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DisASStro: a Bologna la cultura queerpunk e DIY ha una nuova casa

quartiere Zona Universitaria

Scritto da Salvatore Papa il 31 ottobre 2023

Il DIY come filosofia di vita, la cultura queer come una casa di cui prendersi cura. DisASStro nasce dall’unione di queste due forme di militanza con l’obiettivo di creare simboli da indossare che manifestino valori antifascisti e di lotta transfemminista e queer. Dai piccoli banchetti ai concerti punk ricchi di toppe “frocissime”, DisASStro è passato in poco tempo a sviluppare un’ampia linea di oggetti e accessori (cappelli, t-shirt, portafogli, borse, serigrafie ecc.) confluiti da un paio di settimane in un nuovo spazio fisico di “queerpunk propaganda” in Porta San Donato, in via Malaguti 2/B. Dentro ci troverete il sogno di Paolo e Ivan, che a un certo punto hanno deciso di mollare i propri lavori per dedicarsi alle proprie autoproduzioni e offrire un nuovo punto di riferimento alla scena queer e punk cittadina.

Ecco cosa ci ha raccontato Paolo.

 

Partiamo da voi.

Io vengo da Roma, il mio compagno Ivan è di Foggia. Siamo qui dal 2008. Abbiamo una formazione piuttosto diversa l’uno dall’altro: io sono un designer, ho fatto il direttore artistico e ho lavorato con i social media, anche in un’agenzia; Ivan ha fatto molti lavori, tra cui lo store manager e il corriere, a differenza mia ha un approccio molto pratico alle cose.
Accanto a questo, siamo per molto tempo stati vicini ai giri di XM e abbiamo fatto parte per anni del collettivo Bologna Punx, organizzando concerti punk hardcore anche a livello europeo.

E quand'è che avete iniziato a realizzare le prime toppe?

Tutto è nato dopo un incidente, nel 2018. Uscendo dall’ufficio dove lavoravo sono scivolato sulla grandine e ho rotto due vertebre della schiena. Sono così rimasto bloccato a casa con un busto che andava dal mento al bacino per 9 mesi. Per tirarmi un po’ su di morale, Ivan un giorno mi ha proposto di fare qualcosa con il materiale per serigrafia, incisone e xilografia che veniva dal mio triennio in illustrazione all’Accademia di Belle Arti. E così sono nate le prime toppe, che sono diventate sempre di più, talmente tante che l’unico modo per disfarcene era venderle da XM24, Labas o ai concerti che organizzavamo con Bologna Punx. Tutto questo io ho iniziato a farlo col busto, nei primi banchetti ero una specie di cyborg.

Su tutto quello che realizzate c'è sempre un messaggio preciso. Quali sono i valori che volete trasmettere?

Da sempre l’obiettivo è diffondere la cultura queercore, forse anche perché fulminati da Bruce La Bruce, la zine anni ’80 Homocore, e il più recente “Queercore: How to punk a revolution” di Yony Leyser. Non che a Bologna ce ne sia troppo bisogno, anzi, ma ai banchetti durante i concerti punk e hardcore non era raro incontrare persone che si lamentavano, ad esempio, del fatto che durante i diverbi si usassero ancora parole come “frocio” o “figlio di puttana” in senso dispregiativo. Questo per dire che in certi spazi c’è comunque ancora necessità di sensibilizzazione. L’esigenza è stata perciò portare visibilità queer in quella che sentivamo essere la nostra scena di appartenenza, soprattutto considerando che, quello punk hardcore, è un movimento fin troppo spesso ancora fortemente machista, sopratutto in Italia.

Poi le cose si sono evolute...

A un certo punto è arrivata l’occasione di una macchina da ricamo, che abbiamo acquistato. Da lì si è allargata la produzione (oltre alle toppe, sono arrivati i portafogli, le borse e molto altro), Ivan è diventato sempre più bravo a cucire e il nostro salotto in poco tempo non esisteva più: al suo posto c’era un laboratorio sartoriale.
L’impegno quindi è cresciuto moltissimo, mentre entrambi facevamo un lavoro full time. Nel frattempo abbiamo aperto uno shop online su Etsy, lanciandoci pure nell’organizzazione di altri eventi in collaborazione col Cassero e con le ragazze di Elastico e organizzando un mercatino di autoproduzio al Baraccano (Marquette). Risultato: fine del tempo libero. Perciò l’anno scorso abbiamo deciso di licenziarci e buttarci esclusivamente su DisASStro.

Un bel coraggio, considerando anche la situazione immobiliare attuale...

Sì, abbiamo un po’ penato, ma alla fine abbiamo trovato il posto che faceva per noi, con un piccolo magazzino sul retro che ci consente di far rivivere il nostro salotto di casa. Ma non è stato un salto nel buio. Le cose continuavano ad andare sempre meglio, in molti ci chiedevano di farci da rivenditori e ci era già successo di realizzare del merchandise per alcune band e diversi collettivi.
Da qui anche la scelta di investire su una macchina da stampa diretta ad alta tecnologia per le magliette (ovvero che tinge direttamente sul tessuto e non fa stampe “appiccicate”) che ci consente di produrre in serie più facilmente.
Insomma, al momento siamo molto felici.

Venderete solo vostre produzioni?

Assolutamente no, anzi l’idea è distribuire anche fanzine o vinili di gruppi queer punk e aprirci alle collaborazioni con chiunque voglia proporci progetti affini al nostro, oltre ad offrire un canale di vendita a chi ne ha bisogno.