La deadline è stata spostata al 22 novembre! Tre settimane in più per presentare i progetti: chiunque sia nato dopo l’1 novembre 1980 e faccia l’architetto, il designer, l’artista, il grafico, il maker o filmaker, si occupi di performing arts, di musica, o di moda può concorrere per partecipare alla Ventunesima Triennale di Milano, 21th Century. Design after Design (2 aprile-12 settembre 2016).
Che genere di progetto ha senso presentare per avere una chance di essere selezionati? Più che il testo della call, che rimanda genericamente al concept abbastanza vago della XXI Triennale stessa (la rivoluzione digitale, la crisi finanziaria, la città, l’innovazione, e il nuovo ruolo del design rispetto alla produzione), forse il sistema più pragmatico per decifrare lo spirito della competizione è analizzare la composizione della giuria. Stefano Micelli, il presidente, insegna a Ca’ Foscari ma è anche una delle anime della Maker Faire di Roma, oltre che l’autore di Futuro artigiano. Richard Sennett, della London School of Economics è autore, tra i mille libri, di L’uomo artigiano. Silvana Annicchiarico è direttore del Triennale Design Museum. Alberto Cavalli lavora alla Fondazione Cologni Mestieri d’arte. Francesco Bombardi al Fab Lab di Reggio Emilia. Fabio D’Agnano, che dirige il master di architettura digitale allo Iuav, è architetto e maker. Stefano Maffei insegna al Dipartimento di Design del Politecnico di Milano, e ha promosso Makers’ Inquiry. Carlo Martino è dell’ADI di Roma. Laura Traldi è una giornalista e blogger molto attenta alle trasformazioni dell’universo del design. Se non fosse chiaro, in poche parole, questo concorso punta tutto sulla coppia innovazione-artigianato, sull’unione tra makers e artigiani, tra antichi mestieri e economie della condivisione.
Oggettivamente il tema è perfetto per un’istituzione come la Triennale, nata nel 1923 (allora, fino al 1930, era biennale e si teneva nel Palazzo Reale di Monza, poi nel 1933 si trasferì a Milano nell’attuale sede del Palazzo dell’arte costruito da Giovanni Muzio) essenzialmente come mostra delle arti decorative oltre che dell’architettura: Arts and Crafts 2.0, diciamo. I selezionati passeranno a una seconda fase del concorso, con un vero e proprio progetto di mostra, e chi passerà anche il secondo setaccio potrà (verosimilmente da Gennaio 2016) dedicarsi al progetto vero e proprio, che sarà esposto in una delle sedi di questa polipesca edizione tra la primavera e l’estate prossima.
Ma che cos’è esattamente questa Triennale? È una domanda legittima, soprattutto per chi è nato dopo il 1980, perché oramai sono passati talmente tanti anni dall’epoca gloriosa delle Triennali che il nome per lo più coincide nell’immaginario urbano con l’edificio affacciato sul Parco Sempione. L’ultima edizione risale al 2001, ma bisogna ammettere che era talmente loffia che a stento se ne trovano tracce su internet e Wikipedia non si degna neanche di nominarla, e ho detto tutto. Restano immortali quella del 1933, con Gio Ponti e tutti i meravigliosi razionalisti italiani (Albini, Figini e Pollini, Baldessari, BBPR, Pagano, Bottoni), del 1936, con Persico e Fontana, quella del QT8 del 1947, quella del Grande Numero del 1968, con il radicale Giancarlo De Carlo contestato a sua volta dagli studenti, o quella dove Ugo La Pietra curava la sezione “audiovisiva”, nel 1979.
Quella del 2016 è una Triennale che sicuramente ha più di un legame con l’EXPO: apre a pochi mesi dalla chiusura del Grande Evento e nel comitato scientifico compare, oltre ai membri della Triennale stessa e a Cino Zucchi, Pierluigi Nicolin, Andrea Branzi, Giorgio Camuffo, Richard Sennett, Luisa Collina, Kenya Hara (di Muji) e Stefano Micelli, nientemeno che Vicente González Loscertales, del BIE. Non sappiamo ancora (oltre a lui) quanti e quali collaboratori del Grande Evento passeranno a lavorare a quest’altra esposizione internazionale, seppure di scala più urbana, ma per ora le notizie certe sono che l’edificio della TRIENNALE vera e propria ospiterà la mostra dell’Italia e dei paesi stranieri invitati, mentre altre mostre curate dai vari membri del comitato scientifico occuperanno il MUDEC e l’ANSALDO, l’HANGAR BICOCCA, il POLITECNICO, la FABBRICA DEL VAPORE, la VILLA REALE DI MONZA, e presumibilmente qualche altra sede.
Se fino a ora se ne è parlato pochissimo, preparatevi a un’inondazione di notizie – specialmente dopo il 1° novembre. Ma prima mandate i progetti.