Lo ammetto, mi manca la Milano da ballare. Mi manca sfrecciare sul marciapiede con cuffie inserite e sorriso stampato, pensando alla notte che sta prendendo forma. Mi manca sfogliare il calendario degli eventi, sgranare gli occhi e sapere che anche questo weekend la scelta sarà ardua: con tutto questo ben di Dio, dove vado?
Spesso negli anni la risposta è stata il Volt. Certo, tutti viviamo di musica e tutti abbiamo un ventaglio di nottate indimenticabili legate ai locali più disparati (che sia trap, house, disco o tanto altro), ma quando cresci a pane ed elettronica sai che, prima o poi, quel cuore ti riporterà a ondeggiare con certi ritmi. È così che una notte ti trovi in piazza Vetra: la città sta pulsando, c’è un fiume di gente e un brivido ti percorre la schiena. Anche stasera ci sarà una selezione musicale da far invidia al resto del mondo e anche stasera sarai in pista (con amici o in solitaria) a goderti l’avventura in un club intimo, sofisticato, calibrato.
All’entrata ti unisci ai sorrisi collettivi, scendendo sfiori con gli occhi quel neon rosso: quell’unico, semplice elemento che risalta in un mare di tubi vicini ed uguali (grazie Gestalt, grazie Antonioli). Le frequenze dei bassi cominciano ad avvolgerti, scalando i gradini assieme a te e presentandoti una scena quasi cinematografica. Centinaia di persone di qualsiasi età stanno ondeggiando, l’impianto suona come uno Stradivari e i led sul soffitto creano una nuova dimensione in cui si sta facendo strada una voce. È l’impianto a trasmetterla, la tua nuova famiglia di stasera se la sta godendo in religioso silenzio, occhi chiusi e bacini in movimento. Il Volt è così, tutti percepiscono la fortuna di avere per sé, a pochi centimetri, un artista che elettrizza piste oceaniche, e nessuno vuole rovinare l’intimità che si sta creando. Farai amicizie sincere con sconosciuti che probabilmente non rivedrai mai più, ballerai con i creativi che ammiri (Maurizio Cattelan, io non dimentico quella chiusura), ringrazierai di aver scelto delle scarpe comode e gusterai gli abbracci continui che vedi nella gabbia o in pista.
Quel clima famigliare è uno dei motivi per cui la mattina, sulla via del ritorno, non fai che riguardare i video di tracce incredibili con annesse lacrime e sorrisi. Qui qualsiasi dj si sente a casa, libero di sperimentare mix eclettici o di finire in b2b con Dustin Phil, il gioiello di casa. Qui i resident sono gli eroi di un pubblico che incoraggia e festeggia, qui Laurent Garnier infila Giorgio Moroder tra un “Crispy Bacon” e un Man with the Red Face. Qui Dixon, Âme, Mano Le Tough e Dj Tennis ti accompagnano nello spazio mentre Rampa e David Mayer ti portano nella giungla. Qui Gerd Janson può mettere tutto ciò che vuole e qui, insieme, torneremo a elogiare la musica appena ascoltata, salendo tra le mura di una perla del design ed esclamando fieramente alla sicurezza “ci vediamo domani!”. E così sarà, perché Milano se lo merita e ce lo meritiamo anche noi.