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Siamo le ragazze

Rime, freddure e giochi di parole per uno styling concettuale delle Ragazze di Porta Venezia

quartiere Porta-Venezia

Scritto da Francesco Tola il 24 giugno 2021
Aggiornato il 8 luglio 2021

Foto di Pia Op

Penso a Porta Venezia e visualizzo colori. Primo, il rosso, quello della M1. Sappiamo che è una linea rossa incrociata da Buenos Aires, tra uno spritz Campari e un tacco Valentino, fashion communist e spettri cromatici si aggirano per stare vicini. Cambia lo spettro, c’è Porta Venezia a infrarossi. Porta Venezia in bianco e nero. C’è l’arcobaleno, a Porta Venezia. Ci arrivi dal Duomo, da Loreto e da Nolo. Malpensa, Saronno, Lodi. Stazione Centrale. E respira. Porta Venezia respira e il suo alito si disperde. Ispira gli aliti del Cosmo. E ci sono le ragazze. Siamo le ragazze che debordano, ci piace l’aperitivo e la passerella, chiacchiericcio e discussione. Siamo false e famose, sciocche e riottose. Ho amichə appassionatə e disoccupatə, altrə indolenti e superbusy. Quello che non manca sono i sorrisi. I pianti e i lamenti, cinema o streaming? La domenica e il lunedì, pomeriggio, mattina e sera. E la selva. La selva dei Giardini che ci include e ci separa. Corsetta, birdwatching al bar Bianco. Bianco di cosa? 

Per M¥SS KETA Le Ragazze di Porta Venezia è un concetto, state of mind, sei di Calvairate o di Andria. Sei di Porta Venezia: anticoloniale, sporco di capitale, antipatriarcale. Fratelli d’Italia a Lima, la biblioteca Venezia, la libreria popolare, il Love, la ramificazione e Benedetto Marcello, il Red, poi a casa. A casa a Rozzano o a Piazza Tricolore. La linea del colore, dei colori. Esonda, è sempre in piena. Reticolare. Passiva e attiva. Porta Venezia è ultra aggettivata. Qualificata. Ha una carica utopica di una certa intensità. Come posso dire, io ne parlo ma non ci abito. Ci passo, ci piazzo, attraverso. Le strisce. 

First pride was a riot.  

Le ragazze di Porta Venezia le puoi incontrare ovunque ci sia una dichiarazione d’indipendenza, un’affermazione di personalità. Si diffondono nell’atmosfera come in una guerra batteriologica, travolgendo con le loro estetiche gli immaginari fossili e duri di patriarcati millenari. Le loro armi sono pop, ma di un pop imbevuto nelle controculture e rigurgitato in processi di semiosi osmotici.  Le ragazze di Porta Venezia sono magnetiche, hanno due poli. Tra loro si attraggono e si respingono. Non si va mai a capo. Vogliono tutto ma poi se ne stufano e vogliono un altro tutto.

Still – Le Ragazze di Porta Venezia

Siamo molto stanchə. Di stare a Milano, di stare in città, vogliamo andare in vacanza su un atollo ma adoriamo l’alba alle 5 di mattina, quando il sole sorge e viale Tunisia taglia in due il fascio di luce. Ed è lì che avviene la diffrazione. La luce del viale si sparge ovunque nel quartiere e dona dei colori inattesi. Si moltiplicano le diffrazioni, quasi da non poter più contare le onde di luce che si generano e allora che bisogno c’è di contarle? Stufə di contare in Porta Venezia. Catalogazioni e tassonomie ottocentesche non ci servono. Tuttə uguali. Tuttə diversə. Forse delle tassonomie ci servono, sì, quelle belle illustrazioni di piante in tutti i loro dettagli. Da esporre al Museo Civico di Storia Naturale, ai Giardini di Porta Venezia. Vorremmo posare al museo, dentro ai diorami con le pezze di Dior scovate al mercato di Benedetto Marcello. Giuriamo di rimanere immobili come statue di cera, altrimenti si rovina trucco e parrucco. Ma non provate a toccarci. First pride was a riot.  

Con onestà intellettuale e sinapsi accelerate si gettano le basi per la rivoluzione che viene, col trucco che cola e la caviglia slogata.

Un’etichetta può essere infinitamente chic. Un marchio che autentichi il valore aureo delle Ragazze di Porta Venezia. Ma non possiamo assumerci questo rischio. Il rischio di una valutazione di mercato che ci esponga agli alti e ai bassi della domanda e dell’offerta. Dalle stelle alle stalle, dalle stalle alle stelle. Il valore non è simbolico, non è di scambio. Siamo noi il valore, e non possiamo farci mettere a valore. Inestimabili. Siamo un patrimonio? No Maria, io esco. Quando la luce si diffrange veniamo al mondo e per noi il mondo inizia qui in Porta Venezia. Il mondo inizia qui durante una discussione animata alle cinque di mattina perché l’after non lo aspettavamo ma ci ha sorpresə questa luce di merda, occhiali a mascherina, colazione al Mc in Piazza Oberdan e le voci si mischiano convulse e nella testa di qualcunə diventano un coro. Ma se le prendi a una a una, quelle voci che esondano di una parlantina irrequieta, hanno tutto da dire. Con onestà intellettuale e sinapsi accelerate si gettano le basi per la rivoluzione che viene, col trucco che cola e la caviglia slogata. 

Quando si fa mezzogiorno però discendiamo, chiudiamo le tapparelle e lasciamo che il sonno ci rigeneri. Quellə che vanno al lavoro con tre ore di sonno e quellə che non hanno un lavoro perché dormire è lavoro. Fino al pomeriggio e la giostra riparte. Picchio, PoP, kebap e sushi. Manca una banca a Porta Venezia. La Banca POPolare di Porta Venezia. Tutte le Ragazze che risparmiano e prestano, a tasso zero. Transculturali, meticce, transgender, transfer di denaro da una Poste Pay all’altra. Porta Venezia che ci sussurra nelle orecchie di aprire i nostri ego e condividerli il tempo di uno spritz. Porta Venezia il profluvio degli ego che si sovrappongono e come piedistalli ci innalzano per guardare il paese da un po’ più in alto.