Mercoledì 16 novembre inaugura Davvero | Truly, una mostra personale di Bruna Esposito da FL Gallery. È la prima interazione dell’artista romana all’interno del recente spazio di viale Sabotino, ma non certo una nuova collaborazione con Luger, che da anni sostiene la Esposito in alcuni suoi progetti. Il rapporto è fondato su una grande stima, sostiene il gallerista che racconta Bruna come «un’artista complessa, super eclettica e versatile». Le sue opere sono infatti dei micromondi toccanti e forti, caratterizzati da una riflessione costante a cui l’artista obbliga il suo fruitore. La punta di un diamante alla Biennale di Venezia nel 2005 – l’opera più piccola di tutta la biennale; una panchina con sedute specchianti che galleggia nell’acqua – sempre a Venezia, ma nel ’99 –; eleganti bucce di cipolla che invadono un ripiano di marmo bianco; uno stendipanni con candele accese, come a segnare un rito che si sta compiendo. Queste alcune delle immagini suggestive che Bruna Esposito ha tracciato nel suo percorso. L’abbiamo intervistata su queste tracce.
ZERO: Bruna, le chiederei di partire dal futuro: parliamo della mostra personale da Federico che sta per inaugurare. Quello che si intravede dall’invito di Davvero è un dettaglio zoommato di un occhio. Si tratta di un lavoro fotografico? Come nasce?
Bruna Esposito: Fotografie macro ravvicinate, sì di occhi. Sono grata a Luger per avermi creduto e sostenuto perché erano anni che ‘covavo’ questo desiderio. L’occhio e lo sguardo, dai tempi più remoti, sono simbolo e allegoria già nelle opere del passato. Sono volani di saggezza in detti popolari come per esempio ‘Occhio per occhio dente per dente’ oppure ‘Amore a prima vista’ per citarne alcuni. Comunque, quando attraversi la strada con il semaforo rosso… Occhio !
Sono dieci anni, mi pare, che lei e Federico collaborate. Forse il primo lavoro risale proprio al 2006, quando avete pubblicato un libro con dei raffinati disegni tecnici, alcuni in bianco e nero, altri a colori. Come è nata questa collaborazione? Rispetto alla personale realizzata da Luger del 2014 ci sono state delle evoluzioni nella sua produzione lavorativa?
In effetti quest’anno celebriamo dieci anni di collaborazione, e con questa prossima mostra si rinnova la stima e la fiducia reciproca. Nel 2004 ci ha presentato l’artista Enzo De Leonibus al Museo laboratorio ex-manifattura tabacchi di Città Sant’Angelo in Abruzzo. Adesso inauguriamo mercoledì 16 novembre e spero lei mi dirà, vedendo le nuove opere, se si sono avverate evoluzioni, io non le saprei dire. Ogni opera e ogni mostra mi mette di fronte a dilemmi, che sono come bivi davanti ai quali ‘scegliere’.
Biennali di Venezia – penso ad Aquarell, a Precipitazioni sparse o anche Perla a piombo, di cui ho avuto la fortuna di scrivere nel catalogo della mostra Scultura Italiana XXI secolo presso la Fondazione Pomodoro nel 2009 -, opere non semplici per il messaggio socio-politico sotteso, ma con una costante poesia latente; la formazione tra Roma e gli Stati Uniti; la vita a Berlino, in un periodo ancora piuttosto scottante… sono tutte esperienze di formazione e, immagino, fortificazione. Il suo lavoro è stato tanto influenzato da questi passaggi? È riuscita a mantenere sempre uno stile e un rigore molto riconoscibile negli anni, è d’accordo?
Credo che mi abbia ‘forgiato’ non tanto essere studente bensì vivere e lavorare a New York nei primi anni ottanta e poi a Berlino Ovest quando c’erano ancora il muro e le frontiere. Alla seconda sua domanda in merito a stili e rigore, mi scusi se non so rispondere; sinceramente cerco di fare quello che mi dice la testa, il cuore e l’occhio.
Ci sono delle opere che ha realizzato in passato – penso non a caso ai disegni e alle opere sui water e agli studi sui gabinetti pubblici e lo scorrere dell’acqua – che oggi sono molto attuali, sia dal punto formale che di poetica. Penso all’ultima opera di Maurizio Cattelan, il cesso d’oro al Guggenheim, che poi cita e ri-cita altri artisti che prima di lui hanno usato quel simbolo come segnale del mondo. Pensa che oggi vada a finire tutto li dentro?
Con due borse di studio dall’IBA Interntionale Bauaussustellung Berlin, nel 1987 e ‘88, ho ideato e progettato due gabinetti pubblici ecologici, ossia gabinetti senza l’uso di acqua potabile per lo scarico, e poi sviluppato gli studi di fattibilità con l’eco-ingegnere Harald Karaft. Non sprecare acqua potabile per trasportare le nostre deiezioni era una utopia, ma a Berlino già erano in fase di sperimentazione nelle case popolari. Credo che inevitabilemnte sarà uno standard nel prossimo futuro.
L’uso di materiali sempre diversi, spesso fragili e per la maggior parte d’uso quotidiano – candele, bucce di cipolle, specchi, acqua, coperte termiche, scope, per citarne alcune – è un altro timbro della sua ricerca. Nascono prima le idee, o gli oggetti? Prende spunto da ciò che esiste per creare queste opere/pensieri, o viceversa?
La sua domanda è difficilissima, ma la ringrazio. Non è un metodo, non è stratagemma, non è una strada maestra, non è consapevole… sempre piuttosto una sorpresa.
L’ultima mia domanda è un po’ più frivola, ma fondamentale per noi di Zero. Quali sono i posti che frequenta quando esce e fa una pausa dal lavoro? I luoghi dove va a bere e mangiare a Roma? Mi chiedo anche se ci sia un posto dove sa che troverà sicuramente del materiale adatto per un’opera o un’installazione… un mercato speciale, un negozio, un magazzino…
Vado nel parco di villa Villa Pamphili a Roma dove ci sono anche dei nuovi punti di ristoro, recentemente ristrutturati, molto carini. Amo molto girovagare per mercatini di cose usate, anche quelli piccoli e rionali. Adoro le bancarelle…
Dimenticavo una cosa Bruna, il titolo scelto per la mostra, cosa significa “davvero”?
Davvero?! Non ci credo!