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Francesco Cavaliere

Artista visivo e musicista, dopo i due set per Terraforma 2016, Francesco Cavaliere sarà l'autore dell'artwork della prossima edizione del festival. Ci siamo fatti raccontare qualcosa di più del suo processo creativo in vista della presentazione di Carte Mutaforma, dove per l'occasione suonerà anche live, martedì 14 febbraio alla galleria Gluck50.

Scritto da Chiara Colli il 10 febbraio 2017
Aggiornato il 15 giugno 2017

Foto di Francesco Cavaliere

Luogo di nascita

Volterra

Luogo di residenza

Berlino

Attività

Artista

Favole che si leggono con le orecchie, viaggi dentro mondi immaginifici popolati da forme di vita bizzarre e costellazioni iridescenti. Musica ma soprattutto parole, sonorizzazioni ma soprattutto storie: nell’universo parallelo di Francesco Cavaliere c’è un’alchimia speciale tra qualcosa a metà fra magia ed elementi del reale. Pareti e pareti di librerie sonore in continuo aggiornamento e trasformazione, che vanno a comporre “racconti sonori” dove la parola diventa protagonista – come nei radiodrammi o magari nell’Opera. Artista visivo e musicista a metà tra cantastorie del fantastico e ricercatore sci-fi, Francesco Cavaliere ha esposto i propri lavori in ambito visivo e musicale da Tokyo a Stoccolma e lo scorso anno ha condensato le sue esplorazioni cosmiche nei due volumi di Gancio Cielo (menzionato anche nella nostra guida ai dischi dell’anno), licenziati da Hundebiss – con cui Francesco è legato a doppio filo anche per via delle collaborazioni con Invernomuto. Dopo un doppio set per la scorsa edizione di Terraforma, quest’anno è stato chiamato per crearne l’artwork, che presenterà il 14 febbraio dopo una breve residenza alla galleria Gluck50. Un processo compositivo – quello delle Carte Mutaforma – affine a quello della sua produzione musicale che, tra le altre cose, abbiamo provato a farci spiegare nelle righe che seguono.

ZERO: Come prima cosa raccontaci come hai iniziato ad appassionarti alla musica. E poi Volterra, crescere in provincia ha influenzato il tuo percorso artistico?
FRANCESCO CAVALIERE: Probabilmente la passione per la musica è nata da qualche cassetta che mi è apparsa tra le mani alle elementari, qualche melodia sentita in giro, qualcosa di cui non sapevo il nome. A quell’età, anche se i dischi ti arrivano da vie terze – la famiglia o gli amici – ci si affeziona facilmente: copertine, canzoni e musiche che probabilmente non ti appartengono, ma che iniziano a far parte del tuo quotidiano. Volterra sicuramente è una città che ha avuto importanza nella mia formazione: la sua storia, le atmosfere, le prime periferie, la gente, l’ex ospedale psichiatrico… E le sale prove del Chiarugi: chi le ha vissute sa cosa intendo.

Nel tuo albero genealogico c’è una nonna professoressa di musica, grazie alla quale hai imparato a usare i registratori a cassetta ancor prima del pianoforte e della chitarra. Che tipo di impatto ha avuto sulla tua formazione rapportarti alla musica attraverso qualcuno che provenisse da una generazione diversa?
Indubbiamente mia nonna ha influenzato un po’ tutti nella nostra famiglia – incluso me, l’unico che poi ha deciso di imparare a suonare uno strumento musicale. Ci ha sempre costretti a fare una distinzione tra musica alta e leggera, senza avere un giudizio troppo negativo per la leggera. I primi studi e ascolti classici li abbiamo fatti insieme. Iniziò a capire la mia musica solo quando le dissi: «Nonna, sono suoni per dei documentari, capito?!». Allora mi sorrise.

Le tue composizioni sono “favole”, storie – non semplicemente brani. In che modo il meccanismo del gioco si rinnova ed è un elemento chiave nel tuo processo creativo e nella sua interazione col pubblico?
Quando finisco un nuovo lavoro inizia una fase d’ascolto, in quel momento divento il mio primo ascoltatore. Dopo di che non ascolto quasi mai la mia musica. Anche per la correzione minima di alcune frasi necessito un distacco netto, mi metto a dormire! Quando l’ errore arriva, mi alzo e cerco di risolverlo. In realtà non so se ho risposto alla tua domanda…

Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Mi piace osservare cosa mi succede attorno, percepire qualche anomalia, dettagli dai cui scaturiscono altre cose… Qualcuno che fruga nella sua borsa a lungo, una persona dietro di te in fila, ti giri un secondo… E lui/lei si gira a sua volta: non vuol farsi vedere? O è un caso?

Forse più di ogni altra cosa che abbia sentito in Italia, soprattutto a livello “estetico”, la tua produzione – Gancio Cielo, ma anche Capogiro degli Dei, dove però c’era uno specifico orizzonte di riferimento – ricorda il lavoro fatto dall’etichetta inglese Ghost Box, un approccio per cui, per loro stessa definizione, la musica è la colonna sonora di mondi paralleli. È così anche per te?
Mi pare un parallelo giusto, conosco la casa discografica, non troppo le loro produzioni. La mia musica è fatta con librerie sonore, elenchi di suoni dai nomi improbabili, spesso difficili da trovare. Ognuno ha una sua specifica funzione timbrica, ritmica, atmosferica… Non so se sono mondi paralleli, ma è vero però che sono vivi: mi parlano e io gli rispondo.

La voce è uno strumento fondamentale del tuo lavoro. Da dove arriva questa esigenza, che valore ha affidare alla parola un peso così importante nella creazione della tua musica?
Puoi raccontare una storia in diversi modi, anche senza parole. Uso la voce perché mi piace diventare ciò di cui sto parlando, anche se per pochi secondi: come accennavo prima, ogni suono possiede un nome, un’icona propria, spesso poetica. A un certo punto ho deciso di usare il mio metodo d’archivio per scrivere le mie storie.

Carte Mutaforma: Case delle formiche
Carte Mutaforma: Case delle formiche

Ci sono degli espedienti “simbolici” che usi in maniera ricorrente, a scopo narrativo?
Direi proprio di si, ogni cellula ne possiede uno, ma sono segreti…

Con le tue produzioni si ha la sensazione di ascoltare elementi reali ma filtrati dall’immaginazione…
L’unico strumento che riesce a filtrare realtà e immaginazione in un unico “take” è il nastro, un po’ come la pellicola. Peccato per la sua definizione, spesso sciolta e incorreggibile. Se non fosse per questo, sarebbe ancora il mio strumento preferito.

Che ricordo hai della tua esperienza a Terraforma lo scorso anno?
Un bel festival, lungo più giorni – abbastanza per creare quel distacco dal quotidiano che bussa alla porta. La cosa più divertente é perdersi nel parco il giorno e la notte, sentire i suoni da molto lontano…

Arriviamo all’artwork di Terraforma: ci spieghi come avverrà la sua creazione, a partire dalla tua residenza alla galleria Gluck50?
Quella da Gluck sarà una residenza molto breve, una settimana circa, nel corso della quale saranno conclusi dei lavori “grafici” per Terraforma: scelta della carta, prove di stampa, formati. Allo stesso tempo sarò impegnato per la preview di un nuovo lavoro audio, nuove cose che sto scrivendo e a cui pian piano abbino dei suoni, dei temi melodici.

Per quanto riguarda l’ispirazione/concept effettivo dell’artwork, hai parlato di elementi ispirati alla chimica, alla biologia, alla botanica e alla geologia. Come è stato il passaggio dalla teoria alla pratica, vuoi citarci alcune “fonti”?
La mia musica è principalmente fatta dalla composizione di caselle, cellule che si trovano all’interno di librerie sonore. Queste Carte Mutaforma sono praticamente la stessa cosa, ma in questo caso esistono delle fonti: atlanti di biologia contemporanei, dove si approfondiscono fattori comportamentali ereditari o il modo in cui nuove scoperte riescano a identificare le vegetazioni del nostro pianeta nelle diverse epoche storiche. Nello specifico, menzionerei come testi Atlas biologie végétale – Volume 2 e il Journal of Archaeological Science.

Carte Mutaforma: Nomenclatura 2
Carte Mutaforma: Nomenclatura 2

La mutazione continua che valore assume in particolare in questo artwork e che senso ha a livello più ampio nella creazione artistica – che ha un profondo rapporto con l’elemento naturale o comunque con il contesto in cui viene prodotta?
Sono tavole originate dalla commistione di elementi vari, zoologia, chimica, biologia. Mi piace pensare che una volta separati gli elementi, se reinseriti su un piatto comune, inizino ad animarsi di nuovo, in modo spontaneo. Secondo me succede veramente: son sempre diverse! Quando parlo di “carte” intendo un insieme di immagini su uno stesso piano, delle sorte di mappe, non delle carte da gioco.

Che origini ha la tua collaborazione con Simone Trabucchi e Simone Bertuzzi, alias Invernomuto?
Con Invernomuto c’è un’amicizia oramai storica, sono dei fratellini immaginiari. Quando ci incontriamo lo scopo principale è l’avventura! E quindi esplorare qualche posto che non conosciamo, estendere il nostro lavoro con qualche esperienza altra… Che ci possa accadere qualcosa d’impossibile oggi! Alla galleria Gluck50 lavoreremo insieme su degli effetti speciali per il cinema, cosa che ci affascina da sempre. Non so se sarà poi visibile il 14, è qualcosa di più ampio, non specificatamente per una performance o una serata.

Carte Mutaforma: Card 2
Carte Mutaforma: Card 2

Per certi versi, il metodo che hai adottato nella creazione di questo artwork e che usi per la tua musica sembra affine al concetto di library music, una sorta di ricettario, di compendio sonoro ognuno con corrispondenze specifiche eppure universali. Sei un appassionato di musica per sonorizzazioni e colonne sonore, ti affascina quel patrimonio e quella storia e ci sono dei compositori, eventualmente, che ami?
Spesso ascoltando i miei lavori possono tornare alla mente cose come la musica per i film sci-fi e fantasy, ma per me l’Opera o alcune composizioni per la danza possiedono elementi simili a quelli che oggi hanno, ad esempio, le colonne sonore. A mio avviso l’Opera è la prima forma di sonorizzazione di storie e mondi che vanno oltre il puro ascolto. Ci sono tanti classici che mi hanno sempre affascinato, probabilmente banali, per esempio L’ Enfant et les sortilèges di Ravel, Die Zauberflöte di Mozart, La Campana Sommersa di Respighi. Più vicini ai nostri tempi, invece, sono i lavori di Robert Ashley e Henry Chopin.

Puoi darci delle coordinate circa il live che farai il 14 febbraio?
Sto scrivendo qualcosa di nuovo, che probabilmente prenderà un po’ di tempo… Quella del 14 sarà una sorta di introduzione a una nuova storia e a alle sue musiche. Vorrei produrre una specie di libro e un disco che l’accompagni: quando parlo di libro penso a una sorta di manuale d’istruzioni per un gioco: conosci le edizioni Mojang Minecraft Construction Handbook? Qualcosa cose del genere…

L’immagine di copertina è un collage realizzato da Francesco Cavaliere che unisce la foto di un pane ritrovato a Pompei ora in mostra a Hong Kong, il diagramma di un programma per sintesi vocali e una piccola foto di Francesco che dona pochi centesimi a una tartaruga porta fortuna in Cina.

I video sono di URSSS, che ringraziamo.