I ragazzi di Burro Studio sono quelli della Milano addosso, quelli che condiscono complessi progetti di design con quel sapore in più, il sapore a volte salato, a volte dolce del quartiere sulla pelle. Federica Caserio e Giovanni Manzini sono i founder dello studio brand di sé stesso che sta bene con tutto e su tutto, il cui raggio d’azione spazia dalla comunicazione al branding ai progetti collaterali in una forma fluida che favorisce gli abbinamenti più insoliti.
«Se puoi contare su radici forti, se percepisci il sentimento della tribù e del territorio, hai già un punto di partenza ben definito.»
Ciao ragazzi, rompiamo il ghiaccio. Prima di tutto, me lo chiedo da molto, perché "burro"? Quali strade vi hanno condotto a dove siete ora?
Se vogliamo “romanzare” la storia, perché il burro è una sostanza che lega e rende tutto più buono.
In realtà la scelta è stata un po’ più random di così: cercavamo una parola il cui suono ci convincesse. Burro Studio nasce nel 2015, periodo in cui i termini inglesi erano molto più scelti di quelli italiani. Noi invece volevamo assolutamente scegliere un nome italiano e il suono della parola burro, la sua rotondità, ci piaceva.
Siete hyperlocal già da sempre grazie ai progetti ad impatto territoriale che avete sviluppato in questi anni, su Milano come su Roma e Bari. Aneddoti su come è nata la vostra capsule collection Milano addosso?
Quasi per gioco: stavamo facendo festa – e si sa, finché si fa festa vengono sempre le idee migliori – con Riccardo Bonetti, ai tempi nostro amico e che, di lì a poco, sarebbe diventato anche collaboratore.
L’idea della capsule collection è frutto di più menti, non solamente di Milano, che stavano percependo un maggiore e sempre più presente senso di appartenenza alla città. Abbiamo legato questa percezione alla moda, settore con cui da sempre lavoriamo: da tutti questi elementi sono nate le sciarpe di Milano Addosso, l’accessorio di moda che racconta la città e parla alla città.
Mi raccontate le sonorità di burro studio radio, BS Radio? Come nasce questo connubio sonoro?
BS Radio è musica, eventi e persone. Crediamo nella cultura musicale e non abbiamo una sonorità precisa che ci definisce. Abbiamo una personalità fluida che si basa sull’apertura a tante influenze diverse e tendiamo a non radicarci in un unico genere. BS Radio, come Burro Studio, è in continuo movimento: lo dimostrano le playlist che facciamo uscire ogni due settimane sul nostro canale Spotify e vogliamo dimostrarlo ancora di più attraverso la nostra etichetta discografica indipendente che abbiamo lanciato qualche mese fa. Degli elementi in cui ci identifichiamo fortemente sono invece i club e festival europei che rappresentano per noi una fonte di ispirazione continua. Abbiamo cominciato organizzando feste in location non convenzionali (bar in Sarpi, chioschi, lavanderie, serre abbandonate), portandoci dj abituati a dancefloor ben diversi. Il nostro DNA è questo. È spontaneo, è genuino, è fluido, è underground in quanto viene dal basso, dalle amicizie nate in un festival, dai clubber che partecipano ai nostri eventi e dagli artisti con cui collaboriamo.
Proprio per questo BS Radio non è definita da un genere musicale, ma piuttosto da un’attitude, da un’energia fatta di persone a cui cerchiamo di trasmettere le nostre vibes e dalle quali veniamo ogni volta influenzati.
Siete i perfetti precursori delle vibes visual che verranno: cosa ci aspetta nei prossimi mesi? In che direzione vanno le visual identities e il design del prossimo futuro?
Grazie per questo feedback! Abbiamo sempre cercato di pensare out of the box, e questa è diventata un po’ una delle nostre cifre lavorative.
La fame di ispirazioni visive ci ha da sempre portato a sperimentare cose nuove senza paura: speriamo che non ci abbandoni mai, portandoci invece a proporre visual vibes sempre più pazze e inaspettate.
Le vostre suggestioni visive si fondono con le tribe culturali di zona e questo aiuta a creare collettività e senso di appartenenza. Come percepite la relazione tra la professione di designer e il territorio, con le persone?
Noi siamo sempre stati molto intrecciati alla comunità locale, sia a livello personale sia soprattutto a livello professionale, il legame col territorio e con le persone che lo vivono è molto forte: è un dialogo continuo.
Un motto perfetto in questo caso è “think local go global”. Se puoi contare su radici forti, se percepisci il sentimento della tribù e del territorio, hai già un punto di partenza ben definito, da cui riesci a produrre un’impronta ancora più forte, meno appiattita.
Potendo contare su input visivi locali forti, possiamo poi produrre con altrettanta forza comunicativa anche output più “global”.
Da quanto tempo siete in Chinatown? Ve la sentite un po' vostra?
Siamo in Chinatown dal 2018 – la sentiamo MOLTO nostra.
Tanto più che, come ben sapete, il nostro colore è il rosso. Era destino che scegliessimo Sarpi e dintorni come sede per Burro Studio!
Queste vie sono fortemente intergenerazionali, dalle famiglie coi passeggini ai ricconi appollaiati negli attici. Dal vostro occhio puntato sul nuovo, come vivete questo mix di età? Ostacolo o ricchezza?
In qualsiasi contesto le sfaccettature sono una ricchezza: è bello essere immersi in una comunità variegata, diventa anch’essa spunto di ispirazioni e confronto.
PS: attendiamo ulteriori info sugli attici.
Il futuro del clubbing? Una morte lenta o un nuovo rinascimento?
Non siamo nessuno per poter prevedere cosa sarà il futuro clubbing, abbiamo appena cominciato a scrivere il nostro personale capitolo in questo settore.
Percepiamo però attorno a noi tanta voglia di ballare, e ci auspichiamo che questa rimanga sempre e sia sempre più forte: non sappiamo purtroppo cosa ci riserverà il futuro, ma lo guardiamo con fiducia proprio in virtù di tutta questa vibe danzereccia che ci ci ricorda.
E faremo di tutto per esserci e per poter rispondere alla maniera di BS Radio, appena si potrà!
Enzo Mari diceva «tutti dovrebbero progettare per evitare di essere progettati», come progettate la quotidianità?
Quello che dice Mari è sicuramente di ispirazione. In un mondo in cui si rischia sempre di essere incanalati in un qualcosa di già stabilito, è bello poter contare sulla possibilità di uscire da binari a volte pre-assegnati. Per farlo però, a nostro avviso, progettarsi una quotidianità non risulterebbe efficace – molto meglio essere ricettivi e capaci di cogliere gli stimoli che ogni giorno potrebbero presentarsi, farli propri e rielaborarli in un modo personale ed inedito.