Ai due dj che hanno segnato la storia della Milano nottruna spetta il compito di far continuare la serata del Magnolia dopo il concerto di Mount Kimbie. Phra e Lele ci racconteranno qualcosa in più di loro e della loro storia musicale: la serata si chiama “House of Classic” e suoneranno una quantità notevole di pezzi simbolici del loro mondo house. È assai probabile che i loro classiconi siano anche i vostri (i nostri di sicuro, visto che li seguiamo praticamente da sempre: Phra ce lo ricordiamo in apertura a Ralf al Jail di Legnano e Lele al primo Tunnel) e se non lo sono è un’ottima occasione per venire al Magnolia a riascoltare diverse perle house.
Per arrivare preparati e scaldare i motori abbiamo chiesto a Lele e Phra di anticiparci qualche classicone e di descrivere perché è diventato un pezzo simbolico per loro raccontandoci qualche aneddoto. Due approcci diversi e quello che ne è venuto fuori è totale: tra confessioni su ispirazioni e analisi del mondo musicale. Grazie Lele e Phra! Play it loud!
LELE SACCHI
Cesaria Evora – “Angola” – Carl Craig Remix (Lusafrica – 2003)
Una volta Ashley Beedle, grande dj e uno dei più grandi conoscitori di musica dance della storia, mi ha chiesto quale sarebbe secondo me la città che ha prodotto più dischi dance killer in un ipotetico “best of all time”. Ho tergiversato perché non ero sicuro di dare una risposta univoca. Lui disse: “Non ci può essere neanche un secondo di esitazione, è senza alcun dubbio Detroit”. Abbiamo fatto un elenco a memoria e stentavamo a credere quanti dischi incredibili, storici, significativi e semplicemente irresistibili in pista siano arrivati da quella città. Poi nella vita ho avuto la fortuna di conoscere e frequentare molti degli artisti che hanno prodotto quei brani, di visitare e suonare più volte a Detroit e il produttore, che considero più importante della storia della dance elettronica della Motor City è Carl Craig. Sono tantissimi i suoi brani che amo e alla fine ho scelto questo: per il mix fra etnico e beats, per la struttura e perché quando entra il synth al minuto 3’40’’ mi vengono sempre i brividi.
Jaydee – “Plastic Dreams” – (R&S – 1992)
Al liceo facevo finta di studiare indossando le cuffie con la musica a tutto volume. Oltre ai dischi mi sintonizzavo anche sulle stazioni radio, ai tempi si scopriva sempre qualcosa di nuovo. Non ricordo l’emittente, ma ricordo perfettamente che aveva un inviato a Londra che raccontava le novità del momento e nell’istante in cui lanciò questo immortale suono di Korg M1 con quel solo di organo stile Hammond non credevo alle mie orecchie. Il disco divenne un successo commerciale esagerato nonostante nascesse all’interno della scena rave olandese dell’epoca.
Nathan Fake – ‘The Sky Was Pink’ – James Holden Remix (Border Community – 2004)
L’impatto che ha avuto questo disco è stato devastante. Già dal primo ascolto dava l’impressione di essere un disco che cambiava il gioco. Era, è e sarà sempre una hit che mette d’accordo l’oltranzista elettronico, l’house head e l’hipster indie. Rappresenta benissimo un momento in cui l’elettronica ha sovvertito l’house music clubbing, un momento in cui sono scomparsi di colpo i sottogeneri e la musica di qualità (anche con punte di sperimentalismo) riempiva club e spazi enormi, creando un pubblico nuovo. Senza hit non c’è pubblico. Infatti in questo momento il clubbing elettronico è in calo perché non ci sono più hit di qualità che i ragazzi riconosono e amano come successe con questa e altre di quel periodo.
Jazzanova Ft Vikter Duplaix ‘That Night’ Wahoo Remix (Recreation – 2002)
Dixon è sempre stato un grandissimo dj anche prima di diventare una superstar. A fine anni 90, inizi 2000, era ancora legato al giro Sonar Kollektiv/Jazzanova (così come Âme) che pubblicavano un deep jazzy sound lento e dalle ritmiche spesso spezzate. Lo stimavo parecchio e veniva a suonare a Milano per 500 marchi tedeschi. Come inedito per una sua raccolta del 2002 remixò questo brano di Jazzanova con la splendida voce di Vikter Duplaix. Prima o poi dovrò comprare una nuova copia perché ormai l’originale è quasi rovinato dai troppi passaggi. La dimostrazione di come un disco deep e abbastanza lento se prodotto nel modo opportuno fa esplodere anche i grandi dancefloor.
Davina – “Don’t You Want It” – (Happy / Ur – 1992)
Sono stato molto combattuto nello scegliere fra i vari dischi Underground Resistance che considero classici assoluti dei miei dj set “house” (“Jungle Jazz”, “Timeline”, “Hardlife”, “Jaguar”, “Red Planet”…, ce ne sono talmente tanti!) poi ho deciso per il disco di Davina. L’ho scoperto anni dopo averlo ascoltato più volte da un tape passatomi da qualcuno al liceo nel periodo in cui era uscito (se non ricordo male registrato all’Immaginazione di Pantigliate). Era un momento in cui ascoltavo tantissima musica diversa e su quel tape mi colpì solo questo brano che cercavo con il forward. Poi quando ho iniziato a fare il dj ho trovato per caso il vinile in una casella della UR di un negozio di dischi e mi è tornato in mente tutto (non sapevo neanche il titolo). Qualche anno fa raccontando di quanto amassi questo disco dal loro catalogo, Mad Mike Banks mi ha regalato un inedito della Happy Records facendomi diventare rosso dall’emozione. Ecco vedi, un altro disco di Detroit.
DJ PHRA AKA CROOKERS
Modeler – “Getts Down” – (Dubsided – 2003)
Un disco di 14 anni fa che ho suonato talmente tante volte che non riesco a quantificarle. È firmato Modeler ovvero un alias del mio amico Dave Taylor che in quegli anni era una delle mie maggiori ispirazioni: samples tagliati con la scure e ignoranza “rap” fanno la magia di questa track. Dentro questo disco c’è tutto (o quasi) quello che mi piace della musica da ballo.
Don Armando’s Second Avenue Rhumba Band – “Deputy of Love” – (ZE Records – 1979)
Era il periodo in cui fumavo parecchio e passavo le giornate a cercare dischi random nei mercatini dell’usato del Verbano (si, del Verbano)… e niente un giorno mi salta fuori questa perla. Il venerdì successivo all’acquisto l’ho suonata in uno dei locali in cui al tempo facevo il resident dedicandolo ad una mia amica indiana (con cui ci provavo in maniera disgustosa). Naturalmente come tutte le belle storie brevi il posto esplose e io ancora oggi suono questo disco nonostante sia quasi impossibile da mixare per quanto ormai sia usurato e un po’ piegato. PS. con la mia amica indiana non sono riuscito mai a farci niente…
St. Germain – Easy to remember – (F Communications – 1995)
A 15 anni ero un “talebano” del rap. Ascoltavo solo dischi che provenivano da determinate città, i rullanti dovevano suonare in un determinato modo, il rapper doveva dire determinate cose, i sample utilizzati non dovevano mai essere scontati e nessuno doveva conoscere le rose che ascoltavo io. In realtà poi, nascosto nella mia cameretta mi pompavo questo disco a volumi indecenti.
Urban Soul – Show me (Phillip & Danny’s Twilo Edit) – (King Street Sounds – 1997)
Poi a 17 anni mi trovai in maniera casuale a suonare a un house party nella mia zona e questo fu definitivamente il disco che fece la differenza quella notte.
Cj Bolland – Sugar is Sweeter (Armand Van Helden’s Drum’n’Bass Mix) – (Internal - 1996)
Nessuno può saperlo, ma questo disco è stata per vie traverse la più grossa ispirazione per il “drop” (odio questa parola ma devo usarla) del mio rmx di “Day’n’Night”. I suoni sono diversi, le note sono diverse, il mood è diverso eppure la mattina che mi misi a fare quel rmx che mi cambiò la vita, stavo ascoltando proprio questo pezzo.