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Una cosa che mi manca: Masada

Un treno di musica in partenza dal binario 9 e 3/4

Scritto da Jungle Giulia il 16 maggio 2020

Eccoci qui, tutti in stand by, inchiodati su questo basso al minimo che non sale più. Peccato che per chi, come me, a Masada ci ha messo praticamente la residenza, questa situazione sembra più uno sfratto che una quarantena. E oltre a perdere ogni certezza, ci siamo persi pure il conto dei giorni, dato che il sabato non ha più il suo magico sapore.
Sabato? Festa. Questo facevamo. Ci sbattevamo tutta la settimana, con l’unica certezza che a curare i mali ci avrebbe pensato lui, il nostro salotto preferito. Pronto ad accoglierci coi suoi divani morbidi, le lampade vintage e quei dettagli nascosti che ci ricordano puntualmente perché questo posto ha una marcia in più. Luogo caldo e familiare, fatto di oggetti animati che sussurrano “Welcome (back) home”.

Tessera sacra e documento, si entra a Masada come al binario 9 3/4, catapultati in una dimensione pregna di energia, che non ha niente a che vedere con la vita normale. Il viaggio alla scoperta di questa realtà alterativa inizia su un vagone chiamato musica, ingrediente base dell’incantesimo. A bordo ci sono Acquario, Closer, Hoover, ODD, che ogni sabato si alternano per non lasciare a terra nessuno: che tu sia amante della cassa dritta che urla “techno” o del prepotente basso melodico che sussurra “house”, con i loro ospiti, ti sembra sempre di arrivare a destinazione troppo presto. A pilotare il treno ci sono amanti della musica che hanno scelto di trasformare la propria passione per i party in un lavoro, per aprirci gli occhi e svelarci che i talenti in consolle li abbiamo qui, a casa nostra.

Scendere alla prima fermata potrebbe essere un errore, o semplicemente il frutto di una meravigliosa selezione naturale. Ecco che il viaggio prosegue sulla carrozza chiamata “persone”.
Qui la rivelazione: non c’è trucco ma autentica magia. A prescindere dal genere musicale il dancefloor si popola di personaggi e personalità, il concetto di bellezza lascia spazio a quello di stile, ognuno risplende per quello che è, con il meglio che ha: costumi, accessori, sessualità, movenze del corpo, abilità circensi. Si balla e si interagisce ovunque: al bar, al bagno, accanto al buffet mentre si mangia. Si balla sotto la consolle, con in prima linea le ragazze, che smascherano la competizione femminile per quello che è, una stupida imposizione della società che sta là fuori. Si sorride ovunque, con chiunque, baristi, ballerini, buttafuori, dj, proprietari. Ogni stereotipo crolla di fronte a questo concentrato di originalità. La libertà di espressione e la condivisione riempiono il poco spazio che ci separa. Si condivide tutto: occhiali da sole, ventagli, cocktail, acqua, glitter e brillantini, gomme da masticare, spazio, tempo e bpm.

“Certi luoghi hanno il magico potere di lasciarti addosso quell’indescrivibile voglia di conoscerli più a fondo. Proprio come certe persone”

Traccia dopo traccia, festa dopo festa si giunge al capolinea, dove questo filtro d’amore sprigiona la sua efficacia massima. Perché a Masada ci si va per stare bene. L’amore accorcia le distanze – proprio quello che si impara qui dentro: l’amore per la musica accorcia le distanze. Oggi, anche se siamo in stand by, sentiamo che quel basso, anche se al minimo, c’è: lieve e costante, batte e ribatte, per ricordarci che prima o poi si rialzerà e, finalmente, sarà di nuovo sabato. Il nostro sabato.