Milano, un pomeriggio di settembre. Tipica casa milanese, salotto ampio, piano alto. È qui che incontriamo i giovani musicisti del mdi ensemble, il più piccolo è classe 1988, mentre provano. Una realtà – ormai un riferimento per la musica contemporanea sia a livello cittadino sia nazionale – che in oltre quindici anni di attività è stata ospite delle più importanti istituzioni musicali italiane, tra cui MiTo – Settembre Musica, La Biennale Musica di Venezia, La Società del Quartetto di Milano ed è tutt’ora in residenza al Festival di Milano Musica. Eppure, come prima cosa ci raccontano che spesso per studiare si fanno ospitare da amici – o da genitori, come in questo caso – che amano la musica e che non hanno vicini particolarmente insofferenti. Ma le cose fortunatamente stanno per cambiare. Chiacchieriamo con Lorenzo Gentili-Tedeschi e Paolo Fumagalli, mentre gli altri (Sonia Formenti, Paolo Casiraghi, Luca Ieracitano e Giorgio Casati) procedono con le prove: a breve inaugurerà la rassegna Sound of Wander e il tempo stringe.
ZERO: Cominciamo dalla vostra storia…
mdi ensemble: Il gruppo nasce nel 2002 sotto la spinta dell’Associazione Musica d’Insieme che ci diede il nome: MDI ovvero Musica d’Insieme Ensemble. Nel tempo si è perso l’acronimo e siamo solamente MDI. Agli inizi con noi collaborava un direttore d’orchestra che seguiva le prove e organizzava il lavoro, ma dal 2008 siamo un gruppo autogestito. Ci dividiamo le cariche extramusicali organizzative, di direzione artistica, d’archivio.
Al profilo di esecutori avete affiancato anche quello di organizzatori. Bella sfida.
Esattamente. Proponiamo due stagioni, Sound of Wander a Milano, da settembre a dicembre, e Contrasti a Firenze, d’estate, al Museo del Novecento. Sound of Wander è alla seconda edizione, Contrasti alla terza.
Quali sono gli elementi che vi caratterizzano?
Abbiamo sempre cercato di concentrarci su linee ben precise, sia per non venire meno al nostro modo di intendere la musica, sia perché è necessario profilarsi molto bene all’interno dell’offerta che c’è nella città di Milano: ci sono altre stagioni di musica contemporanea e altre stagioni organizzate da gruppi come il nostro. Cerchiamo innanzitutto di mantenere un contatto costante con l’internazionalità, invitando compositori stranieri, spesso eseguiti all’estero ma ancora sconosciuti in Italia.
Chi verrà quest’anno?
Brice Pauset, Francesca Verunelli ed Enno Poppe. Enno Poppe in realtà è già conosciuto in Italia, ma la serata a lui dedicata è nata da una collaborazione con il Conservatorio di Milano con cui lavoriamo da diversi anni come Ensemble in Residence che si occupa degli esami di composizione. Enno Poppe è un direttore e compositore tedesco famoso ed è la prima volta che lavorerà con noi. Nell’appuntamento del 6 ottobre eseguiremo suoi brani cameristici e un grande pezzo d’ensemble con studenti del Conservatorio, guidati da noi.
E per quanto riguarda Brice Pauset e Francesca Verunelli?
La prima serata della rassegna, il 29 settembre, è dedicata a loro. Francesca ha mosso i primi passi da compositrice a Firenze, la sua città, ma ha avuto molte espansioni all’estero, soprattutto in Francia; cerchiamo di riportarla in Italia e di offrirle quello che merita. Il brano che eseguiremo sarà una prima italiana. Brice Pauset è una figura a tutto tondo. È direttore artistico dell’Ensemble svizzero Contrechamps, è direttore artistico di una stagione in Slovenia, è esecutore, pianista, clavicembalista, critico musicale e compositore. Secondo noi è una delle figure più interessanti da proporre in Italia, anche perché la sua produzione si può iscrivere a quel mondo post lachenmaniano cui noi guardiamo con interesse. Anche i due pezzi di Pauset saranno in prima italiana.
Quale altro elemento indichereste come caratterizzante della vostra rassegna?
Un altro aspetto di Sound of Wander è la presenza dei giovani, in questa declinazione: già dall’anno scorso abbiamo organizzato Call for scores, un concorso in cui chiediamo a giovani compositori di mandarci partiture. Quest’anno ci sono arrivati 180 pezzi. Mdi si incarica di selezionare i migliori: abbiamo scelto undici nomi per dodici brani, sei dei quali saranno eseguiti in questa edizione, gli altri nella prossima. Inoltre nella serata del 6 ottobre, oltre ai brani di Enno Poppe, suoneremo partiture di tre giovani compositori premiati l’anno scorso. Infine abbiamo invitato Simon Steen-Andersen, compositore danese relativamente giovane. Ci sarà una serata a lui dedicata, il 21 dicembre, ma anche una Masterclass da lui tenuta in cui saranno invitati a partecipare otto giovani compositori.
Abbiamo parlato di quasi tutti gli appuntamenti della rassegna. Manca “Altre voci: mdi ensemble, Tempo Reale e Monica Benvenuti”. Di cosa si tratta?
Con questa serata abbiamo creato un ponte con la nostra stagione di Firenze. Ciò che abbiamo pensato insieme al Tempo Reale Electroacustic Ensemble viene presentato a Firenze a settembre e poi arriva a Milano il 10 dicembre. È un progetto nato in nome di Luigi Berio, fondatore dell’ensemble: noi volevamo eseguire il suo pezzo Altra voce per flauto alto, mezzosoprano ed elettronica. A Milano non è proposto da tempo. È una partitura molto bella e abbiamo chiesto a Tempo Reale di occuparsene: così è nata la collaborazione. L’intento della serata è mettere insieme diverse generazioni di compositori italiani, sempre relativamente giovani, ma che abbiano Luciano Berio come punto di riferimento.
Come vi siete mossi con la ricerca degli spazi?
In genere, definito un programma, cerchiamo lo spazio più adatto per eseguirlo. Questa è un’aspirazione che deve tener conto delle difficoltà logistiche della città e delle collaborazioni che si attuano. Quest’anno toccheremo diversi luoghi a Milano: i concerti in collaborazione col Conservatorio saranno in Sala Puccini; Sound of Wander è nata in collaborazione con la Scuola Civica per cui faremo dei concerti all’Auditorium Lattuada, di loro proprietà; infine suoneremo al Teatro Arsenale, luogo piccolo, carino, in centro a Milano, dove pensiamo si possa fare della musica da camera in modo proficuo: la sala è piccola e ci sono condizioni di ascolto particolari. Per il futuro stiamo cercando un posto a Milano più connotato anche sulle altre arti e sull’eterogeneità dei linguaggi. Si vedrà.
Che legame avete con la città di Milano?
Il gruppo storicamente è nato a Milano, ma abbiamo iniziato a cercare un legame stretto con la città da quando organizziamo la stagione; in realtà l’abbiamo anche ottenuto con la residenza a Milano Musica. Prima eravamo un ensemble invitato a suonare e facevamo tutto: abbiamo girato rassegne e festival. Da quando siamo arrivati in residenza a Milano Musica ci siamo radicalizzati qui. Il pubblico negli anni si è fidelizzato e anche per questo abbiamo deciso di organizzare una rassegna. Inoltre forse Milano è l’unica città, in Italia, in cui si può tentare di organizzare qualcosa del genere: i gruppi di musica contemporanea in altre città non vivono la stessa internazionalità che si respira qui.
Sorge spontanea la domanda: come vi sembra la situazione attuale della musica contemporanea a Milano e in Italia?
Milano è sempre stata la città più contemporanea d’Italia, soprattutto dal punto di vista musicale. Spesso negli anni 80 alla Scuola Civica venivano a insegnare e suonare i più grandi compositori e docenti. Ci sentiamo fortunati a lavorare qui con la contemporanea: rispetto ad altre città notiamo molta più propensione verso la musica contemporanea e l’internazionalità, probabilmente dovuta anche al fatto che geograficamente la città è molto più vicina al cuore dell’Europa rispetto ad altre. È faticoso, ma sentiamo che qui ci sono le basi per poter fare qualcosa.
Ad esempio?
Abbiamo partecipato a un bando di assegnazione di spazi alla la Fabbrica del Vapore; per fortuna è andato a buon fine e avremo una sala prove. Enorme. Circa 200 metri quadri. A Milano non percepiamo tanta ritrosia nei confronti della musica contemporanea, la sentiamo più dal punto di vista nazionale: gli altri ensemble, in Francia o Germania, hanno stipendi pubblici, aiuti e sostegni statali. In Italia bisogna sempre fare tutto da soli perché non c’è uno stato sociale che vada incontro al nostro status: siamo un po’ di nicchia ma anche borderline, non abbiamo un contratto con un teatro, non abbiamo un contratto con una scuola…
Milano è l’unica città, in Italia, in cui si può tentare di organizzare qualcosa del genere: i gruppi di musica contemporanea in altre città non vivono la stessa internazionalità che si respira qui.
E con Milano Musica?
Dopo sei anni si conclude la nostra residenza, questa è l’ultima stagione. Non si conclude, però, il rapporto con loro. Nella rassegna di quest’anno eseguiremo all’Hangar Bicocca, il 28 e 29 ottobre, un brano pazzesco di Luigi Nono, Guai ai gelidi mostri con Alvise Vidolin, e una nuova commissione chiesta al gruppo /nu/thing, insieme di cinque compositori che per la prima volta hanno scritto un pezzo a cinque mani. Evento piuttosto inedito e inusuale. Il 19 novembre terremo invece un concerto al Teatro Girolamo con musiche di Salvatore Sciarrino, cui è dedicato il Festival, e Helmut Lachenmann. Di Helmut Lachenmann faremo Tema A per flauto, voce e violoncello e Trio d’archi. Giusto questa domenica siamo stati a casa sua, sul Lago Maggiore, a provarli tutto il giorno.
Avete avuto modo di lavorare anche con Sciarrino?
No, ma non abbiamo incrociato la sua musica troppo spesso. Speriamo che sia questa l’occasione per conoscerlo. Sarà una bella sfida perché Sciarrino è un compositore molto esigente con gli interpreti.
Nella presentazione della stagione avete scritto che gli incontri avranno carattere divulgativo. In che senso? Sono previste delle brevi introduzioni come avviene, ad esempio, prima dei concerti di Sentieri Selvaggi?
In realtà abbiamo deciso di lasciare liberi i compositori: potranno decidere, come meglio credono, se parlare prima del concerto, dopo, se non dire niente, in base al bisogno del momento. Inoltre abbiamo iniziato a registrare interviste video prima, durante o dopo le prove; queste vengono messe online con l’intento di far conoscere i compositori o di associarli al nostro gruppo e ai nostri brani.
Chi è il compositore cui siete più legati?
Helmut Lachenmann. Per mdi ensemble è sempre stato la figura di riferimento, per la qualità che la sua musica richiede e per il rapporto umano che si è instaurato con lui. Come già detto, domenica scorsa eravamo a casa sua a provare; siamo rimasti tutto il giorno, lavorando, studiando, mangiando, condividendo. Da sempre è lui la guida del gruppo e infatti gli abbiamo appena dedicato un grosso lavoro, in uscita a breve: See the Sound, omage to Helmut Lachenmann. Si tratta di un dvd che abbiamo registrato due anni fa a Venezia e uscirà a ottobre. Andremo a Parigi a presentarlo perché lo pubblica un’etichetta francese. Questo è “IL” lavoro su cui mdi ha investito tempo e denaro negli ultimi due anni. Ci sarà una lunghissima intervista al compositore e i quattro suoi pezzi da camera o solisti più celebri per il nostro organico.
Perché si chiama “See the sound?”
I brani sono registrati con diverse telecamere, vicinissime agli strumenti, in modo da riprendere nel dettaglio le tecniche di esecuzione e come si produce il suono di Helmut Lachenmann. Questo tipo di lavoro è stato fatto perché ne possano beneficiare i futuri interpreti: abbiamo lavorato direttamente col compositore seguendone le indicazioni. L’intervista, invece, è una sorta di documentario e ha un taglio piuttosto divulgativo.
Bel lavoro. Quando sarà presentato?
Il 16 ottobre a Parigi, si troverà online e nei negozi. La RAI, inoltre, ne ha acquistato i diritti, per cui già da Natale andrà in onda su Rai 5.
Altri progetti?
Importante è parlare di Contemporary Music Hub: un’associazione nata nel 2012 che mette in rete alcune realtà di musica contemporanea di Milano. In questo momento Music Hub è composta da quattro associazioni: oltre alla nostra c’è Divertimento Ensemble, Agon e MMT e insieme abbiamo partecipato sotto il nome di Music Hub al bando per lo spazio della Fabbrica del Vapore. Sarà una realtà nuova a Milano. Tutto questo sarà accompagnato da un progetto che abbiamo presentato in comune di divulgazione e formazione che coinvolgerà le quattro realtà. Di progetti poi ce ne sono tanti, ci piacerebbe ad esempio in un futuro lavorare con i giovani anche per quanto riguarda l’esecuzione della musica contemporanea: spesso nei Conservatori non si insegna a suonare contemporanea, magari senza un direttore. Ma si vedrà!