark, Side incluso, si avvicinano al mio orecchio alla angelo custode e mi swaggano ‘ste barre:

“Ama la tua bitch, stupida bitch,
abbandonati a ‘sto amore
che del miele ha sapore
prima del sale, di parole nuove.”

Minchia troppo serio ‘sto pezzo fra, anche se boh, ultimamente ascolto th3 Supreme perché Sfera e la Gang un po’ stanno addosso.

Seguo il consiglio e mi abbandono a ‘sto limone a mulinello che ho sedici anni e un durello del tipo che queste mutande dopo vanno dritte a lavare, e tra qualche mese a mio drepa finisce il contratto in logistica; solito, in disoccupa mi aspetterà a casa per smezzarci una Morra mentre ci spacchiamo un piatto di pasta di nonna, che i weekend li passo da mà e dal tipo troppo bufu mentre waito soltanto che arrivino i lunedì.

Mentre le mani scendono sul culo caldo della mia bibi mi sento leggero come un paio di Jordan, e mi faccio cantare una ninna nanna dal ventre basso di ‘sta Pianura Padana depressa.

Assurda ‘sta roba, fra; mi sento lo stomaco che va su come quando l’aereo per la gita a Vienna è decollato da Orio, troppo serio.

Mi stacco, tossisco e cerco il lighter, che il bolas che ho swishato prima è morto tipo XXXTentacion in una sparatoria in Florida. Appizzo la bomba e lo sguardo parte dalla mia bibi, bella per me bella pe’ tutti, per poi telare verso lo spiazzo della Cattedrale Vegetale scomparsa e perdersi nei campi, che a quest’ora sono troppo seri perché non c’è in giro un cristiano manco a pagarlo. Quattro del pome e ‘sto sole: ‘sta solitudine è una manna, e io mi sento felice ma fragile, tipo primino asmatico babbo al primo giorno di agraria.

Ed è allora che la vedo.

Un po’ di tempo fa io e il mio fra tutti fusi ci avevamo fatto una storia su Insta che aveva fatto un botto di insight, ma serio ti dico che stavamo smongolando per pigliare per il culo, e infatti un botto di reaction prese male manco avevamo detto alla gente che avevano la drema puttana.

Cazzo dite, babbi di minchia, ma ce la fate, eccetera, eccetera.

Sì, ma cazzo ne sai che non esiste?
Le hai controllate tutte una per una, per caso?
E se poi tipo ne nasce una? Chi è che aveva ragione?
Tu o io?
Stay silent bufu della minchia.

E infatti zio eccola lì: come una Dea strana, un po’ castoro un po’ airone, dal fosso esce una pantegana bianca troppo giga che si scrolla di dosso l’acqua di roggia e ci fissa dritto negli occhi tipo Oh Zio, cazzo guardi?

Da dentro mi viene da ridere e muovendo le labbra quasi invisibile faccio Adesso chi è il babbo di minchia?

Ma è solo un sec, e io e la mia bibi facciamo Scusaaaaaaaaaaaaa in sync e in due facciamo per prendere gli iPhone, ma random ci stoppiamo mentre tutto attorno a noi si ferma, e io improvviso sento il peso di questo vuoto più vuoto del vuoto, che si riempie di storie nuove, pese, grevi, tipo che l’incubo peggiore della mia vita cioè levati proprio.

Mentre lo sguardo della pantegana non si abbassa e ci fissa io non so perché continuo a tremare dentro come un bufu di minchia, e i secondi si accartocciano male e fanno un suono piano ma forte, tipo tobacco delle siga che mi fumo solo nell’aula vuota dell’ora di Non religione.

Alla fine in zero due la nutria se la tela nel fosso e scompare, una palla bianca che esce dalla nostra visuale a tot metri di distanza.

Io e la bibi ci guardiamo strano e mi accorgo che una mano ce l’ho ancora sul culo.

Super akward per un attimo, pigliamo le robe tipo zaino e ci alziamo per andarcene.

Minchia che fail.

La bazza che mi ero inventato per beccarci era tipo studiare italiano, che la bibi è la migliore della classe e io invece sega assoluta anche se tutti dicono Troppo serio la poesia è proprio come la trap, quindi studia easy. Ma fatto sta che fatto sto, come dice sempre il Parzo quando sta tutto fuso.

È giove, 20 febbraio, ho una tosse di merda da tipo tre giorni e dopo ‘sta storia pacco di Boccaccio ancora non so un cazzo.

Ma entonse cazzomene zì: domani esce il nuovo di Ghali.

SKEREEEEEE.

Lodi, 20 febbraio 2020