Facendo sfoggio di una brutalità comunicativa poco comune nel giro ovattato del design, e molto apprezzata da certo pubblico, il sindaco Sala ha dichiarato in conferenza stampa che la scorsa Triennale, quella inaugurata in concomitanza alla sua EXPO nel 2015, era senza mezzi termini scarsa. E che questa volta invece si è pensato in grande, chiamando un’unica curatrice, la donna più potente del design mondiale, la curatrice al MoMA da molti lustri Paola Antonelli. Come dargli torto, in effetti? un colpo da novanta per Milano, un taglio netto alle beghe locali: l’autorevolezza della Antonelli e di una partnership con il MoMA è indiscussa.
I capelli raccolti, e un italiano anglofono di cui ha chiesto pubblicamente venia, Antonelli si è lanciata in una scenografica corrida di presentazione della sua Triennale, ovviamente ancora tutta fatta di intenzioni e suggestioniperché, al contrario della XXI, l’annuncio è stato fatto a quasi un anno e mezzo dalla data di inizio, il 1 marzo 2019. Il titolo è Broken Nature: Design Takes on Human Survival, non tradotto per iscritto ma oralmente reso come Natura Torta – o torturata. La prima slide era una domanda sulla foto del COP23 a Bonn sul Climate Change: perché il design è assente dal summit?
Ecco, lo spirito della Triennale sarà questo: il design riguarda le grandi questioni dell’umanità, come il LAVORO, le MIGRAZIONI ovviamente, e le DINAMICHE SOCIALI. Ed è, o dovrebbe e potrebbe essere rilevante per loro. Non si parla di natura in senso idillico, né di ecologia old style. Qui si ricercano quei modi di progettare che mettono l’uomo nelle condizioni di confrontarsi, in primo luogo, con il disastro che il capitalismo ha provocato alla natura e all’umanità stessa, e poi di pensare come sopravvivere alla ormai realistica Sesta Estinzione (la nostra) e agli sconvolgimenti ambientali, di classe e di censo che ci aspettano.
Le questioni più calde riguardano perciò la rappresentazione oltre che le soluzioni, come nelle cartografie dinamiche delle migrazioni elaborate da Diller&Scofidio con Virilio (EXIT, Fondation Cartier, 2015).
Di sicuro la persona più citata è stata Neri Oxman, con i suoi diagrammi, il silk pavillion e le sue maschere mortuarie
Le sperimentazioni richiedono nuovi partner, dalle api ai microbi ai robot, e il biodesign si spinge ben oltre il mondo della conservazione, della riduzione del danno: come Alexandra Daisy Ginsberg, impegnata a progettare una biodiversità sintetica per fare fronte alla sesta estinzione. Oggi si creano già organi nuovi, non solo copie di quelli esistenti, ma migliori. E protesi ortopediche talmente performanti da diventare desiderabili non solo per chi ha perso un arto, ma anche per chi ne possiede di basici: banali braccia, mani e gambe potrebbero essere sostituite a breve da pezzi nuovi, molto migliori (per non parlare naturalmente di altri pezzi estrusi).


Gli hashtag sono #brokennature e #latriennale: avete un anno per proporre idee.