Tutto comincia nel Parco Attilio Rossi, in Conca del Naviglio. Qui alle 17 è avvenuto il concentramento dei partecipanti di Marciona, la seconda edizione della manifestazione queer trans femminista che porta alla luce l’ombra dell’arcobaleno dell’Orgoglio, che divulga nelle strade (e non solo in piazza) la “prospettiva frocia e quir al di là degli sponsor”, riportando l’attenzione sulla natura sistemica della violenza cis, etero e patriarcale. Sono persone trans, over e under 40, fluidə, gabber, creativə, etero, impiegatə, queer, migranti di prima, seconda, terza generazione, elfi, anarchichə, metallarə, che escono dai club e dai feed di Instagram si riversano in un venerdì sera eteronormativo a Porta Genova. Urlano “Lotta anale al capitale!”. Schioccano dita alla “120 battiti al minuto”. Uniscono rainbow e black.
Dal collare rinascimentale in pizzo di Gucci alle platformed Crocs di Sunnei, dalla gioielleria gotica e reale di Chrishabana alle magliette da anime girl di GCDS.
Una folla di persone che preferisce definire l’identità che ridursi alle costrizioni fisiche legate ai regimi di produzione e alle definizioni sessuali, e che allo stesso tempo assimila ed esprime le grandi tendenze estetiche del momento: dal collare rinascimentale in pizzo di Gucci alle platformed Crocs di Sunnei, dalla gioielleria gotica e reale di Chrishabana alle magliette da anime girl di GCDS. I partecipanti sembrano divorare e digerire benissimo le immagini social di quella moda capace di capitalizzare sull’underground. Sono gli ambassador della cultura d’avanguardia della Gen X, Z e Alpha. Tutti insieme sotto il suono della cassa del Ricchiò, il carro a 0 emissioni spinto in bicicletta.
Nell’unica manifestazione itinerante del fine settimana LGBTQIA+ milanese, si è parlato di molti argomenti – piuttosto che di birrette – e tutti accomunati da una riflessione attorno al concetto di cura. Si parte con il diritto al farmaco, che deve essere anonimo, gratuito e diffuso sul territorio attraverso presidi autogestiti. È un’alternativa alla privatizzazione sanitaria – che ha dimostrato le sue falle nell’ultimo anno e mezzo – e alla centralizzazione del sistema stesso, che per esempio nel lockdown del 2020 ha sospeso la distribuzione delle terapie ormonali. Tuttə intorno al Ricchiò, i partecipantə ascoltano attenti, fulminando con gli occhi segnati dall’eyeliner chi è troppo impegnato a cazzeggiare.
Cervello e cuore mano nella mano per guarire noi stessi e la società.
“L’unico modo per raggiungere questo obiettivo è eliminare definitivamente il brevetto per la cura delle Malattie Trasmissibili Sessualmente” si sente a gran voce dalle casse, scatenando le urla del pubblico. Per Marciona il cambiamento rispetto alle STD può avvenire solo attraverso attività di formazione e informazione di cui i presidi autogestiti si fanno carico, per ovviare all’obiezione di coscienza “che uccide, uccide, uccide”. Alcunə ragazzə stringono i pugni mentre ascoltano; sembra di entrare nei loro ricordi e rivivere il momento in cui, da dietro una scrivania, un medico ha negato una pillola, una prestazione, un problema. Il discorso continua esponendo in parallelo la necessità di programmi di educazione all’affetto, alla sessualità e al consenso, per eliminare alla radice la cultura dello stupro e praticare la visibilità e la comunicazione della salute sessuale, essenziale per una relazione comunitaria positiva. Cervello e cuore mano nella mano per guarire noi stessi e la società. Oltre al benessere fisico, la cura deve essere applicata a livello psicologico. Marciona denuncia l’invisibilizzazione della malattia mentale, sotterrata dai modelli di consumo e dalla solitudine emotiva ed economica che alimenta la macchina capitalista. Non ci dev’essere vergogna nel malessere civico. Basta guardarsi intorno per leggere nei visi la stanchezza e l’insoddisfazione di un anno di isolamento e il sentimento di inadeguatezza causato da una società che taglia le identità con l’accetta. Bisogna ridefinire il ruolo della famiglia, l’unica delegata alla pratica di cura, che o manca di risorse o non è luogo sicuro e funzionale.
Ci si sposta in Darsena, il luogo cult della movida e feticcio dei creativi, e si chiede ai passanti di non fare di Marciona merce da social, rispettando il diritto a non essere fotografati. Qui si denunciano i redditi bassi nei settori della moda, del design e della comunicazione, che fanno della creatività un processo alienato e alienante. Si porta l’attenzione alla comunità trans e alle persone con disabilità, discriminatə pre e post Covid-19, che nel quasi 60% dei casi subiscono discriminazioni sul posto di lavoro.
L’onda queer trans femminista continua a suon di beat a invocare libertà e diritti percorrendo viale Papiniano fino a San Vittore. “Libere tutte!” si grida contro le mura del carcere meneghino, dove persone povere, migranti razzializzatə e trans sono “devianti e pericolose per la società” e messe sistematicamente ai margini. Proseguendo in Via della Resistenza Indigena, ex via Cristoforo Colombo e rinominata nel 2020 dal movimento Decolonize the city, si denuncia il passato e il presente colonialista che miete vittime e assoggetta migranti di qualsiasi generazione alla volontà capitalista, cis e patriarcale. Il percorso finisce al Naviglio Grande, nel Parco Baden Powell, dove il Ricchiò alza la cassa per far ballare.
La giornata è stata intensa e vivace. I contenuti provocatori e contemporanei. La partecipazione trasversale e comunitaria. Ma ora? Chi si occuperà di mettere in pratica i concetti espressi? Quale sarà il primo contenuto ad acquisire una forma concreta? Quando vedremo i frutti di 7 ore di manifestazione? Dove saranno applicate le strategie? Restiamo in speranzosa attesa della Marciona del 2022 per ricevere una risposta.