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Tyler: connect with nature

In un documentario girato all'Isola d'Elba, Tyler ci esorta a riconnetterci con la natura

Scritto da Eric Fiorentino e Simone Muzza il 18 ottobre 2019
Aggiornato il 14 settembre 2020

Luogo di residenza

Marciana Marina (LI), Isola d'Elba

Tyler ov Gaia è attivista ecologista, divulgatore e ricercatore di suoni. È anche molto attivo sui social dove condivide le sue esperienze di vita sull’Isola d’Elba. Complice il lancio del documentario “Tyler – connect with nature”, lo abbiamo intervistato per saperne di più sul suo rapporto con l’alimentazione, la musica e la natura.

Durante un lungo ponte di aprile in cui noi di ZERO eravamo all’Isola d’Elba, siamo stati osservatori privilegiati del suo stile di vita fatto di corse nei boschi, nuotate nel mare anche d’inverno, alimentazione sana, equilibrata e il più naturale possibile (ancora grazie, Tyler, per quelle fragoline di bosco lasciate in reception) in quello che è indubbiamente uno dei luoghi più belli d’Italia; tuttavia non siamo stati noi a girare questo fantastico documentario divulgativo e senza intenti di lucro, del quale siamo media partner, ma il videomaker Valerio Leo, al quale vanno i nostri complimenti per il lavoro svolto.

Un documentario che ci è sembrato cruciale in questo periodo storico in cui l’uomo ha finalmente preso consapevolezza che i suoi stili di vita non sono più compatibili con la sua stessa sopravvivenza. Un documentario che ci è piaciuto, tra le altre cose, per il tono con cui vengono raccontate le cose: Tyler non giudica; non si scaglia contro i carnivori, spiega loro perché non fa bene mangiare la carne; non demonizza i cittadini, semplicemente ci ricorda come i nostri centri urbani siano sempre più distopici; e così via… Insomma ci stimola, ci insinua un dubbio: a noi decidere come agire nella vita di tutti i giorni.
La parola a Tyler, un uomo connesso con la natura.

 

Come inizia la tua giornata quando ti svegli all’Isola d’Elba?

Mi sveglio presto, quando il cielo è ancora buio. Faccio qualche esercizio leggero per risvegliare il corpo e la mente. Poi bevo una tazza di tè bancha mentre i primi bagliori dell’alba filtrano tra gli alberi. Adoro i colori e la pace di questo momento.

Come organizzi il tuo tempo?

La mattinata la dedico a lavoro, orto, musica e scrittura. A mezzogiorno corsa nel bosco che concludo con il rituale tuffo in mare. Il pomeriggio mi piace leggere su una grossa roccia circondata dall’acqua. Il rumore delle onde mi è amico, sgombra la mente e mi accompagna in uno stato di equilibrio e lucidità. Al tramonto faccio yoga e dopo una cena leggera il mio corpo rallenta fino al momento di dormire.

Hai un forte rapporto col mare?

Mi piace nuotare. Credo che sia l’esperienza umana più prossima al sogno che l’uomo possa fare in stato di coscienza.

Nuoti anche in piscina?

No, l’odore di cloro e la sicurezza della corsia non mi darebbero gli stessi benefici. La piscina è geometria, griglie, la retta nera sul fondo. Io desidero avere un confronto con l’acqua in un ambiente non addomesticato. Il mare invece è libero, vasto, mutevole. Nuoto anche quando le onde appaiono grosse e spaventose. A gennaio quando la temperatura esterna si avvicina allo zero mi tuffo e riemergo dopo solo qualche bracciata, ma il vigore dato dall’acqua gelida è unico e totale.

Quando vivevi a Milano la tua giornata immagino fosse molto diversa. Come giudichi la tua esperienza passata?

Milano mi ha dato tanto. Ho conosciuto persone vitali, intelligenti, fuori dal comune. Milano è un crocevia di destini. È anche l’unica porzione d’italia dove vige qualcosa di simile alla meritocrazia. Però è anche una città infetta e inquinata. L’aria è la peggiore che abbia respirato in vita mia.

Ogni quanto torni a Milano?

Circa una volta al mese, per un paio di giorni. L’intermittenza giusta per godere dei suoi aspetti positivi e non essere sopraffatto da quelli negativi.

Quando torni in città quali luoghi continui a sentire tuoi? Cosa ti piace di questi posti?

Mi piacciono le librerie. La minuscola Colibrì e in generale le librerie indipendenti, ma anche l’austera Rizzoli in Galleria, il suo piano – 1 è una caverna del drago che custodisce un’ottima selezione di saggi storici. È un luogo silenzioso, con poltrone per leggere e le luci basse.

Dove mangi a Milano?

Dove si cucinano cose buone e sane. V3Raw, Il centro macrobiotico, Joia. E poi la pizza vegana da Pizza Biscottata. La più buona in città.

Quando hai smesso di mangiare carne?

Oltre 20 anni fa. La mia dieta si è evoluta con me, prima vegetariana, poi vegana e macrobiotica. Con il tempo ho imparato a bilanciare e a capire l’importanza dell’origine dei prodotti. Ho appreso che quello che mangiamo determina profondamente la qualità della vita.

Il tuo video in cui spieghi perché mangiare carne provoca danni alla salute ha superato il mezzo milione di visualizzazioni. Com’è nata l’idea di realizzarlo?

La scienza oggi ha raccolto abbastanza dati che stabiliscono una verità inoppugnabile: mangiare carne e latticini è dannoso. Chi mangia carne ha statisticamente una vita peggiore e più breve rispetto a un vegano. La società però non ha ancora introiettato quello che la scienza ha dimostrato. I luoghi comuni come “la carne fa buon sangue” oppure “si è sempre fatto così” sono fasulli, persino ridicoli, eppure persistono. Con il mio video ho voluto sintetizzare gli studi e divulgarli senza banalizzarli, perché le informazioni fossero a disposizione di tutti.

 

Come mai hai scelto di vivere all’Isola d’Elba? Com’è vivere li?

Vivere in città mi procurava un senso di oppressione fisica e psichica. Mi sentivo vittima e complice di un sistema di cui non volevo fare parte. Desideravo toccare i tronchi degli alberi, le foglie, vedere il cielo nella sua interezza. Vivo nella parte occidentale dell’isola, quella selvaggia e lontana dai porti dove posso sperimentare una vita a basso impatto ambientale in un contesto scarsamente antropizzato. Coltivo o raccolgo buona parte della frutta e verdura che mangio, bevo acqua di fonte, sistemo i sentieri, mi piace stare all’aria aperta.

Spiegaci la tua passione per la musica, da dove nasce?

Ero un ragazzino che ascoltava Clash e Rage Against The Machine. Non frequentavo i club, ma le piazze e le occupazioni. Inizialmente provavo diffidenza verso la musica elettronica, la giudicavo una forma di evasione, poi ebbi un momento di rivelazione. Fu una scena di Matrix a cambiare le cose, quella in cui l’ultima comunità di donne e uomini liberi del pianeta balla tra le stalattiti di una caverna sotterranea. È come l’inizio di una nuova civiltà, la condivisione di un patto comune, è una scena meravigliosa scandita da un beat potente, profondo, tellurico. Iniziai a cercare musica che desse quel tipo di sensazioni e tuttora è il tipo di energia che voglio trasmettere nei miei dj set.

C’è musica che scopristi in quel periodo e che oggi, dopo anni, continui a suonare?

Certo. Orb, Future Sound of London, i GEN e altri che uscivano su Mille Plateaux, Boards of Canada, Psychic Warriors ov Gaia, KLF.

 

Oggi come porti nel clubbing i tuoi valori ecologici?

Il mio ultimo mix è registrato usando energia solare e per i miei spostamenti da una città all’altra uso da sempre il treno. Il club dove ho la mia serata, ovvero il Plastic, per ironia dei nomi è Plastic Free, né bottigliette, né cannucce. Ho scelto poi di rifiutare le proposte di suonare dove i valori ecologici di base non sono rispettati, mentre privilegio quei luoghi che condividono la mia visione. Poco fa ho suonato al Festival del Riuso nella cascina di Mare Culturale Urbano, mentre il giorno prima ero a Sognoprofondo, nella natura della Toscana, ospite di una comunità che coltiva la terra secondo i principi macrobiotici.

 

Oltre al dj hai fatto altri lavori?

Ho iniziato a cavarmela da solo molto presto. A 15 anni iniziai come muratore, poi mi inventai il lavoro di “dog sitter”. Realizzai dei flyer fuxia e li appesi qua e là. Nel giro di un mese avevo una flotta di cani che mi affidavano perché li portassi a spasso. Per loro era un peso, per me un impegno non troppo gravoso e alcuni giorni persino un divertimento. Durante gli anni dell’Università ho fatto il cameriere e altri lavoretti saltuari. Dopo la laurea ho insegnato al liceo scientifico, continuando a coltivare la mia passione per la scrittura e la musica che nel frattempo è diventata la mia occupazione principale.

Il 22 ottobre esce il documentario “Tyler - connect with nature”, di cosa tratta? Come è nato?

Da un incontro non previsto. Il videomaker Valerio Leo aveva partecipato a una serata a Roma di cui io ero il dj ed era rimasto colpito da quello che suonavo. Cercando in rete informazioni su di me aveva scoperto i contenuti ecologisti che condivido sui miei social. La cosa lo incuriosiva, voleva verificare come vivessi e documentarlo. Mi scrisse se poteva raggiungermi sull’Isola d’Elba per filmarmi. La proposta era di registrare senza copione, senza programmare nulla. Accettai e per tre giorni lui e il suo collaboratore mi hanno seguito, filmando quello che facevo e in alcuni momenti fermandomi per farmi delle domande.


Lo zucchero raffinato è causa di numerose patologie ed è provata la sua relazione con lo sviluppo tumorale. Nonostante ciò il suo consumo, anziché diminuire, aumenta. Le persone sono esposte a prodotti che contengono zucchero raffinato senza averne coscienza. L’industria alimentare ne usa grandi quantità e lo fa per un motivo preciso.[dal documentario “Tyler – Connect with Nature” — online da ottobre]

Posted by カオス Tyler on Tuesday, August 27, 2019

Che tipo di domande ti hanno fatto?

Vedendomi fare colazione mi chiedevano perché mangiassi riso integrale anziché il cornetto, oppure perché usavo uno spazzolino in legno e non quello in plastica che hanno tutti. Durante i 3 giorni si sono alternate molte domande, alcune pratiche, altre invece esistenziali come, per esempio, la mia scelta di vivere in solitudine.

Hai curato tu la colonna sonora?

Sì, ma ho lasciato che la vera protagonista fosse la natura dell’Elba, con i suoi gorgoglii marini, il suono del sottobosco, la vegetazione che si sfrega nel vento.

Come valuti l’esperienza?

Sono stati bravi. Ne è uscito un prodotto sincero, non previsto. Credo che possa servire a chi avverte uno stato di oppressione e stanchezza. Misurarsi con uno stile di vita inusuale amplia la visione e può essere fecondo di nuove possibilità.

Contenuto pubblicato su ZeroMilano - 2019-10-16