Parlare con Elia della crescita e dell’involuzione e evoluzione di Milano in termini di offerta e sperimentazione musicale, è un po’ come trovarmi davanti a uno specchio di quello che è stato ed è attualmente, il mio rapporto con Milano. Così tanti spazi attraversati, cambiati, evoluti, cancellati e rinati. Per comprendere a pieno città stratificate come questa, spesso è fondamentale passarci anni, annoiarsi, innamorarsi di nuovo e vedere sé stessi e gli spazi che ci circondano da un’altra prospettiva.

Elia, come me, ne ha vissuti molti con un approccio eterogeneo e amante della musica più che degli ambienti costruiti intorno a essa. Questa visione si rispecchia in come vediamo quartieri e situazioni, fare giri immensi e ritornare con altre texture. Milanese di nascita, cresciuto tra la sperimentazione sfrenata di Macao e l’accademia di musica moderna, parte attiva come percussionista di progetti estremamente diversi da loro a cui dona cuore e tecnica, Elia Pastori, quando parla del mosaico sonoro attuale della città, è entusiasta. 

Tutto è in mutamento e, come dice lui stesso nella nostra chiacchierata, la musica è una forma espressiva che per esistere non può essere chiusa da nessuna parte. Oggi ci facciamo un giro nella vita di Elia, nella sua musica e nel panorama sonoro più contemporaneo di Milano grazie a Canadian, che ci permette di scoprire progetti nuovi e ambienti diversi e di creare un contesto di connessione con tutto ciò che gravita intorno. 

 

La gente ha una voglia incredibile di continuare a esprimersi e condividere esperienze. E mi accorgo che la comunità è viva.

Chi sei? Da dove vieni? Cosa fai nella vita?

Mi chiamo Elia Pastori. Sono nato a Milano, e nella vita faccio il musicista e insegno batteria.

Qual’è il tuo rapporto con la musica? Da dove viene?

Il mio rapporto con la musica è viscerale, suono la batteria da quando sono bambino e non ho mai smesso. Sicuramente la passione mi è stata tramandata dalla mia famiglia: mio padre è musicista e mia madre è una grande amante della musica. Io e i miei fratelli quando eravamo piccoli suonavamo tutti uno strumento e avevamo la passione di masterizzare infiniti cd da ascoltare in macchina. È nato tutto da lì.

Come si sono evoluti i tuoi gusti musicali da piccolo batterista a musicista e insegnante? Quali sono i musicisti o gli album che più ti ispirano o hanno ispirato?

I miei gusti si sono evoluti principalmente ascoltando tantissimi dischi, senza distinzione di genere o periodo storico, e venendo influenzato dalle persone che ho incontrato nel mio percorso. Un impatto significativo è stato dato sicuramente, oltre che da mio padre, dai maestri con cui ho studiato. Il primo che ho avuto era un percussionista classico. Prima di arrivare ad avere le band al liceo, suonavo in un’orchestra come percussionista. In quegli anni mi sono innamorato della musica colta. Poi è sbocciato l’amore per il jazz e successivamente per l’elettronica, iniziando a frequentare una certa scena e il mondo del clubbing.  Ora quando suono sento l’influenza di ognuno di questi piccoli tasselli e sento che il mio gusto continua a evolvere. Se penso a dei dischi in particolare che hanno avuto un impatto fondamentale sul mio percorso direi Invitation di Jaco Pastorius, Songs in the Key of Life di Stevie Wonder, Pink di Four Tet, i Selected Ambient Works di Aphex Twin e tutti i dischi dei Beatles.

Hai collaborato con Mahmood, Venerus, Joan Thiele e L I M. Raccontaci qualcosa di queste esperienze tutte piuttosto diverse tra di loro.

Innanzitutto mi viene da dire che, nonostante io suoni in diversi progetti, non mi sento di essere un turnista tradizionale (anzi, mi fa un pò paura come parola).
Ho la grandissima fortuna di essere molto amico di tutte queste grandi persone. Ed è una gioia indescrivibile poter condividere le emozioni che ti da un tour accanto a  chi ami. Venerus è il primo che ho conosciuto, ai tempi del liceo, e solo dopo tanti tanti anni abbiamo avuto il piacere di condividere il palco insieme  alla bellissima band che fa parte del suo progetto. L’energia che provo con loro è qualcosa di indescrivibile: la musica vive per davvero. Non utilizziamo supporti di backing tracks o click durante i concerti. Si stacca il tempo e si parte. Dove si arriva lo scopriamo sempre quando scendiamo dal palco. E scendiamo sempre felici.
Mahmood invece l’ho conosciuto davanti alle macchinette dell’accademia di musica moderna che entrambi frequentavamo. Mi ricordo che inizialmente prenotavo le aule studio e passavamo pomeriggi a jammare solo con voce e batteria. Abbiamo anche fatto qualche live prima che esplodesse nel 2019, e la band è rimasta la stessa dal 2016, composta oltre che da me da Francesco Fugazza e Marcello Grilli. Questo è uno dei doni più preziosi della mia carriera: girare il mondo e suonare in venue storiche con gli amici con cui sono cresciuto artisticamente e umanamente.
Con L I M invece ho mosso i primi passi nel mondo del turnismo. Ora siamo amici inseparabili e condividiamo anche lo stesso studio.

Anche con Joan Thiele è stato un processo naturale. Ci conoscevamo da molto prima che iniziassimo a suonare insieme perché faceva parte della stessa discografica di Mahmood. Lei ha davvero un dono speciale, mi ricordo che alla prima prova che abbiamo fatto ha iniziato a cantare ed ero incredulo. Mi parve un angelo. Cantava come se stesse suonando il disco, anzi meglio. Pazzesca!

Cosa ci dici invece di "Precisione della Notte", il tuo progetto personale con Broshuda? Come mai questo focus sulla Notte?

Precisione Della Notte è in realtà lo spin off di un altro mio progetto live che si chiama Pretty/Groovy. Si tratta di un progetto partito inizialmente con dei set mensili da Radio Raheem che poi si è trasformato in progetto live e che tutt’ora porto avanti con quel genio musicale di Danilo Mazzone (Dwarf). Tutto è iniziato quando un locale milanese mi ha proposto una residenza di due serate fisse al mese. La mia idea era di organizzare dei live di improvvisazione in duo, con un ospite diverso ad ogni appuntamento.Tra questi ho invitato Broshuda, artista visuale, compositore e produttore di musica elettronica tedesco, che avevo conosciuto in occasione di un suo concerto a Milano. La notte in cui abbiamo suonato insieme, cenando, abbiamo trovato un disco nella bacheca del locale che ci ospitava. Il disco si chiamava Precisione Della Notte. Ridendo, abbiamo pensato fosse un nome incredibile per il nostro duo. Ma ne ridevamo e basta. Ora invece stiamo partendo insieme per un tour di un mese in Giappone, proprio con quel nome.

Il focus che abbiamo sulla notte è dato sicuramente dal fatto che siamo entrambi amanti delle esperienze che la notte ti può regalare. La magia che si svela, la musica che diventa verità e gli incontri che puoi fare possono segnarti per tutta la vita. A me sta succedendo così.

Cosa ti piace e non piace di Milano?

Di Milano mi piace, e allo stesso tempo non mi piace, il fatto che sia una piccola metropoli. Mi piace sapere che ci sono diversi contesti sociali dove posso trovare persone che hanno la mia stessa visione del mondo e situazioni che mi appagano. Dall’altra parte, essendo una grande piccola città, c’è il rischio che alcuni contesti sociali e artistici a volte diventino un po’ stagnanti.

Com'è cambiata Milano, secondo la tua esperienza, a livello musicale? Sia dal punto di vista degli spazi per fare musica sia dal punto di vista della produzione musicale della città.

Da dopo la pandemia abbiamo vissuto una grande depressione dal punto di vista musicale a Milano. Molti locali di musica live hanno chiuso e insieme a loro anche molti centri sociali, dove passava a mio parere la musica più avanguardistica e interessante in città.
Solo negli ultimi mesi inizio a vedere più fermento e questo mi fa molto piacere. La musica non viene sostenuta abbastanza dalle grandi istituzioni, non ci sono mai abbastanza soldi e ci sono sempre troppe regole noiose che limitano una forma d’espressione che ha bisogno di non essere contenuta per poter vivere. 

La cosa che le istituzioni non riusciranno mai a limitare è il fatto che la gente ha una voglia incredibile di continuare a esprimersi e condividere esperienze. E mi accorgo che la comunità è viva. Stanno nascendo nuovi locali e, per la prima volta dopo un pò di anni, sento che la situazione musicale si sta risollevando.

Pensi che una grande città aiuti a sviluppare questa tipologia di passione?

Sicuramente si. A Milano coesistono tante realtà artistiche differenti. Io stesso frequentando le situazioni che mi interessano ho avuto modo di far maturare la mia passione e la sento tutt’ora in crescita e cambiamento.

Cosa rispecchia per te il nuovo paesaggio musicale milanese in questo momento storico?

In questo momento per me la new wave musicale rappresenta l’esigenza di esprimersi artisticamente e socialmente in comunità attive formate da persone con cui condividere il presente e con cui crescere. Il mondo sta andando a rotoli e sento che le persone di buon senso riescono a connettersi sempre di più in contesti sociali dove la musica è protagonista. Una volta c’era Macao, simbolo di una Milano che non c’è più, era e rimane ancora il mio preferito. Ora la musica live più innovativa sicuramente la trovo in posti come il Cox18, il Detune, Lume, il Nidaba e il Masada.

Esistono delle zone o dei posti di Milano che rispecchiano questo nuovo emergere?

Esistevano, esistono e continueranno ad esistere. Nonostante molti locali che sono stati protagonisti della diffusione culturale e artistica siano ora chiusi, stanno nascendo nuove realtà e locali che mettono in primo piano la diffusione dell’arte e della cultura nella sua maniera più pura. Se parliamo di zone direi per lo più Milano nord e Milano est. Se parliamo di luoghi il mio preferito in assoluto direi che è C3. Non esiste sulle mappe e nemmeno sui social. Opera tramite passaparola e porta a Milano la crème de la crème della musica elettronica sperimentale di tutto il mondo.

Cosa ti piace fare la sera?

Dipende da come sto ahah. Ma sicuramente adoro bere le birrette in piazzetta a NoLo, fare tante cene con gli amici, sentire musica in nuovi spot come Section80, andare a ballare a serate come Moab e Gatto Verde o ad Arca.