Milano è una città difficile da percorrere a cavalcioni sulla bicicletta. In una decina di anni le piste ciclabili sono aumentate esponenzialmente, ma i percorsi destinati ai mezzi sostenibili più longevi risultano ancora fallati dalla poca accortezza con cui sono stati ideati: spesso infatti le vie risultano strette, a ridosso delle fermate dei mezzi di superficie e realizzate con materiali non drenanti – causa di numerosi scivoloni specie sotto la pioggia battente.
A questo proposito da qualche settimana è iniziata la “stagione dei monsoni”, diciamo pure che i mesi dell’autunno e dell’inverno meneghino non sono propizi per pedalare. Bastano infatti due gocce d’acqua affinché numerosi lavoratori si vedano costretti a lasciare la bicicletta legata nel cortile della propria abitazione. I più temerari, muniti di mantella e pantaloni impermeabili, corrono il rischio di scivolare lungo i binari del tram (che comunque costituiscono un ostacolo anche il 26 di luglio) e si accollano attraversamenti coraggiosi da nord a sud e viceversa, sotto acquazzoni appunto e su strade trafficatissime. Lodevole. Chi invece non ama pedalare col culo bagnato, o più semplicemente è insicuro, è costretto a tirare fuori le ormai dimenticate chiavi della macchina dal cassetto delle carabattole o – tanto meglio per l’ambiente – a salire sui mezzi pubblici. Tuttavia, per uno abituato ad andare in bici, non è mica semplice riorganizzare i propri spostamenti fra autobus e metropolitana! Moovit alla mano, i minuti di attesa e gli orari sono facilmente consultabili. Meno prevedibile invece l’affollamento della 90/91 la mattina fra le 7:45 e le 9:30 – spesso tanto imballata da dover rinunciare a salire e attendere pazientemente il bus successivo. Comunque, a parte i mezzi gremiti di persone stipate l’una sull’altra – che non si capisce se la mano di quello dietro sia lì a causa del poco spazio o per puro piacere -, usufruire dei mezzi pubblici dal 15 luglio 2019 non è conveniente per chi non ha l’abbonamento.
Era quello che si desiderava ottenere dopo tutto. L’intera campagna che ha portato all’aumento del biglietto ATM da 1,50 a 2,00 euro si è raccontata come una mossa doverosa per “tassare” – che poi di questo si tratta – gli usufruenti saltuari, meglio identificati come “turisti”. Questa definizione ha tagliato fuori una grande fetta di cittadini che hanno sempre preferito la mobilità sostenibile a qualsivoglia mezzo motorizzato, senza doversi abbonare, non avendone la necessità, ai trasporti pubblici. In questo periodo, anche se la bicicletta c’è, i ciclisti milanesi che non se la sentono di pedalare alla mercè delle nuvole autunnali sono costretti a pagare un biglietto che negli ultimi sei mesi è aumentato di un terzo.
Sorprende come una città che si schiera accanto a Greta Thunberg e che da agosto si è vista addobbata di cartelli “Milano ama la bici” non abbia ancora attivato agevolazioni per quei giorni grigi in cui la bicicletta è più comodo non usarla
Ora, senza perdersi nel perché e per come ATM abbia scelto di andare nella direzione del rincaro, sorprende tuttavia come una città che si schiera accanto a Greta Thunberg e che da agosto si è vista addobbata di cartelli “Milano ama la bici” (banneroni pubblicitari led nel quartiere del design di via Tortona e nei pressi delle numerose postazioni di bike sharing) non abbia ancora attivato agevolazioni per quei giorni grigi in cui la bicicletta è più comodo non usarla. In una città dove il rincaro si è imposto come unica alternativa al miglioramento del servizio dei trasporti pubblici, con un’ombra poco nota circa la privatizzazione del servizio, non si dispone ancora di vantaggi per chi concretamente sceglie la mobilità sostenibile per raggiungere il luogo di lavoro, l’università o la palestra. Non è improprio che i milanesi che tendenzialmente pedalano e non emettono CO2 vengano “tassati” tanto quanto i turisti? È eticamente giusto che il rincaro del biglietto lo subiscano anche quelli che evitano di inquinare?
Una soluzione potrebbe essere “premiare” i cittadini virtuosi con biglietti a prezzi vantaggiosi – e visti i numerosi progressi tecnologici non dovrebbe essere difficile distinguere il passo di una bicicletta da qualsiasi altra velocità. Ci si augura che Milano, città all’avanguardia, si ispiri alle innovative politiche ambientali di alcune città europee. Che tedeschi e olandesi vadano in bici anche con la pioggia è vero, ma per esempio Colonia ha piste ciclabili sicure, leggermente rialzate rispetto all’asfalto battuto dalle ruote delle auto: le biciclette sono veramente protette dal traffico. Per non parlare della situazione propizia che riguarda i Paesi Bassi – noti in tutto il mondo per avvantaggiare e favorire il traffico alle biciclette più che alle auto. Se parlare di vantaggi sul prezzo del biglietto possa sembrare ingiusto, allora che si guardi alla Francia, al Belgio, al Lussemburgo – stati che da più di cinque anni hanno pensato e attuato favoritismi positivi nei confronti di chi pedala verso l’ufficio, prevedendo incentivi in denaro. Non che in Italia il trend non sia partito. Prima Massarosa, il piccolo comune di Lucca, poi Bari e anche il Trentino tutto hanno già avviato da anni esperimenti in questo senso. Milano se l’è giocata mano nella mano con Torino, volendo avviare un progetto congiunto ideato dal Politecnico di Milano. E la città sabauda, un mese fa circa, ce l’ha fatta per davvero – per cui i cittadini che usano la bicicletta ricevono/riceveranno un bonifico a fine mese con un rimborso chilometrico di 0,25 cents, sul modello delle città francesi. Ci aspettiamo che prima o poi ce la faccia anche Milano, città all’avanguardia. Ma fino a quando non smette di piovere, la bicicletta della città non pedala al riparo.
Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-12-16