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Michele Seppia

A capo della Nero Design Gallery di Arezzo, sarà nella sezione Object di MIART 2017

Scritto da Valentina Silvestrini il 6 marzo 2017
Aggiornato il 28 marzo 2017

Foto di De Pasquale+Maffini

Luogo di residenza

Arezzo

Attività

Gallerista

Fondatore nel 2005 della galleria aretina Nero Design Gallery, Michele Seppia ha dato vita a un indirizzo che si è fatto strada a livello nazionale, e non solo, tra collezionisti e appassionati di design storico e contemporaneo. Dal ritmo rilassato dell’incantevole piazza San Francesco, nel cuore della città toscana dell’oro, alla nuova edizione di Miart, nella sezione Object, il passo è breve.

Photo credits_PEPE fotografia
Duccio Maria Gambi, Petrografico, Photo credits_PEPE fotografia

Dopo Operae design festival, a Torino, con Nero Design Gallery sarai a Miart. Cosa ci anticipi di questa partecipazione?
A Milano proporremo una sorta di wunderkammer. La sezione Object di Miart, anche quest’anno curata da Domitilla Dardi, si sviluppa secondo il tema guida de “Il collezionismo”. Noi lo abbiamo sviluppando creando una sorta di spazio ideale, misura del nostro “collezionista ideale”. Divideremo il progetto in due sfere, una maschile, l’altra femminile. In questo contesto, esporremo lavori inediti di Duccio Maria Gambi, continuando la collaborazione che abbiamo avviato con l’azienda Italpietre; proprio con loro, tra l’altro, abbiamo curato il progetto Petrografico, per Operae. Duccio, in questa occasione, accosterà la pietra, dura e naturale, con materiali sintetici. Il risultato sarà l’attivazione di un dialogo sorprendente.

Duccio Maria Gambi, sospensione quadrangolare
Duccio Maria Gambi, sospensione quadrangolare

Ci saranno anche altri artisti?
Sì, presenteremo opere inedite anche di Roberto Baciocchi, con il quale collaboro da diversi anni. Per la prima volta mostreremo un progetto concepito da Iosselliani Design e una lampada molto particolare, in edizione limitata, progettata appositamente per noi dal duo Salotto Dinamico, formato dagli architetti fiorentini Alberto Grassi e Maurizio Pettini. Oltre a questo, ci sarà un’accurata selezione di design storico e oggetti insoliti e curiosi.

Qual è l’identikit del tuo “collezionista ideale”?
In realtà il nostro non appartiene a un target ben definito. Penso che una persona si approcci in maniera interessata a un oggetto se quest’ultimo possiede un’identità vera, potente. E, forse, anche quando il gallerista riesce a trasmettere e far capire la forza che può rivelare.

Nero Design Gallery, Photo credits_Chiara Vettraino
Nero Design Gallery, Photo credits_Chiara Vettraino

Un profilo in parte indefinito, come quello che lasci intravedere, come si relaziona al mercato? Come sta andando la fase attuale?
Sinceramente, in questo momento, si avverte un grande cambiamento. Non si riesce bene a capire – non solo noi – dove si stia dirigendo il mercato. Anche per questo continuo a credere che sia fondamentale dare vita a progetti che possiedano una forte personalità e che abbiamo sempre un innesto di novità al loro interno.

Facciamo un passo indietro. Sei un interior designer. Come e dove ti sei formato? Quali sono state, negli anni dei tuoi studi, le figure di riconoscimento nei campi della progettazione architettonica, del design e dell’arte?
Ho studiato alla Facoltà di Architettura di Firenze, negli anni Ottanta. Ho frequentato la città in un periodo di fermento forse irripetibile, sia per la moda, sia per il design. Tra i miei punti di riferimento assoluti, ieri come oggi, cito Gio Ponti e Angelo Mangiarotti, cui dedico in maniera costante parte della mia ricerca. E poi, sul fronte dell’arte, non posso non segnalare Alberto Burri. Pur non essendo il Toscana, la sua Città di Castello è una destinazione in cui mi reco spesso e ci conduco chiunque: ho fatto il solco da Arezzo agli Ex Seccatoi del Tabacco! Tra l’altro questo spazio espositivo crescerà ancora nel corso dell’anno.

Esiste un tratto distintivo che unifica tutti i tuoi interventi, indipendentemente dalla scala?
Tengo moltissimo al rispetto della materia e di quanto è storicizzato. Questo atteggiamento si riflette non solo negli incarichi di ristrutturazione. Lo mantengo in qualsiasi progetto: per me l’atto di conservare quanto “di bello” possiede un determinato luogo è fondamentale. Pulizia e linearità delle forme identificano il mio stile. E poi mi piace molto agire sovrapponendo stili diversi, unendo le “cose belle” di epoche distinte.

Nero Design Gallery, foto Chiara Vettraino
Nero Design Gallery, foto Chiara Vettraino

Un atteggiamento che può sfociare anche in un pronunciato eclettismo?
Direi di no. Definirei il mio un “eclettismo equilibrato”.

Ad Arezzo, la tua galleria si trova a due passi dalla Basilica di San Francesco, luogo simbolo della città che conserva il ciclo delle Storie della Vera Croce di Piero della Francesca. Concentrandoci sulla sfera produttiva, Arezzo resta legata alla produzione orafa e anche all’antiquariato, che da qui richiama una specifica gamma di visitatori. Queste due tradizioni che ruolo hanno avuto nella tua formazione e nel tuo lavoro?
Sono appassionato di design da sempre, fin da bambino. Considero la mia, per estensione, una “passione per il bello”, per le “cose belle”. Vivo e lavoro ad Arezzo e seppur in una dimensione diversa da chi ha contatti con il design giornalmente, come ad esempio avviene a Milano, considero la mia una condizione portatrice di non pochi risvolti positivi. Qui siamo sicuramente facilitati dall’avere una rete di artigiani molto forte e una tradizione di “attività manuali” davvero radicata. Per una persona curiosa come sono sempre stato – già da piccolo lo ero! -, la possibilità di frequentare botteghe, in primis i laboratori orafi, in cui varie materie vengono manipolate per dare vita a creazioni straordinarie credo abbia esercitato una forte influenza. Anche il contributo della Fiera Antiquaria di Arezzo non è da trascurare: fin da ragazzino mi ha affascinato. Penso che l’attività stessa del cercare, dello scoprire un oggetto tra mille altre abbia avuto la sua importanza nella mia crescita.

Da aretino e da professionista, come credi siano evolute queste due “anime della produzione locale” negli ultimi anni?
La fiera è ancora un appuntamento fisso con la città – si svolge nel centro storico, la prima domenica di ogni mese – e riesce a portare tantissime persone da fuori. Certo, la situazione è molto cambiata rispetto agli anni scorsi. Faccio un esempio: fino a circa 15 anni, un ricercatore di Napoli o di Caserta, tanto per citare due luoghi, doveva venire fin qui per vendere i suoi prodotti, magari anche molto interessanti e validi. Era una delle poche occasioni. Oggi, con l’avvento di Internet e la promozione che ciascuno può portare avanti con i social, in qualsiasi momento su scala globale, anche questo contesto ne ha risentito. Tuttavia, nella “città dell’oro” questa tradizione resiste bene.

Miart 2016 nero design gallery
Miart 2016 nero design gallery

Quindi “provincia felix”, tutto sommato. Il fatto che Arezzo sia ad un’ora circa di treno da Firenze e da Roma ti hai mai incoraggiato a prendere in considerazione la possibilità di estendere la sede in una di queste due città?
Nel rimanere in una “piccola città” i vantaggi superano gli svantaggi. Non nascondo che la visibilità potrebbe essere amplificata, fissando una sede anche in una città più grande e frequentata. Eppure, dovendo ipotizzare un’alternativa, non scegliere nessuna delle due che citi.

E quindi, preferiresti Milano? Quanto la conosci?
Neppure, anche se è una delle città italiane che prediligo. Come molti, nutro il classico rapporto odio et amo, ma va riconosciuto che il design è Milano: non ci sono alternative. Da lì, soprattutto per chi opera come me sul fronte del Novecento, è partito tutto e non esistono eguali su scala internazionale. Consideriamo poi un appuntamento con Miart: ti fa vivere la città per una settimana intera 24 ore su 24. E, in più, ti permette di essere in contatto con il collezionismo dell’arte e con figure che lo conoscono profondamente.

Operae Torino, Nero Design Gallery, Photo credits © Martina Maffini
Operae Torino, Nero Design Gallery, Photo credits © Martina Maffini

Hai una zona preferita a Milano?
Mi piace girarla liberamente, spostandomi ovunque. Tuttavia prediligo Brera.

Durante i tuoi soggiorni in città dove potrebbe capitare di incrociarti?
Con continuità frequento la Galleria Luisa delle Piane, in via Giusti, per la quale nutriamo grande stima e con cui abbiamo anche delle “affinità di vedute”. E poi vado spesso da Subalterno1. Il proprietario è un mio grande amico, siamo in contatto quasi quotidianamente!

Milano continua a cambiare. Tra gli edifici aperti di recente hai già individuato un indirizzo di riferimento?
Sicuramente la Fondazione Prada, uno dei posti più belli che sono stati realizzati in questa ultima fase. Credo Milano possa andare molto fiera di possedere uno spazio come quello.

Dove vai a mangiare?
La Latteria di via S.Marco è in assoluto tra i miei preferiti!

E invece, ad Arezzo, cosa ci consigli?
Sono due gli indirizzi da non mancare. Per bere del buon vino e fare un aperitivo vero, consiglio Terra di Piero del mio amico Cristiano, in Piazza San Francesco: hai una selezione di etichette notevole. Per un pasto completo, il mio posto preferito è L’osteria da Giovanna, in via Anconeta, alle porte di Arezzo. Si mangia in modo incredibile, con prodotti di qualità. Questi sono i miei preferiti!

A proposito di “città piccole”, Monza ha iniziato a ospitare un ciclo di esposizioni dedicate a figure del design italiano legate al territorio allargato della sua provincia. Dopo Pierluigi Ghianda, Villa Reale sta ospitando la mostra Ritrovare Ico Parisi. Secondo te, quali sono gli autori del Novecento italiano che dovremmo ancora “ritrovare”?
Il primo è proprio Ico Parisi, uno dei più grandi in assoluto a cui, escludendo gli addetti ai lavori, in generale, è stata fin qui destinata un’attenzione ridotta rispetto al suo rilievo. E poi, Luigi Caccia Dominioni e Ignazio Gardella, entrambi autori di opere straordinarie. Grandioso, inoltre, è stato il contributo di Dino Gavina: penso che, ad oggi, non gli sia stato ancora reso il tributo che merita.

E tra le giovani leve su chi punti?
Oltre ai tanti che tratto nella mia galleria, amo molto il lavoro di Lex Pott. Segnalo inoltre il duo Odd Matter, di cui apprezzo molto il linguaggio e la filosofia, e Sabine Marcelis, anche lei davvero interessante. E poi, tra i miei preferiti, c’è anche Max Lamb: lui è già una stella!

complemento liquido, Duccio Maria Gambi, Photo credits_Michael DePasquale
complemento liquido, Duccio Maria Gambi, Photo credits_Michael DePasquale

Dunque, visto che non è Milano, dove ti piacerebbe aprire una possibile nuove sede di Nero Design Gallery?
Confesso che sono profondamente legato a Parigi. L’ho frequentata tanto, fin da bambino: probabilmente, dopo Arezzo e Milano, è la città che conosco meglio. Ho rapporti con molti colleghi e molte gallerie che operano lì. Nero è nata con la vocazione per il design storico e, già nei primi anni di attività, abbiamo sempre raggiunto la capitale francese proprio per la sua notevole offerta, anche a livello di mercati. Andavamo sia a comprare, in veste di “cercatori”, che come venditori, presentando lì i nostri allestimenti. Se, un domani, dovessi trasferirmi dalla Toscana andrei lì. Senza ombra di dubbio.