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Intervista a Giacomo Giannella

Continua Orizzonti, la mappatura delle persone e dei progetti intenzionati a cambiare Milano di Zero e Meet the Media Guru

Scritto da Lorenza Delucchi il 6 maggio 2016
Aggiornato il 23 gennaio 2017

Come quando da bambini si diceva “giochiamo che io ero un pompiere”. La prendo da lontano perché spiegare cosa fanno Giuliana Geronimo e Giacomo Giannella, che poi sono gli Streamcolors, è dura. Ci riprovo: c’è un’immagine che mi piace. Posso rielaborarla con una specie di bacchetta magica o un volante, facendo un po’ quel che mi pare. Gioca che ti rigioca, mi ritrovo in mano una composizione che è la fotografia di un istante, unico, mio. Bello, no? Non per spezzare il romanticismo, ma tecnicamente questo è ciò che fa un software in real-time. Lo studio d’arte digitale Streamcolors si occupa di questo: mescola tecnologia 3D e linguaggio del videogioco per produrre arte generativa interattiva. Nel dubbio di aver capito male, ho chiamato Giacomo. La telefonata è durata molto a lungo, d’altronde abbiamo parlato di Kandinsky, di un’erborista e di quanto siano importanti le finestre. Ed eravamo sobri, giuro.

Zero – Vabbé, lo ammetto. Non ho una gran fantasia: spiegami cosa fate, ma facile eh!
Giacomo Giannella – Siamo degli inventori digitali. Studiamo giochi o macchine che possono accumulare l’immaginifico, partendo dalla realtà. Produciamo una forma di arte generativa che agisce sulla sfera emozionale di chi la fruisce.

Qui la cosa si complica…
Vedi, la settimana scorsa eravamo a Toronto per presentare un lavoro nuovo, dedicato a Kandinsky a 150 anni dalla sua nascita al Digifest, un festival sulla creatività e i New Media. Abbiamo portato un concept di carte da gioco design thinking partendo dal suo famosissimo Blue Painting. La grafica è diventata anche una video-installazione fruibile a tutti. Sai cosa ci diceva la gente dopo che la vedeva? “It’s healing” che più o meno vuol dire che “propizia la guarigione”. Quello che facciamo immerge le persone dentro a una percezione emotiva del reale, smuovendo qualcosa nel subconscio.

Giacomo Giannella al Digifest
Giacomo Giannella al Digifest

Torniamo per un attimo al gioco: la frase che mi diceva sempre mia madre: “Guarda che qui mica stiamo giocando”, per voi è un’eresia?
Sai che ti dico? Quello ludico è un linguaggio universale che travalica le generazioni. Se metto i bambini davanti a un oggetto del passato ne restano affascinati. Lo stesso accade per un adulto che si trova in mano una macchina che non ha mai visto. Abbiamo sempre più bisogno di un momento privato che alimenti la nostra curiosità, che ci metta in contatto con quello che siamo. Per questo penso che il termine ludico sia destinato ad avere sempre più valore. Noi lavoriamo partendo da questo.

Com’è che è nata questa avventura?
Direi per una serie di coincidenze che continuano a ripetersi. Streamcolors è nato nel 2014. Abbiamo deciso di buttarci in questa cosa lasciando i lavori che facevamo prima. Per dieci anni io ho lavorato come art director per una compagnia italiana di videogiochi, Giuliana ha un background accademico. Fatto sta che decidiamo di lanciarci. Ci serve uno studio, così ne cerchiamo uno da affittare. Fissiamo un appuntamento con l’agente immobiliare in via Vela. Lui alza la clair e cosa leggiamo sulla targhetta della porta? “Centro Europeo dell’arte digitale”. Ci ha spiegato che negli anni Ottanta quello spazio era lo studio di un’artista. Ovviamente abbiamo capito che quello era il posto per noi.

Giacomo Giannella e sua moglie, nonchè socia, Giuliana Geronimo
Giacomo Giannella e sua moglie, nonchè socia, Giuliana Geronimo

Ce ne sono altre di queste coincidenze?
C’è quella volta in cui, ad un corso, ho incontrato un signore che fa l’erborista. Chiacchieriamo e mentre ci mangiamo una pizza, gli spiego cosa faccio, mostrandogli su carta i miei lavori che mi portavo sempre dietro. Gli piacciono. Mi spiega che fra i suoi clienti c’è una persona a cui potrebbero piacere. Glieli lascio. Dopo una settimana si fa vivo e mi dice che Kean Etro vorrebbe incontrarmi. Insomma, è finita che ci siamo ritrovati a firmare la direzione artistica della sfilata maschile primavera/estate 2013 di Etro.

Il set di Etro sotto la direzione artistica de gli Steamcolors
Il set di Etro sotto la direzione artistica de gli Steamcolors

Ma sei uno smanettone sì o no?
Mi piacerebbe, ma no, non lo sono. Qui in studio c’è chi lo è. Certo, conosco gli strumenti, ho contezza dei processi. Ma più di tutto sono concentrato a fare ricerca, costruire strumenti di linguaggio, salvaguardando concept e finalità. Ecco su quello passo il 90% del tempo.

Vabbé, ma tu sei un filosofo digitale…
Ci hanno definiti poeti del digitale, che onestamente mi piace (ride ndr). Penso che nell’arte digitale ci sia una base di partenza comune, l’unicità sta nella realizzazione. Potrei dire che per noi la tecnologia è una possibilità, non una necessità. Non dobbiamo viverla come qualcosa che ci viene imposto del tipo “devo avere il sito”, “mi tocca essere sui social”.

"The Medium": video art, ispirata all’arte di Kandinsky è la video installazione inedita che gli Streamcolors hanno realizzato per la missione a Toronto.
“The Medium”: video art, ispirata all’arte di Kandinsky è la video installazione inedita che gli Streamcolors hanno realizzato per la missione a Toronto.

Mi dicevi prima che siete appena tornati da Toronto. Qual è la differenza fra lì e Milano?
A Toronto vedevano il nostro lavorano e capivano. Qui dobbiamo spiegare, rassicurare, confermare. In Canada ci sono sembrati pragmatici, intravedono il business e si lanciano. Lo sposano.

Ma come la vivevano questa cosa degli italiani che vanno a spiegare l’innovazione digitale là dove l’innovazione è di casa?
Hanno come un sesto senso per la creatività. La sanno riconoscere perché ce la attribuiscono. E poi penso sia opportuno uscire dalla dinamica per cui gli italiani sono bravi a fare certe cose e devono continuare a fare quelle. Per far crescere l’identità italiana all’estero dobbiamo aprire finestre, non ponti.

Che vuol dire?
Che i ponti implicano una distanza da attraversare, mentre le finestre no. E oggi viviamo in un mondo fatto di finestre.

Torniamo a Milano.
Milano è nel momento giusto. La crisi porterà bene. C’è volontà di riscatto, non so dirti se attecchirà. Ma di certo c’è stata una presa di coscienza sulla necessità di condivisione. Di progetti, competenze, idee, strumenti.

E gli Streamcolors dove vanno a condividere la loro arte digitale (ovvero a bere)?
Onesto? In studio. Invitiamo gli amici a venire qui, oppure arrivano loro. Proprio oggi è venuto a trovarmi un amico mosaicista. Lo studio è una factory dove lavoriamo, parliamo, mangiamo, scherziamo, ridiamo.