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Francesco Maino

Il processo creativo, la scrittura: alla vigilia delle sue nuove uscite la penna più veloce (e caustica) del Nordest si racconta all'amico musicista Paolo Brusò

Scritto da Paolo Brusò il 27 aprile 2021

Data di nascita

17 marzo 1972 (52 anni)

Luogo di nascita

Motta di Livenza

Luogo di residenza

San Donà di Piave

Attività

Scrittore

Vincitore del Premio Italo Calvino 2014 con Cartongesso, romanzo poi pubblicato per Einaudi, Francesco Maino è uno scrittore capace di creare percorsi letterari sorprendenti grazie all’utilizzo di una lingua nuova, un nodo intricato ed affascinante, un incrocio estremamente personale frutto di una vita dedicata alla lettura e alla scrittura. Che cos’è il processo creativo per Francesco? Come si manifesta? Cosa significa? Ecco i suoi pensieri e i suoi progetti.

– Da dove viene il tuo bisogno di scrivere? Quando “senti” che è giunto il momento di scrivere?
Il mio bisogno di scrivere nasce da un adattamento biologico a un fatto naturale: non posso non scrivere perché se non scrivo mi ammazzo. Sento sempre il bisogno di scrivere, da tempo. A questo pensiero si è aggiunta in seguito una maggiore consapevolezza, mi sono detto: “se penso sempre alla scrittura posso considerarmi uno scrittore”. Il problema della scrittura è centrale per me, ma non è un dramma: è un fatto biologico, come avere tanta o poca insulina, o i polmoni più grandi della norma.
Poi esiste un momento della scrittura che si organizza in un alfabeto convenzionale che si chiama libro, e come nasce un libro è una questione di destino: ci sono delle fasi della vita, degli incontri anonimi e casuali, dei momenti che mi rimangono in mente per la loro carica vitale. Questo mi dà la sensazione di aver vissuto delle cose e la voglia di raccontarle; lo considero destino anche perché potrebbe non accadere mai. La mia creatività dipende da questa carica vitale che si unisce a una cifra stilistica: se le due cose si innescano, per un motivo che mi sfugge, la scrittura interiore diventa scrittura esteriore.

– Ispirazione e motivazione: cosa sono per te e come influenzano la tua scrittura?
L’ispirazione è un momento magnifico, quando esci dal tuo corpo e fai un viaggio fuori di te o dentro di te; è legata alla sensazione che sta per accadere qualcosa e per me anche a un senso di speranza nel futuro. Una speranza che non ha volto, è vaga, ma è in quella speranza di felicità che trovo ispirazione e ho voglia di scrivere qualcosa. Poi serve tutta l’attrezzatura tecnica per trasformare l’ispirazione in un qualcosa di compiuto, di finito. Fare un libro comporta una disciplina maniacale, è una forma rituale molto rigorosa e ci vuole un’attenzione massima ed estrema. Per scrivere un libro occorre essere motivati, determinati a mantenere questo rigore.

– Ti definiresti più metodico o più istintivo?
Istintivo. Forse sensitivo. Faccio delle cose e non capisco il perché, ma penso che è giusto farle. Mi rendo conto che farei fatica a scrivere senza un’osservanza ferrea di una regola interiore che cerco di darmi, ma l’istinto prevale fortemente.

– Hai dei rituali collegati al processo creativo? Cosa fai prima di metterti a scrivere?
Ogni libro che scrivo deve avere un suo posto diverso, uno spazio fisico nuovo rispetto al libro precedente: devo cambiare sedia, tavolo, gomme da cancellare, matite, block notes, penne. Da un libro all’altro cambia anche il mio modo di scrivere e gestire i files. Per esempio, per Cartongesso ho fatto un file unico, per il nuovo libro ho fatto tanti piccoli files da 5 pagine ciascuno. Non so per quale motivo, deve semplicemente essere un processo diverso.
Si deve poi creare per ogni libro una forma di ritualità: mi alzo e faccio la doccia sempre alla stessa ora, bevo il caffè con la stessa tazza, tutto è come programmato, so cioè che all’alba di sabato scriverò dalle ore x alle ore y. La postazione dove lavoro non cambia mai per tutta la scrittura del libro. Non posso scrivere un libro in 2 posti diversi, non posso scriverlo in treno, una volta scelto un luogo rimane quello fino alla fine. Anche tutti gli altri elementi che gravitano attorno alla scrittura restano tali fino alla fine: il computer è messo sempre in quell’angolo del tavolo, se bevo un succo di frutta alle 10 berrò sempre lo stesso succo di frutta alla stessa ora, non posso rompere questo ciclo fatto di condizioni ambientali e di attività rituali, non c’è modo. Ritualità significa ordine, per scrivere ne ho bisogno.

Francesco Maino durante un reading scenico, realizzato con Francesco Targhetta, Marco Maschietto e Paolo Brusò

– Computer, macchina da scrivere, mano: hai un mezzo preferito?
Utilizzo sia il computer che fogli e matite. In genere scrivo al computer, stampo un po’ di pagine (2, 3, quello che serve) e correggo a matita sulla carta. Poi riscrivo, ristampo e ricorreggo se serve. Per il nuovo libro però ho scritto a mano 7, 8 taccuini di appunti che mi sono serviti da scheletro e che ho poi utilizzato per scrivere al computer. Diciamo che abbraccio sia il mondo analogico che quello digitale.

– Creatività e autoanalisi: quanto tempo trascorri pensando alla tua scrittura? In che momenti, se ce ne sono, ci pensi maggiormente?
Ci penso tutto il giorno, costantemente, dalla mattina alla sera. La scrittura per me è un pensiero fisso. Cosa devo fare? Cosa posso fare? Cosa non ho fatto? Cosa andrebbe fatto? Perché non l’ho fatto? Quando lo potrò fare? Quando vado a letto la sera, nel dormiveglia, penso alle cose che ho fatto, mi immagino certi dialoghi e ipotizzo sviluppi su ciò che voglio scrivere. Non vedo l’ora che sia mattino per alzarmi presto e mettermi a scrivere; il sonno diventa quasi un ostacolo, qualcosa che mi fa ritardare il momento in cui potrò tornare a scrivere.

– Quali sono i tuoi prossimi progetti? A cosa stai lavorando?
Per Edizioniambiente di Milano farò una novella sul tema del cambiamento climatico. Sarà ambientata qui in Veneto, toccherà i temi dell’ecologia, dell’ambiente, delle eco-mafie. Credo uscirà il prossimo autunno.
Assieme ad altri scrittori parteciperò poi ad un’antologia per l’editore Erickson di Trento, con un testo che parla della transizione dal mondo analogico al digitale. Gli editori hanno chiesto agli scrittori di raccontare questo passaggio. Noi scrittori apparteniamo al Novecento e abbiamo categorie novecentesche, mentre un ragazzo di oggi, nativo digitale, ha un’altra impostazione fisica e filosofica, perché negli ultimi anni c’è stata una rivoluzione sia – per esempio – nell’utilizzo degli arti superiori che più in generale nel modo di pensare. Infine, ho appena terminato un nuovo romanzo, che è una riscrittura dell’Alcesti di Euripide. Il libro è attualmente alla ricerca di un editore, vedremo quale sarà il suo destino.