Ci era già arrivato Peter Greenberg nel 1939 con il saggio Avanguardia e Kitsch; il cui sunto oggi, forse, potrebbe essere parafrasato così: “L’uomo – in senso antropologico – è sia quell’animale che ascolta Sferaebbasta, sia quell’animale che non disdegna il Bauhaus”. A ribadire il concetto, oggi, arriva una Digital Talk in streaming il 16 aprile alle 18.30 sui canali social di Triennale (Instagram e You Tube). Nomi di lustro della scena come Rkomi, Frah Quintale e The Night Skinny entreranno in dialogo con Stefano Boeri, direttore di Triennale Milano, e Lorenza Baroncelli, Direttrice artistica di Triennale Milano. Il tutto sarà moderato da Bianca Felicori, giornalista e ricercatrice indipendente, nonché ideatrice del progetto di “(T)rap & Architecture”. Molt* di voi la conosceranno, forse, indirettamente per la sua pagina di post-mnemonica sull’architettura “Forgotten Architecture”. Un dialogo quindi quello messo in scena da Triennale che si configura sia come interdisciplinare, che come intergenerazionale – e che vuole spingere i limiti del dibattito critico del contemporaneo oltre lo spazio perimetrale del côtè di ciò che è, comunemente, considerato istituzionale.
L’uomo è sia quell’animale che ascolta Sferaebbasta, sia quell’animale che non disdegna il Bauhaus. A ribadire il concetto arriva “(T)rap & Architecture”
L’evento, powered by Adidas, si configura come una riflessione estetica sulla cultura pop e sulle sue conseguenza di quest’ultima nel modo in cui abitiamo le nostre polis; come in un quadro di Giotto, il videoclip diventa oggi una raffigurazione necessaria per rivoluzionare il modo in cui esperiamo la città e i suoi quartieri. Oltre ogni snobbismo intellettuale di sorta, l’approccio della Triennale con il setting-up di agorà postmoderne di questo tipo è quello proprio dei Cultural Studies – un approccio antropocentrico al massimo che fa cadere il confine tra alto e basso, tra atenei e strade; per rigeocalizzare l’umano nel punto di intersezione tra queste due dimensioni che più che opposte, possiamo iniziare a vedere come complementari e perché no, osmotiche. E se oggi l’immaginario di Napoli sta più a Liberato e a Sagg’ Napoli che non a Luciano De Crescenzo e Pino Daniele – lo dobbiamo anche a come questi artist* hanno saputo agire nel campo dell’architettura sulla risemantizzazione del magma visivo della loro città.