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Yuri Kaban

Per il progetto hoodwaves session di nike abbiamo fatto due chiacchiere con yuri che si è occupato della grafica della terza fanzine dedicata al centro di milano

Scritto da Emanuele Zagor Treppiedi il 23 marzo 2017
Aggiornato il 24 marzo 2017

Foto di Toni Brugnoli

Data di nascita

31 marzo 1992 (32 anni)

Luogo di nascita

Milano

Luogo di residenza

Milano

Attività

Grafico

Dopo Nolo, Gratosoglio & Navigli Nike ci porta a scoprire il centro di Milano, quello racchiuso all’interno della Cerchia dei Bastioni. Come al solito a raccontare questo spazio ci sarà una fanzine, che verrà presentata all’evento di domenica 26 marzo, la cui veste grafica stavolta è curata da Yuri Kaban, nome che a molti non dirà nulla ma che ha già alle spalle solide collaborazioni lavorative. Con lui abbiamo parlato di street culture, di Milano, di come ha iniziato a lavorare, di bici e di Galleria Opulenza. Un consiglio: segnatevi il suo nome.

Ciao Yuri, raccontaci chi sei. Quanti anni hai? Di dove sei? Dove e cosa hai studiato? Cosa fai nella vita? Perché sei qui?
Ciao Zagor, compio 25 anni una settimana dopo che questo articolo sarà uscito. Sono di Milano, nato e cresciuto, ma italiano solo per metà: mio papà è indonesiano. Ho studiato a Milano, grafica al liceo artistico e pure all’università ed è quello che faccio da ormai qualche anno per vivere.

So che hai disegnato già per molti marchi importanti (Marcelo, Iuter…), come sei entrato in contatto co queste realtà e com’è lavorare con Giorgio Di Salvo?

Yuri a lavoro da United Standard
Yuri a lavoro da United Standard
Allora, ho iniziato a lavorare con Giorgio Di Salvo al mio secondo anno di università ma ero fan accanito dei suoi lavori sin dagli ultimi anni delle superiori. Grazie a UNOTRE ero entrato in contatto con la sua produzione. Un giorno mi è arrivata una sua mail in cui (tramite un’amica comune che aveva fatto il mio nome) mi chiedeva il portfolio perché aveva necessità di un assistente. Io però non avevo nulla in giro se non qualche lavoretto amatoriale, non esistevano miei lavori. Sono sempre stato un po’ discontinuo e in quel momento più che mai. Ho messo assieme le due cagate che avevo, giuro erano veramente misere, un paio di fanzine e qualche logo, e le ho inviate. Dì li a poco ci siamo incontrati e nella sede di Iuter (il migliore ambiente di lavoro al mondo) mi ha dato le prime dritte. Da quel momento ho iniziato a seguirlo in tutte le sue produzioni e collaborazioni. Ho avuto modo così di lavorare sotto la sua direzione a brand come Marcelo Burlon, Off White, P.A.M. e molti altri. La cosa in cui impieghiamo più energie e sogni è però UNITED STANDARD il brand di accessori di Giorgio. Com’è lavorare con GDS? Pazzesco.

Come tieni allenata la tua mente: quali sono le tue fonti di ispirazione, i tuoi stimoli? Dicci un paio di siti di grafica da tenere guardare e un paio di grafici che ti piacciono particolarmente.
Più che siti internet, seguo tanti profili instagram e faccio tanti screenshot. Ho un po’ di libri e leggo wikipedia di continuo. Purtroppo non riesco a decidere quale grafico mettere nella top list, ho troppa paura di dimenticarne qualcuno e quindi non ne metto nessuno, taac!

Immagino che anche uscire, frequentare luoghi e persone ti abbia aiutato. Che luoghi frequentavi prima di entrare nel mondo del lavoro e dove vai oggi?
Ahahah sì, diciamo che è quasi una malattia! È da quando ho il permesso di uscire la sera che passo tutte le sere in giro. Aperitivi, locali e serate, le ho girate un po’ tutte a seconda delle varie stagioni notturne milanesi. Non è cambiato molto con l’inizio del lavoro, anzi forse è peggio perché ho più potere d’acquisto.

Dove vivi? Hai sempre vissuto lì? Con chi vivi? Come sono i tuoi coinquilini? E i tuoi vicini? Hai animali, piante rampicanti…. Quando sei a casa in relax cosa fai? Che musica ascolti? Che serie guardi? A che videogiochi giochi?
Vivo dietro a via Padova in dei palazzoni Aler. Ho sempre vissuto qui con i miei genitori. Condivido la stanza con mio fratello, è molto simpatico ma si vede poco. I vicini persone perbene. Zero animali ma ho un bonsai che curo regolarmente. A casa passo molto poco tempo, mi intristisco e quando ci sono dormo.

Yuri in uno dei pochi momenti che trascorre a casa. Ph by Alice Zani
Yuri in uno dei pochi momenti che trascorre a casa. Ph by Alice Zani
Che rapporto hai con la città? E con il quartiere in cui vivi? Sei un abitudinario che frequenta sempre lo stesso bar o ti piace vagare per la città? C’è un quartiere di Milano che ami particolarmente?
Conosco molto bene Milano, pur avendo molti amici in zona ho sempre frequentato piazze sparse per tutta la città e con un motorino ci si mette poco. Non sono affatto una persona abitudinaria ma in zona da me lo sono tutti, quindi mi adeguo, il bar è uno solo e lì becco tutti quanti. Fuori dal quartiere sono aperto a tutto invece, Love e Cape Town sono i posti che volente o nolente capita di passare più spesso e poi mille altri. Amo particolarmente Piazza Risorgimento e corso XXII Marzo, mi piace Lambrate e via Padova perché sono i posti in cui ho più bei ricordi.

Se ti dico street culture cosa ti viene in mente?
Credo che con street culture si definisca l’insieme di esperienze comuni di un dato gruppo di individui (in genere di basso ceto sociale), che porta a generare gusti condivisi e stilemi definiti, condivisibili solo da chi ha in comune il background o la stessa area geografica di appartenenza, non per forza per nascita ma anche per adozione. Questi stilemi influenzano l’abbigliamento, il modo di parlare e i comportamenti, creando spesso un codice di valori condiviso da tutti i membri. Si arriva a parlare di cultura vera e propria quando numerosi individui ne adottano gli usi, influenzandone la longevità, creando tramite il passaparola e il racconto orale una sorta di antologia.

Caspita che definizione da manuale! E invece descrivici questo progetto di Nike Hoodwaves Session legato ai quartieri di Milano: qual è stato il tuo contributo?
Allora fin dalla fase embrionale di Hoodwaves Sessions sono stato presente per osmosi: molti dei miei amici con cui esco regolarmente hanno partecipato al progetto. Alice Zani ha disegnato il logo, Chiara Tiso ha fatto lo stile dei primi due numeri e Toni Brugnoli ha scattato le foto della prima fanzine mentre le foto della seconda sono di Denni Mawella e Any Okolie, tutti amici e tutto diretto dalla volpe Dalì Geralle che conosco da molti molti anni. È stato durante un aperitivo come molti altri che mi ha detto di voler far lui le foto in questo numero, relativo alla Zona 1 di Milano, e di volere me per la grafica. Ci siamo confrontati e subito abbiamo trovato la sintonia, in una notte abbiamo iniziato e finito tutto. Non svelerò cosa ho fatto per creare un po’ di hype.

Spulciando tra le tue foto su facebook mi sembra di capire che la bici è un po’ il tuo sport: come ti sei avvicinato alle due ruote? Raccontaci il viaggio più lungo che hai fatto e le caduta più divertente di cui spero non porti ancora i segni.
Si mi piace molto ma purtroppo ultimamente non riesco più ad andarci. Un po’ perché non ho sbatti, un po’ perché non ho tempo, un po’ perché sono diventato una sega. Ho iniziato da minorenne con l’ondata delle scattofisso e dei bikemessenger. Sono caduto mille volte ma mai gravemente porto ancora qualche cicatrice sulle spalle e sugli stinchi martoriati dai pedali. Ho fatto una cinquantina di alleycat e ho percorso tutta l’Italia da Milano alla punta della Puglia. Un viaggio inventato a caso con nove ragazzi che non conoscevo e che sono diventati tra i miei più cari amici, senza quell’esperienza probabilmente non sarei qui a fare quest’intervista. È invece qualche mese che sto arrampicando, con numerose soddisfazioni.

Yuri in fuga verso il traguardo
Yuri in fuga verso il traguardo
E invece che apporto dai a Galleria Opulenza anzi rispiegaci cos’è.

 

Galleria Opulenza?
Galleria Opulenza?

Come ti prepari al party di domenica? Stai ripassando i pezzi di Marrà, Guè e Sfera? Chi dei tre è il tuo preferito?
Non c’è bisogno di ripassarli, sono scolpiti indelebili nel cuore. Tra i tre? L’indecisione è tra Marra e Guè, non mi sento di dare una risposta.