Questa mattina il collettivo LUnA- Laboratorio Universitario d’Autogestione ha occupato una palazzina in via Capo di Lucca 22. Lo spazio, inutilizzato, è di proprietà pubblica e appartiene ad ASP (Azienda Servizi alla Persona) ed è in vendita nel piano di alienazione 2021-2023. L’occupazione nasce come risposta alla crisi abitativa della città, che negli ultimi mesi si è acuita in maniera drammatica.
Casa Vancante è il nome già assegnato a quello che chi occupa vuole far diventare uno spazio condiviso.
“Oggi – scrivono – nasce uno spazio che, in primis, ha finalità abitativa per quelle persone che a Bologna hanno difficoltà a rimanerci: studentesse e studenti che non trovano casa, lavoratrici e lavoratori che, pur avendo firmato un contratto di lavoro, non riescono a stabilirsi in città. In poche parole il precariato sociale che a Bologna ci vuole vivere e che però si deve confrontare con una forza respingente che costringe a rinunciarvi. Un arretramento per tutta la città a cui vogliamo contrapporre la pratica della condivisione, della rigenerazione sociale di spazi utilizzabili, del diritto ad abitare, vivere e cospirare la città che si sceglie.
Uno spazio che vuole dire chiaramente che abbiamo il diritto di restare a Bologna, e che per farlo, nella situazione attuale, occorre inventarsi forme nuove dello stare insieme e dell’abitare che sappiano essere di slancio per la costruzione di spazi fisici e politici che guardino al futuro: utilizzo temporaneo degli spazi vuoti, nuova dialettica tra forze sociali e meccanismi normativi, capacità di superare insieme le insufficienze esistenti”.
“L’amministrazione comunale – continuano – ha attivato una serie di contromisure, come lo stop alla vendita delle case ACER, l’istituzione di contratti d’affitto a canone concordato e il contributo affitti.
Queste misure, giuste e necessarie, sono importanti ma non sufficienti alle condizioni attuali del mercato immobiliare. Raccoglieranno i propri frutti solo nel medio-lungo termine anche se, in mancanza di una legislazione nazionale di regolamentazione sugli affitti brevi, o di interventi normativi locali che dimostrino più coraggio per porre un freno alla speculazione (sull’esempio di città come Amsterdam, Berlino e Venezia), rischiano di essere vanificate dal progressivo impoverimento sociale della città.
Per quanto riguarda noi, l’intento è di inserirsi nel tessuto urbano come spazio di rinascita di pratiche positive per: trovare insieme a chi cerca disperatamente casa delle soluzioni condivise; contrastare le piattaforme che si stanno impossessando della città; riappropriarsi di forme di reddito erose dalla crisi energetica ed economica; difendere ed estendere il reddito di cittadinanza ora sotto attacco da parte della destra conservatrice e regressiva”.