Una Casa del dialogo tra religioni e culture: questo era il progetto annunciato a luglio scorso per Villa delle Rose. La scelta del Comune di Bologna aveva però acceso l’indignazione di molti operatori culturali ed artisti, primo tra tutti Gino Gianuizzi, fondatore della storica galleria neon, che aveva subito lanciato una petizione. Villa delle Rose è, infatti, un lascito che la contessa Nerina Armandi Avogli donò alla città guidata dal Sindaco Francesco Zanardi con la chiara indicazione di farne una Galleria d’Arte Moderna. Le quasi 3 mila firme raccolte hanno poi costretto il Comune al dietrofront e, anche grazie a quella spinta dal basso, oggi la Villa torna al centro torna al centro della vita creativa cittadina.
Attraverso un accordo tra il Settore Musei Civici e l’Accademia di Belle Arti, la storica residenza di via Saragozza si trasforma, infatti, per un intero anno, da novembre 2025 a giugno 2026, in un centro creativo temporaneo per la formazione dei giovani artisti e artiste.
Il progetto, intitolato Un anno in cima alle scale, reinterpreta la Villa come laboratorio di ricerca e sperimentazione, dove la dimensione formativa incontra quella pubblica, in un dialogo diretto con il MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna.
Il programma di attività, coordinato da Anna de Manincor insieme ai dipartimenti di Arti Visive, Comunicazione e Didattica e Arti Applicate, prevede laboratori, workshop, co-progettazioni tra studenti, mostre, incontri pubblici e momenti di restituzione con la Villa che diventa una casa dell’arte aperta.
Il primo appuntamento è stato un workshop internazionale Erasmus+ con studenti provenienti da Hasselt, Vilnius e Bologna, culminato nella mostra A Dialogue Across Times and Landscapes. Sotto/Sopra all’interno del festival di Hamelin, A Occhi Aperti. Poi una staffetta di laboratori condotti da curatori e artisti come Martina Angelotti, Cecilia Canziani, Adelita Husni-Bey, Moira Ricci e altri, che lavoreranno sul rapporto tra paesaggio, architettura, corpo e spazio pubblico.
Villa delle Rose è salva, quindi, ma soprattutto è tornata a essere di nuovo ciò che dovrebbe: un luogo vivo, aperto, attraversato da chi fa e pensa l’arte.